Responsabilità degli amministratori di s.r.l. e diritto/obbligo di informazione ex art. 2476, co. 2 c.c.
In tema di responsabilità degli amministratori, nonostante il silenzio dell’art. 2476 c.c. circa il grado di diligenza richiesto, si ritiene ormai pacificamente che, come per gli amministratori di s.p.a. (art. 2392 c.c.), anche per quelli di s.r.l. debba farsi riferimento alla diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze possedute, la quale si specifica altresì nel dovere di agire in modo informato e di valutare e curare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile.
In relazione all’onere assertivo incombente sull’attore, non è sufficiente invocare genericamente il compimento di atti di mala gestio e riservare una più specifica descrizione di tali comportamenti nel corso del giudizio, atteso che per consentire alla controparte l’approntamento di adeguata difesa, nel rispetto del principio processuale del contraddittorio, la causa petendi deve fin dall’inizio sostanziarsi nell’indicazione di comportamenti assertivamente contrari ai doveri imposti agli amministratori dalla legge o dallo statuto sociale. Resta, comunque, preclusa al giudice la valutazione della ragionevolezza e convenienza delle decisioni prese dagli amministratori (discrezionalità imprenditoriale), in ragione della regola generale del “business judgment rule”, secondo cui non sono sindacabili le valutazioni di opportunità e di convenienza fatte dall’organo di amministrazione.
Il mero riferimento ad un generico esito infausto della gestione sociale non è, di per sé, sufficiente all’accertamento e all’affermazione della responsabilità degli amministratori per omesso adempimento dell’obbligo di diligenza, atteso che essi non sono di certo tenuti a garantire in ogni caso la realizzazione di utili.
Il cumulo di cariche gestorie in più società non configura, di per sé, una posizione di conflitto di interessi contrapposti. Il disposto di cui all’art. 2390 c.c., estensibile in via analogica anche agli amministratori di s.r.l., comporta che in ogni caso, ai fini dell’utile esercizio dell’azione sociale di responsabilità, vi sia la dimostrazione che l’asserito conflitto di interessi abbia provocato concreto danno alla società nel cui interesse l’amministratore agisce. La mera costituzione, da parte degli amministratori di s.r.l., di una società, pur dotata di oggetto sociale almeno in parte sovrapponibile a quello della società in cui i medesimi amministratori operano, non può, da sola, rappresentare un atto di mala gestio, in difetto di elementi valutazione da cui poter desumere la dannosità di siffatta operazione per la menzionata società.
Sebbene l’art. 2476 non ponga espressamente limiti all’esercizio del diritto/obbligo di informazione e controllo a favore dei soci, lo stesso non deve essere utilizzato in modo strumentale e patologico, perpetrando un vero e proprio abuso del diritto. In particolare, la tutela approntata al socio dall’art. 2476 c.c. deve necessariamente compenetrarsi con la tutela degli interessi della società, in quanto un diritto di indagine così penetrante può avere effetti devastanti con inevitabili conseguenze negative derivanti dalle pregnanti, maliziose intromissioni dei soci non amministratori e dei loro professionisti di fiducia.
Il diritto del socio ex art. 2476, co. 2, non può ricevere tutela laddove si concretizzi in un’ingerenza nell’attività degli amministratori per finalità turbativa o laddove la richiesta di informazioni possa cagionare un pregiudizio alla società, risultando per l’effetto legittimo il rifiuto degli amministratori di divulgare alcuni documenti, se sussistono plausibili timori circa un possibile uso distorto delle informazioni ricavabili dai documenti. Anzi, in tal caso gli amministratori hanno non solo la facoltà, ma addirittura l’obbligo di non divulgare determinate informazioni.
Deve realizzarsi un contemperamento del diritto ex 2476, co.2 rispetto ad esigenze della società meritevoli di tutela da condursi alla stregua del principio di buona fede, la cui applicazione allo specifico rapporto sociale comporta che il diritto alla consultazione della documentazione sociale e alla estrazione di copia possa trovare specifica limitazione (attraverso l’accorgimento del mascheramento preventivo dei dati sensibili presenti nella documentazione, quali, ad esempio, i dati relativi ai nominativi di clienti e fornitori) laddove alle esigenze di controllo “individuale” della gestione sociale (cui è preordinato il diritto del socio ex art. 2476 c.c. co.2) si contrappongono non pretestuose esigenze di riservatezza fatte valere dalla società.
Per visualizzare la sentenza devi effettuare login
Giulia Giordano
Laurea con lode presso l'Università di Bologna; LL.M. International business and commercial law presso King's College London; Diploma di Specializzazione per le Professioni Legali presso Università di Bologna; Junior...(continua)