Responsabilità degli organi amministrativi nei confronti dei creditori sociali e nei confronti della curatela fallimentare: onere della prova, natura e presupposti
Sussiste in capo al curatore delle S.r.l. fallite il diritto di esercitare nei confronti degli organi sociali, indistintamente e cumulativamente, sia l’azione di responsabilità che l’azione spettante ai creditori della società, atteso il carattere unitario ed inscindibile dell’azione di responsabilità ex art. 146 l.f.
Nell’adempimento delle proprie obbligazioni, agli amministratori di S.r.l., al pari di quelli delle S.p.A., è ora richiesta la diligenza desumibile in relazione alla natura dell’incarico ed alle specifiche competenze, ossia quella speciale diligenza prevista dall’art. 1176, secondo comma, c.c. per il professionista, mentre in passato era richiesta la generica diligenza del mandatario ex art. 1710 c.c.
In tema di risarcibilità del danno, il soggetto agente, oltre ad allegare l’inadempimento dell’amministratore, deve anche allegare e provare, sia pure ricorrendo a presunzioni, l’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale di cui chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico; in difetto di tale allegazione e prova la domanda risarcitoria mancherebbe di oggetto. Viceversa, incombe sugli amministratori l’onere di dimostrare l’inesistenza del danno ovvero la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi a loro imposti.
Sussiste la responsabilità nei confronti dei creditori sociali, di natura extracontrattuale, qualora il comportamento degli amministratori abbia determinato una diminuzione del patrimonio sociale di entità tale da rendere lo stesso inidoneo, per difetto, ad assolvere la sua funzione di garanzia generica ex art. 2740 c.c. al soddisfacimento dei debiti assunti nei confronti dei creditori sociali, con conseguente responsabilità degli amministratori, tenuti a risarcire il relativo danno.
La responsabilità dell’organo amministrativo non può essere desunta da una scelta di gestione, come tale insindacabile in termini di fonte di responsabilità in quanto conseguenti a scelte di natura imprenditoriale, ontologicamente connotate da rischio, ma dal modo in cui la stessa è stata compiuta: ne consegue che l’omissione, da parte dell’amministratore, di quelle cautele, di quelle verifiche ovvero dell’assunzione delle necessarie informazioni preliminari al compimento dell’atto gestorio, normalmente richieste per una scelta del tipo di quella adottata, possono configurare violazione dell’obbligazione di fonte legale in discorso, così come è fonte di responsabilità la colpevole mancata adozione di quei provvedimenti, che per legge o per statuto avrebbero dovuto essere prontamente assunti a tutela della società o dei terzi.
Risponde di bancarotta fraudolenta patrimoniale l’amministratore che si autoliquida un proprio credito verso la società, non potendosi scindere la qualità di creditore da quella di amministratore, come tale vincolato alla società dall’obbligo di fedeltà e da quello della tutela degli interessi sociali nei confronti dei terzi.
Non sono dovuti gli interessi compensativi, congiuntamente alla rivalutazione monetaria per il periodo compreso fra la data del fallimento e l’odierna sentenza, in mancanza di prova del danno da ritardo.