Responsabilita’ degli amministratori della fallita per condotte distrattive e determinazione del danno
E’ fonte di responsabilità degli amministratori la distrazione dei beni sociali di una società poi fallita utilizzati per il vantaggio di una nuova società (nel caso di specie è stato provato: (i) che la società fallita operava nel campo del c.d. e-learning, utilizzando un software realizzato in proprio, sviluppato a partire da programmi free od open source, non rinvenuto – unitamente ai codici sorgente – al momento del fallimento; (ii) lo sviamento di clientela e del personale verso una nuova società; (iii) l’utilizzo di attrezzature, locali e materiali della fallita da parte dei dipendenti della nuova società; (iv) che uno degli amministratori della fallita si presentava come direttore commerciale della nuova società; (v) che la nuova società aveva nella compagine sociale il cognato di uno degli amministratori della fallita, oltre a due fiduciarie; (vi) che la nuova società era in stretti rapporti con una terza società della quale erano stati soci la moglie e il figlio di uno degli amministratori della fallita, nonché il liquidatore della stessa).
Risulta immune da responsabilità colui che abbia rivestito la carica di amministratore prima del compimento degli atti distrattivi; né ne può essere invocata la responsabilità per il mero fatto che a una certa data il capitale sociale fosse andato perduto e dovesse cessare l’attività sociale, a meno che non venga ipotizzata – e poi provata – una colpa dell’amministratore in relazione alle perdite maturate fino a quella data.
In presenza di lacune della contabilità sociale il danno causato dalla condotta distrattiva degli amministratori non può che essere liquidato in via equitativa.
Il danno causato dalla condotta distrattiva può essere in un primo momento quantificato nel valore del bene oggetto di distrazione, così come determinato da una perizia di parte non contestata (nel caso di specie trattavasi di software valutato dal fallimento attore in Euro 170.000,00, valore ridotto prudenzialmente di Euro 10.000,00).
Per altra via, il danno causato dagli amministratori può essere determinato in base alla crescita del valore negativo del patrimonio sociale, seguendo un metodo vicino a quello dei netti patrimoniali (nel caso di specie, il Collegio ha preso a riferimento il bilancio al 31 dicembre 2005 della fallita approvato solo il 16 dicembre 2006, quando la società era stata già messa in liquidazione ed era in avanzata fase di realizzazione lo spostamento delle utilità sociali a una nuova società. Siccome il bilancio al 16 dicembre 2006 evidenziava una perdita di Euro 1.170.016,00, in buona parte effetto dell’abbattimento delle immobilizzazioni immateriali che nel bilancio al 31 dicembre (si deve presumere, ndr) 2004 erano state capitalizzate per Euro 754.942,00, il Collegio ha ritenuto che nel periodo in cui l’attività sociale avrebbe dovuto essere interrotta per effetto delle perdite al 31 dicembre (si deve ritenere, ndr) 2004 fossero maturate ulteriori perdite per Euro 410.000,00 e in tale cifra è stato determinato il danno equitativamente).