Questioni inerenti ai requisiti di brevettabilità e c.d. invenzione di problema
Non ha alcuna rilevanza giuridica il fatto che nel corso del dibattito tecnico di un giudizio di contraffazione di brevetto, il titolare di un brevetto abbia formulato un set di rivendicazioni emendate e le abbia sottoposte al Giudice, ma solo in via subordinata e senza alcuna rinuncia al testo delle rivendicazioni come concesse dall’EPO poichè, in linea generale, oggetto del giudizio è la validità della privativa, come originariamente concessa ed in ipotesi emendata, con specifico atti di volontà in tal senso, mediante una richiesta ex art. 79,III CPI mentre quella processuale non è certo la sede in cui può essere demandata all’autorità giudiziaria la costruzione di una valida privativa, scegliendo a sua discrezione tra più proposte alternative, attività di natura amministrativa, come tale di competenza degli uffici brevetti.
L’identificazione della figura concreta dell’esperto del ramo è fondamentale per una corretta valutazione delle rivendicazioni (ex art. 52 CPI), oltre che dei requisiti di attività inventiva (art. 48 CPI) e di sufficienza di descrizione (art. 51 CPI). Il settore tecnico in cui l’esperto del ramo deve essere collocato è quello stesso in cui si pone il problema tecnico presumibilmente risolto dalla privativa e la figura dell’esperto del ramo deve essere individuata in quella figura di un generico professionista, operante nel settore tecnico, che abbia conoscenze e abilità medie, ovvero che sia in grado di eseguire solo immediate associazioni logiche tra soluzioni note alla tecnica, oltre ad essere capace di eseguire lavori di routine e semplici esperimenti noti nel settore tecnico di pertinenza. È naturalmente escluso che la figura dell’esperto del ramo sia dotata di attività creativa, pur se sicuramente è in grado di comporre le diverse informazioni in suo possesso secondo uno schema logicamente coerente. Tale generico professionista ha a disposizione le cosiddette conoscenze generali comuni del settore alla data di priorità della privativa, come ad esempio desumibili da testi scolastici o manuali tecnici con data certa, oltre ad avere accesso potenzialmente a tutta la tecnica anteriore nota, ivi compresi gli anteriori documenti brevettuali disponibili al pubblico alla data di priorità della privativa in esame.Quanto alle conoscenze comuni generali del settore possedute dall’esperto del ramo, queste verranno individuate in quelle conoscenze che l’esperto possiede nello specifico campo tecnico del problema presumibilmente risolto dalla invenzione. E in particolare si riterrà che tali conoscenze siano costituite da quelle informazioni di base del campo tecnico dell’invenzione che l’esperto del ramo si suppone debba avere o comunque debba essere in grado di reperire, se necessario, alla data di priorità della privativa in esame.
Le rivendicazioni svolgono il ruolo essenziale di determinare l’oggetto della protezione brevettuale richiesta dal titolare della privativa e dunque di identificare in modo specifico quale sia l’invenzione a cui la privativa si riferisce, mentre il ruolo della descrizione, e delle relative figure è quello di spiegare all’esperto del ramo come realizzare l’invenzione e quindi di consentire, assieme alle conoscenze generali comuni del settore, l’interpretazione del contenuto delle rivendicazioni stesse. L’interpretazione del contenuto delle rivendicazioni deve essere condotto sulla base del significato che ciascun termine presente nelle rivendicazioni assume entro la descrizione del relativo titolo brevettuale, tenuto sempre conto del fatto che la lettura della descrizione deve essere compiuta, per quanto possibile, con gli occhi dell’esperto del ramo dotato del suo bagaglio di conoscenze comuni generali del settore.
Va considerato soddisfatto il requisito di sufficienza di descrizione qualora la descrizione del titolo brevettuale consenta all’esperto del ramo di attuare l’invenzione senza dover ricorrere a nuove ricerche o comunque senza dover adottare sistemi attuativi soggetti a nuove indagini, nuovi controlli, nuove sperimentazioni.
Deve farsi una distinzione tra la figura dell‟esperto del ramo a cui riferirsi per la valutazione del requisito di attività inventiva (Art. 48 CPI), e la figura dell‟esperto del ramo a cui riferirsi per la valutazione del requisito della sufficienza di descrizione (Art. 51 CPI), poichè, pur se dimostrano le medesime abilità e le medesime conoscenze tecniche generali comuni al settore tecnico di pertinenza, il primo, oltre alle conoscenze tecniche generali comuni, ha accesso alla tecnica anteriore del settore di pertinenza ed è altresì fortemente stimolato a cercare soluzioni in tutta la tecnica anteriore del settore per risolvere il problema tecnico posto (e dunque ha presumibilmente accesso anche a quelle conoscenze del settore non propriamente generiche – la cosiddetta “enhanced knowledge”- quali brevetti anteriori o pubblicazioni scientifiche o manuali tecnici specifici), mentre il secondo ha a disposizione, oltre alle già dette conoscenze generali comuni del settore, il brevetto contestato e la tecnica anteriore citata nel brevetto stesso, ma non è indotto, e neppure si può pretendere che sia costretto, a cercare nella tecnica anteriore documenti e soluzioni occorrenti ad interpretare il brevetto in esame.
Nella valutazione del requisito di novità possono considerarsi anche eventuali caratteristiche implicite derivabili da un documento appartenente allo stato della tecnica, ma solo se queste risultano derivabili, dall’esperto del ramo, da quel documento direttamente e senza ambiguità.
Seppure esista a livello giurisprudenziale il concetto di invenzione di problema – nella quale l’attività inventiva coincide con l’enucleazione di un problema tecnico del tutto ignoto allo stato dell’arte – che può dare in determinate circostanze luogo a materia brevettabile (nonostante il fatto che la soluzione rivendicata sia retroattivamente banale e di per sé evidente) siffatta costruzione teorico-interpretativa, che qualifica il requisito dell’inventività al di fuori della mera soluzione di un problema tecnico, non evidente allo stato della tecnica, estendendolo alla mera individuazione di un problema mai risolto – la cui soluzione potrebbe anche essere, a posteriori, assi banale e suggerita dalla tecnica nota – deve, nel conflitto tra i diritti di monopolio del registrante e quelli della libertà di impresa, essere valutata rigorosamente e restrittivamente. Non esiste alcun “automatismo” tra l’individuazione di un problema tecnico mai affrontato prima ed il riconoscimento dell’attività inventiva ed anzi, il porre un nuovo problema non rappresenta di per sè un contributo al merito inventivo della soluzione, se esso avrebbe potuto essere posto dalla persona media esperta del settore essendo normale compito del tecnico l’essere costantemente occupato con l’eliminazione di difetti, il superamento di inconvenienti ed il raggiungimento di miglioramenti di dispositivi e/o prodotti conosciuti.
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Maria Luigia Franceschelli
AssociateDottorato di Ricerca in Proprietà Industriale, Università degli Studi di Milano Avvocato presso Hogan Lovells Studio Legale, IP team(continua)