Recesso da Cassa Depositi e Prestiti e determinazione del valore della quota di liquidazione
Anche a voler riconoscere alla Cassa natura di società a partecipazione pubblica di diritto singolare, costituita per il perseguimento di una specifica missione di pubblico interesse, e la conseguente possibilità di derogare, per legge, alle specifiche disposizioni di diritto comune dettate dal codice civile per il tipo sociale prescelto, non deve ritenersi legittima una deroga ai principi generali previsti per il recesso dei soci di società per azioni. Le disposizioni statutarie, originarie o intervenute per modifiche successive, infatti, ancorché, nel primo caso, adottate con decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si risolvono pur sempre nell’esercizio dell’autonomia negoziale attribuita ai soci dall’ordinamento nei limiti dallo stesso individuati, e l’eventuale superamento di tali limiti, salva la valutazione di legittimità costituzionale, potrebbe essere disposto solo da fonti normative di rango primario, alle quali le norme di rango secondario possono dare attuazione nell’ambito del perimetro individuato dalle prime.
Ne discende che la clausola statutaria che prevede che la quota del socio receduto sia valutata con riguardo al suo valore nominale, anziché con riguardo al suo valore effettivo, non potrebbe che essere considerata invalida, se ad essa dovesse attribuirsi portata derogatoria dei principi sanciti dall’art. 2437 ter c.c.
Neppure per le ipotesi di recesso esercitato al di fuori delle ipotesi legali è consentito derogare ai criteri previsti dalla norma appena citata. In fatti si deve rilevare che la nullità della clausola statutaria che deroga ai principi previsti nell’art. 2437 ter c.c. deriva dalla contrarietà della previsione statutaria alle norme imperative contenute in tale articolo, indipendentemente dalla contrarietà o meno della previsione statutaria alla norma imperativa contenuta nell’art. 2437 c.c., che vieta ogni patto volto ad escludere o a rendere più gravoso l’esercizio del diritto di recesso con esclusivo riferimento alle ipotesi di recesso legale previste dal primo comma dello stesso articolo, e che l’art. 2473 ter c.c. non reca alcuna distinzione fra cause di recesso legali e cause di recesso statutarie al fine di dettare diversi criteri di liquidazione della quota del socio receduto.
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Paolo F. Mondini
Fondatore e Responsabile scientificoFondatore e responsabile scientifico del progetto di Giurisprudenza delle Imprese, il prof. Paolo Flavio Mondini è Associato di Diritto commerciale e bancario presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza....(continua)