Responsabilità di amministratori e sindaci: alcuni criteri di quantificazione del danno
Nell’azione di responsabilità intentata dal curatore fallimentare contro amministratori e sindaci, il danno da illegittima prosecuzione dell’attività non concorre con quello derivante dagli ingiustificati prelievi a favore di uno degli amministratori, poiché il risultato negativo degli stessi è già ricompreso nella perdita netta che si ricava confrontando il patrimonio della società al tempo in cui essa avrebbe dovuto essere posta in liquidazione e il patrimonio netto della società immediatamente prima della dichiarazione di fallimento. In caso contrario si finirebbe per duplicare la medesima voce di danno.
Nella difesa giudiziale dall’azione di responsabilità intentata dal curatore fallimentare contro amministratori e sindaci, non ha alcun rilievo agli effetti di escludere la responsabilità per danni derivanti da mala gestio invocare la natura solo formale della nomina o il fatto di aver agito eseguendo istruzioni di terzi, ben potendo ciò costituire piuttosto un ulteriore aspetto della negligente esecuzione del rapporto gestorio. L’inerzia o la supina esecuzione di altrui direttive non può costituire il presupposto dell’esonero da responsabilità di chi aveva un obbligo formale ex lege di adempiere agli specifici obblighi connessi alla titolarità della carica.
Nel periodo che precede l’approvazione del bilancio dal quale emerge l’integrale perdita del capitale non è doveroso per amministratori e sindaci accertare la causa di scioglimento, pertanto, in una logica prudenziale e di garanzia, le perdite generatesi in tale periodo possono essere scomputate in sede di quantificazione del danno provocato. È altresì possibile riconoscere a ciascuno degli amministratori e sindaci un periodo di c.d. franchigia, durante il quale non sono imputati danni, poiché corrispondente al tempo normalmente necessario, dopo l’assunzione della rispettiva carica, a prendere coscienza della situazione societària e ad adottare le opportune iniziative per la conservazione del patrimonio. In merito alla quantificazione del danno, poi, è preferibile adottare il criterio c.d. pro rata temporis con riferimento non a una differenza incrementale di perdita complessiva, ma con specifico riferimento alla differenza nella consistenza patrimoniale prodottasi nei singoli periodi in cui ciascun amministratore o sindaco è stato in carica.
Considerato che l’errore professionale di un sindaco si manifesta sia in forma commissiva che in forma omissiva, il riferimento contenuto nella polizza assicurativa professionale a “errori commessi nell’adempimento dei doveri di controllo e/o vigilanza” non esclude le condotte omissive, poiché una tale interpretazione renderebbe in concreto priva di applicabilità la formula. L’esclusione delle condotte omissive sarebbe in astratto possibile possibile solo se espressamente prevista in una clausola della polizza, specificamente accettata dall’assicurato ai sensi dell’art. 1341 c.c.
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Pier Paolo Picarelli
Avvocato | DottorandoAvvocato | Dottorando in Innovazione e Gestione delle Risorse Pubbliche presso l'Università degli Studi del Molise(continua)