Prova della simulazione dell’atto di cessione di quote e valore probatorio della quietanza di pagamento
Non può ritenersi sufficiente l’allegazione della semplice mancanza del pagamento di un corrispettivo ovvero l’irrisorietà di quello indicato in occasione di un atto di disposizione patrimoniale (nella fattispecie, un atto di cessione di quote), per desumere l’animus donandi e la causa di liberalità di un negozio. E’ noto infatti che a fronte di un negozio bilaterale di disposizione patrimoniale per il quale non è prevista alcuna controprestazione in denaro, la funzione economico sociale, ovvero la causa in concreto dello stesso, può essere ricercata in programmi negoziali diversi rispetto al contratto tipico di donazione, e ciò tanto più se quell’atto è intervenuto in seno a rapporti familiari fra le parti.
La quietanza rilasciata dal debitore al creditore all’atto del pagamento ha natura di confessione stragiudiziale di un fatto estintivo dell’obbligazione, secondo la previsione dell’articolo 2735 c.c. e come tale essa solleva il debitore dal relativo onere probatorio, vincolando il giudice circa la verità del fatto stesso, sempre che sia fatta valere nella controversia in cui siano parti gli stessi soggetti autore e destinatario di quella dichiarazione di scienza. Il rilascio al debitore, da parte del creditore, della quietanza non determina una semplice inversione dell’onere della prova dell’avvenuto pagamento, perché al creditore che ha attestato il fatto del ricevuto pagamento non è consentito di eccepire che il pagamento non sia mai avvenuto, a meno che non alleghi e dimostri che la quietanza fu rilasciata per errore di fatto o violenza.
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Giovanni Battista Barillà
Professore Associato di Diritto commerciale presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università degli Studi di Bologna, Avvocato in Bologna, è autore di articoli e monografie in materia di diritto commerciale...(continua)