Responsabilità del socio “amministratore di fatto” di una s.r.l., poi fallita, per la prosecuzione dell’attività sociale in violazione degli artt. 2485 e 2486 c.c.
Sussiste la responsabilità solidale del socio di una s.r.l. quale “amministratore di fatto” per i danni cagionati dalla prosecuzione dell’attività sociale in violazione degli artt. 2485 e 2486 c.c., laddove vi siano indizi significativi in ordine alla partecipazione di questi, anche in forma di autorizzazione al compimento dei singoli atti, alla complessiva gestione della società (nel caso di specie, è stato dimostrato che il convenuto, socio di maggioranza assoluta della fallita, avesse sempre attivamente partecipato alla vita della società e, in particolare, condiviso, con l’amministratore unico, la scelta imprenditoriale di proseguire nell’attività omettendo i versamenti dovuti all’erario, di per sé eccedente l’importo oggetto della richiesta risarcitoria; ciò che ha consentito di condannare il convenuto al risarcimento del danno richiesto ex art 2476, co. 6°, c.c.).
Non può essere qualificato come amministratore di fatto e, pertanto, non risponde dei danni subiti dalla società per la gestione violativa dei doveri gravanti sui soggetti esercenti la funzione di amministrazione della società il dirigente che si sia limitato a svolgere le mansioni inerenti al proprio incarico direttivo senza, in particolare, assumere una posizione decisionale autonoma rispetto ai soggetti formalmente investiti dell’incarico di amministrazione.
È manifestamente infondata l’eccezione di nullità della relazione peritale del consulente tecnico d’ufficio per violazione del contraddittorio, laddove, a fronte della mancata trasmissione da parte del perito alle parti della bozza preliminare della propria relazione al fine di raccoglierne le osservazioni, il giudice abbia concesso nuovi termini per la produzione delle memorie di parte.