Principio di esaurimento e azione di contraffazione in caso di vendita non autorizzata di giacenze allo scadere del contratto di licenza
Nel contratto di licenza di beni della proprietà intellettuale o industriale, le parti possono prevedere una pattuizione sulle modalità di smaltimento delle giacenze di magazzino di res prodotte dal licenziatario in costanza di rapporto ma rimaste invendute alla data della sua cessazione; tale regolamentazione, di volta in volta, si può concretare nell’opzione di riacquisto dei beni ad un certo prezzo da parte del licenziante, ovvero nella facoltà (a determinate di condizioni temporali, di prezzo e di quantitativi) dell’ex licenziatario di smaltire le scorte (sell off), ovvero ancora nella distribuzione previo indennizzo al licenziatario.
La produzione e la commercializzazione di prodotti recanti il marchio concesso in licenza ma al di fuori dei limiti espressamente consentiti dalla licenziante integra gli estremi dalla contraffazione di marchio ai sensi dell’art. 20 c.p.i. e consente al titolare di agire anche contro il licenziatario non solo con i rimedi contrattuali ma anche con quelli di cui all’art. 23 c.p.i..
Quanto al principio di esaurimento di cui all’art. 5 c.p.i. ed al riparto degli oneri probatori, al convenuto in contraffazione – a prescindere dal ruolo ricoperto nella catena contraffattoria – è addossato l’onere di provare la fonte lecita dei propri prodotti, in quanto introdotti nel Mercato Comune dal titolare o con il suo consenso secondo la regola generale di cui all’art. 2967 c.c..
Ricorrendo al criterio interpretativo della buona fede, in un contratto di licenza la licenziante può volersi assicurare la non immissione in commercio di prodotti a proprio marchio oltre un determinato periodo dalla scadenza della licenza. E ciò da parte non solo della licenziataria ma altresì di qualsiasi altro terzo, quindi anche di eventuali terzi cessionari della prima.