Ratio e limiti della pubblicità comparativa. Responsabilità del c.d. terzo interposto
La pubblicità comparativa è idonea a determinare nel consumatore una scelta più consapevole in quanto, quale strumento d’informazione, consente una migliore valutazione dei meriti di ciascun operatore, della qualità delle loro prestazioni e del loro costo. Per costituire un mezzo legittimo d’informazione dei consumatori ed essere lecita, la pubblicità comparativa, oltre a non essere ingannevole, deve confrontare beni o servizi secondo criteri obiettivi.
La pubblicità comparativa, per non essere ingannevole, deve operare una comparazione tra beni omogenei, caratteristiche essenziali e verificabili, non deve ingenerare confusione sul mercato, non deve creare discredito o denigrazione ad un concorrente e non deve procurare all’autore della pubblicità un indebito vantaggio tratto dalla notorietà connessa al marchio o ad altro segno distintivo.
Il titolare di un marchio registrato non è legittimato a vietare l’uso, da parte di un terzo, di un segno identico o simile al suo marchio in una pubblicità comparativa solo quando ricorrono tutte le condizioni di liceità di cui alla direttiva 84/450.
Qualora il soggetto c.d. terzo interposto, benché non concorrente diretto del danneggiato, compie un atto lesivo del diritto del concorrente, agendo per conto ovvero perché è collegato con un concorrente ed é legittimato a porre in essere atti che ne cagionano il vantaggio, è solidalmente responsabile con l’imprenditore che si è giovato della sua condotta.
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Valentina Borgese
Editor – Sezione di Diritto Industriale. Dopo aver conseguito la laurea presso l'Università di Palermo (oggetto della tesi: Le reti d'impresa; relatore Prof. Rosalba Alessi), ha svolto il Tirocinio presso la...(continua)