Questioni in materia di azione sociale di responsabilità degli amministratori di una s.r.l.: profili probatori
In una srl anche la società è legittimata all’esecizio dell’azione sociale di responsabilità. La circostanza che, in base al terzo comma del predetto art. 2476 c.c., a ciascun socio, indipendentemente dalla misura della propria partecipazione al capitale sociale e senza una previa deliberazione assembleare con previsione di particolari quorum come nella precedente disciplina (cfr. art. 2393 c.c., richiamato dall’art. 2487, 2° comma, c.c., nei vecchi testi), sia attribuita la titolarità dell’esercizio dell’azione sociale, non significa che la società, titolare del diritto al risarcimento del danno tanto da potervi anche rinunciare, non sia legittimata all’esercizio dell’azione in questione – non si può invero ipotizzare l’attribuzione di diritti di natura sostanziale, cui non si accompagni anche la legittimazione a farli valere in giudizio-, ma sta solo a significare che il socio di Srl è legittimato all’esercizio dell’azione sociale nell’interesse della società stessa (art. 81 c.p.c.), benché, con ogni evidenza, non sia titolare del diritto al risarcimento del danno sofferto dalla società, potendo invero costui far valere iure proprio il diritto al risarcimento dei danni personalmente subiti solo nell’ipotesi di azione extracontrattuale, di cui al successivo sesto comma del citato art. 2476 c.c..
In un giudizio promosso per l’accertamento della responsabilità degli amministratori di società a responsabilità limitata ai sensi dell’art. 2476 c.c., parte attrice deve allegare, in relazione a specifici fatti concreti di cui deve essere fornita la prova, l’inadempimento -da parte dell’amministratore- degli obblighi a lui imposti dalla legge e/o dall’atto costitutivo e/o dal generale obbligo di vigilanza e di intervento preventivo o successivo, al fine di evitare il determinarsi di eventi dannosi: per gli amministratori di Srl, al pari di quelli delle Spa, è ora richiesta la diligenza desumibile in relazione alla natura dell’incarico ed alle specifiche competenze, cioè quella speciale diligenza prevista dall’art. 1176, 2° comma, c.c. per il professionista, mentre in passato era richiesta la generica diligenza del mandatario (art. 1710 c.c.), cioè quella tipizzata nella figura dell’uomo medio.
Ai fini della risarcibilità del preteso danno, il soggetto agente, oltre ad allegare l’inadempimento dell’amministratore nei termini su indicati, deve anche allegare e provare, sia pure ricorrendo a presunzioni, l’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale di cui chiede il ristoro nell’interesse della società, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico: in ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta asseritamente inadempiente; in difetto di tale allegazione e prova la domanda risarcitoria mancherebbe di oggetto. Viceversa, incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti.
In ambito della responsabilità ex art. 2476 c.c., l’inadempimento, da parte degli amministratori di società di capitali, degli obblighi imposti dalla legge o dall’atto costitutivo può essere desunto non da una scelta di gestione -come tali queste scelte non sono sindacabili in termini di fonte di responsabilità contrattuale, in quanto conseguenti a scelte di natura imprenditoriale (art. 41, 1° comma, Cost.), ontologicamente connotate da rischio-, ma dal modo in cui la stessa è stata compiuta: in altre parole in questi casi è solo l’omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche ovvero dell’assunzione delle necessarie informazioni preliminari al compimento dell’atto gestorio, normalmente richieste per una scelta del tipo di quella adottata, che può configurare violazione dell’obbligazione di fonte legale in discorso, così come è fonte di responsabilità la colpevole mancata adozione di quei provvedimenti, che per legge o per atti interni avrebbero dovuto essere prontamente assunti a tutela della società.
Con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali, ai sensi dell’art. 2389, comma 1, c.c., (nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al d.lg. n. 6 del 2003), qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio. Conseguentemente, l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall’art. 2389 cit., salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori.
La riscontrata lacuna in ordine all’allegazione e prova di precisi elementi oggettivi da cui desumere l’esistenza stessa del danno risarcibile, non può essere colmata ricorrendo all’equità, che infatti non può mai equivalere ad arbitrio da parte del Giudice: l’equità soccorre quando è difficile o impossibile l’esatta monetizzazione del danno, ma presuppone pur sempre la prova, in base a conferente allegazione, degli elementi costitutivi del danno stesso, oltre che dell’altrui responsabilità.
In tema di risarcimento dei danni, anche morali, sofferti in proprio dai singoli soci, richiesto un nesso di diretta derivazione causale fra il danno asseritamente sofferto dal socio e la condotta di mala gestio dell’amministratore, dovendosi escludere la sussistenza di una tale fattispecie nel caso di danno che appaia come mero riflesso del danno sociale, di cui solo la società, direttamente o anche tramite i soggetti a ciò abilitati e con l’instaurazione dell’apposita azione sociale di responsabilità, può chiedere il risarcimento all’amministratore.