Responsabilità degli amministratori e dei sindaci di s.r.l. nel fallimento e criterio di determinazione del danno
Il danno che gli amministratori ed i sindaci sono tenuti a risarcire, in sede fallimentare, quando, al verificarsi di una causa di scioglimento della società, abbiano, rispettivamente, violato o non vigilato sul dovere di non intraprendere nuove operazioni, non s’identifica automaticamente nella differenza tra passivo ed attivo accertati in sede di fallimento, ma può essere commisurato a tale differenza, in mancanza di prova di un maggior pregiudizio, solo se da detta violazione sia dipeso il dissesto economico ed il conseguente fallimento della società.
Anche qualora sia stata accertata l’impossibilità di ricostruire i dati con l’analiticità necessaria per individuare le conseguenze dannose riconducibili al comportamento degli organi sociali il suaccennato criterio differenziale può costituire un parametro di riferimento per la liquidazione del danno in via equitativa; ma, in tal caso, è compito del giudice del merito indicare le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli specifici effetti pregiudizievoli riconducibili alla condotta dei convenuti, nonchè la plausibilità logica del ricorso a detto criterio.
Non può ragionevolmente sostenersi che il deficit patrimoniale accertato nella procedura fallimentare – nella sua interezza – sia di regola la naturale conseguenza dell’essersi protratta la gestione dell’impresa in assenza delle condizioni che giustificano la continuità aziendale: non sarebbe logicamente corretto nè imputare all’amministratore le perdite patrimoniali che ben potrebbero già essersi verificate in un momento anteriore al manifestarsi della situazione di crisi, nè far gravare su di lui la responsabilità per le ulteriori passività che quasi sempre un’impresa in crisi comunque accumula nella fase di liquidazione. [fattispecie relativa a fatti verificatisi anteriormente all’introduzione del terzo comma dell’art. 2486 c.c., disposta dall’art. 378, comma 2, D. Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14]
Nelle cause ex art. 146 l.fall., l’attore, pur non dovendo provare l’inadempimento del convenuto, lo deve quantomeno allegare; e l’allegazione del creditore non può attenere ad un inadempimento quale che sia, ma ad un inadempimento astrattamente efficiente alla produzione del danno. Grava poi sull’attore l’onere di provare danno e nesso di causalità.
Amministratori e sindaci, in sede fallimentare, non sono tenuti a risarcire il danno derivato alla società dall’omesso versamento degli oneri tributari, previdenziali ed assicurativi, ove non sia stata quantomeno allegata la presenza, nel patrimonio della società, dei fondi necessari ad adempiervi.
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Marco Verbano
Laureatosi col massimo dei voti e la lode in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Padova nel 2011 (tesi di diritto civile su "Il danno da intese anticoncorrenziali", relatore il Prof. Stefano Delle...(continua)