Revocazione della donazione di quota sociale per ingratitudine. Esercizio del diritto di recesso da una s.r.l.
La controversia instaurata per ottenere la revocazione della donazione di una quota sociale ha ad oggetto la costituzione e l’estinzione del rapporto sociale fra socio e società a responsabilità limitata, pertanto è di competenza della Sezione Specializzata delle Imprese ai sensi dell’art. 3, 2° e 3° comma del D.lgs. 168/03 come modificato dal D.L. 1/12, convertiti con modificazioni nella L. 27/12.
La condotta del donatario, che abbia agito per provocare lo scioglimento della società, solo indirettamente costituisce un danno per i singoli soci, attesa la distinzione tra questi ultimi e la società; pertanto, non ricorrendo la fattispecie del donatario che dolosamente arrechi grave pregiudizio al patrimonio del donante, la donazione di quota sociale non può essere revocata.
L’ingiuria grave, che consiste in un comportamento con il quale si arrechi all’onore e al decoro del donante un’offesa suscettibile di ledere gravemente il patrimonio morale della persona, da valutare in concreto in relazione alle condizioni sociali e ambientali delle parti, nonché con riferimento al momento in cui è stata posta in essere, è causa di revocazione della donazione di quota sociale.
L’ingiuria grave non può essere desunta da singoli accadimenti che, pur risultando di per sé censurabili, per il contesto in cui si sono verificati e per una situazione oggettiva di aspri contrasti esistenti tra le parti, non possono essere ricondotti ad espressione di quella profonda e radicata avversione verso il donante che costituisce il fondamento della revocazione della donazione per ingratitudine (Nella specie il Tribunale ha rigettato la domanda di revocazione della donazione di quota sociale promossa dal padre, amministratore unico di una s.r.l., contro la figlia, socia della s.r.l. stessa, atteso che quest’ultima, esercitando legittimamente il proprio diritto di critica, aveva mostrato le proprie perplessità in relazione a un gestione rigida e obsoleta della società senza, peraltro, utilizzare espressioni offensive) .
In tema di diritto di recesso, il ricorso all’arbitratore, di cui al secondo capoverso del terzo comma dell’art. 2473 c.c., è ipotizzabile solo in caso in mero disaccordo sul quantum, mentre se vi è contestazione da parte della società in ordine all’an, ossia alla legittimità stessa del recesso, è corretto introdurre un giudizio di accertamento nelle forme del giudizio ordinario.
Ciò che rileva ai fini del valido esercizio del diritto di recesso è la volontà di recedere del socio e il richiamo, da questi operato, alla specifica fattispecie del recesso connesso alla durata della società (tempo determinato o indeterminato), mentre spetta al Giudice l’esatto inquadramento normativo o statutario della fattispecie concreta del diritto di recesso.
In tema di rimborso delle partecipazioni per cui è esercitato il recesso, non sono dovuti interessi moratori fino alla scadenza del termine dilatorio entro il quale deve avvenire il pagamento.