Principi sui limiti di applicazione della Business Judgment Rule e sui riflessi della transazione stipulata con un condebitore solidale
Gli amministratori di società di capitali devono operare scelte gestorie volte alla conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale, rispettando le regole, anche tecniche, di corretta gestione; analogo dovere incombe anche sui liquidatori che, nello svolgimento dei loro compiti, devono agire per raggiungere il massimo risultato economico che può essere ottenuto dalla liquidazione dei beni sociali e ciò per perseguire non solo l’interesse dei soci ma anche quello dei creditori sociali. La c.d. Business Judgment Rule, la regola secondo cui è preclusa la possibilità di sindacare nel merito gli atti di gestione compiuti dall’amministratore, opera esclusivamente quando le decisioni operative sono assunte secondo i principi di corretta gestione societaria e quando gli atti di gestione sono conformi alla legge e allo statuto sociale, non sono contaminati da situazioni di conflitto di interesse dei gestori, sono assunti all’esito di un procedimento di raccolta di informazioni propedeutiche alla decisione gestoria adeguato all’incidenza sul patrimonio dell’impresa e sono razionalmente coerenti con le informazioni e le aspettative di risultato emerse dal procedimento istruttorio.
Ove sia intervenuta una precedente transazione tra il creditore [nel caso, il Fallimento] ed uno dei condebitori solidali [nel caso, gli ex sindaci della società fallita] avente ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido [nel caso, gli ex amministratori e liquidatori della società fallita] si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal debitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che, in applicazione dell’art. 1298 c.c., faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto. Presupposto di fatto per l’applicazione di tale principio è la circostanza che gli atti transattivi siano stati resi noti alle altre parti e prodotti, dovendosi in difetto ritenere che la transazione – che potenzialmente può anche riguardare una quota superiore a quella ideale di debito – abbia riguardato l’intero.
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Fabio Clarizio
Avvocato in Torino presso Grande Stevens Studio Legale Associato da settembre 2017. Laureato con 110/110 e Lode nel 2016 presso l'Università Europea di Roma con una tesi in Diritto Commerciale sui "Doveri degli...(continua)