REVOCA DELLA DELEGA CONFERITA A MEMBRO DEL CDA. RISARCIMENTO DEL DANNO
Avuto riguardo all’ipotesi di revoca delle deleghe disposte dal consiglio di amministrazione a un suo membro, non può farsi applicazione analogica della norma di cui all’art. 2383, terzo comma, c.c. prevista per il caso di revoca ante tempus dell’amministratore da parte dell’assemblea: tali deleghe, infatti, non possono equipararsi né a un mandato né a una delega di tipo amministrativo, trattandosi perlopiù di autorizzazioni a esercitare quei poteri di cui l’amministratore è già stato investito; ne consegue che, a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa, la revoca non comporta il sorgere del diritto al risarcimento del danno, poiché l’amministratore conserva, seppur attraverso un assetto organizzativo diverso, la facoltà di amministrare.
Per ipotizzare un diritto al risarcimento del danno in capo all’amministratore estromesso in seguito all’abusivo utilizzo della clausola simul stabunt simul cadent, deve essere dimostrato che le dimissioni degli altri componenti del consiglio siano arbitrarie, ingiustificate e finalizzate al mero scopo di estromettere l’amministratore per ragioni estranee agli interessi della società, sottraendo quest’ultima all’obbligo risarcitorio cui la formale revoca senza giusta l’avrebbe sottoposta (Nella specie il Tribunale non ha ravvisato alcun abuso nelle condotta del consiglio che, non condividendo le scelte gestionali dell’amministratore, aveva deciso di dimettersi, causando così l’estromissione dell’amministratore).22