Richiesta di inibitoria di attività in concorrenza sleale e richiesta di autorizzazione del sequestro conservativo
Sul piano della concorrenza sleale assume spiccata importanza la denominazione sociale utilizzata da un soggetto imprenditore, poiché è sulla base di questa che deve essere valutata la capacità di tale soggetto di contraddistinguersi sul mercato, rimanendo invece il più delle volte oscuri i motivi che hanno indotto alla scelta di una denominazione sociale piuttosto che ad un’altra.
Anche qualora lo statuto sociale deroghi alla previsione normativa di cui all’art. 2390 c.c. consentendo, dunque, che l’amministratore possa esercitare attività in concorrenza con la società che governa, tale deroga non può spingersi fino a giustificare un’attività condotta secondo comportamenti sleali e scorretti sul piano professionale, idonei a ledere l’impresa per cui si presta l’attività di amministrazione.
In conformità alla ratio dell’art. 2598 c.c., rintracciabile in una solida tradizione giurisprudenziale, la forma sleale della concorrenza è determinata dai mezzi adoperati dall’imprenditore, laddove questi siano idonei a danneggiare l’altrui impresa, risultando in sé del tutto lecito e conforme alla natura della competizione commerciale l’intento di acquisizione della clientela altrui.