Rinuncia al diritto di opzione del socio di s.r.l. e tutela dei creditori personali
Nel caso di azzeramento del capitale per perdite e contestuale aumento dello stesso, non integra gli estremi della “simulazione assoluta” la dichiarazione di rinuncia da parte del socio del proprio diritto di opzione finalizzata a sottrarre la partecipazione sociale alle pretese dei propri creditori personali, in quanto non pare ravvisabile alcuna discordanza tra la volontà espressa nella rinuncia e l’intento perseguito dal socio-debitore, giacchè proprio alla dichiarazione di rinuncia (o comunque al “fatto” della mancata sottoscrizione dell’aumento di capitale) segue automaticamente l’effettiva perdita della partecipazione sociale con la conseguente impossibilità per i creditori di aggredire il relativo cespite. Integra gli estremi della “simulazione relativa per interposizione fittizia” la dichiarazione di rinuncia al diritto d’opzione espressa da un socio e volta non già a dismettere la partecipazione, ma solo ad occultarne agli occhi dei terzi la persistente disponibilità in capo allo stesso.
Si deve escludere in diritto la possibilità di configurare una simulazione dell’intera operazione di aumento di capitale deliberato dalla società (conf. Cass. 17467/13).
Ai fini della declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c. della rinuncia del diritto di opzione su operazioni sul capitale sociale è necessario che l’attore provi che l’opzione costituisce un bene in sé, dotato di autonomo valore di mercato. A tal proposito si deve tener conto non solo di eventuali limiti statutari alla libera circolazione della quota che incidono anche sulla trasferibilità del diritto di opzione, ma si deve altresì valutare la sussistenza, in fatto, di un concreto valore di mercato dello specifico bene di cui si discute, giacchè solo in tale ipotesi la relativa rinuncia potrebbe arrecare un effettivo pregiudizio alle ragioni creditorie.
Deve escludersi, in via generale ed astratta, che la mera titolarità di una quota di partecipazione al capitale di una società di capitali (ossia la qualità di “socio”) possa conferire la legittimazione ad agire in giudizio per tutelare ex art. 2901 c.c. diritti di credito propri della società. L’eventuale sussistenza di ragioni di credito nei confronti del debitore convenuto integra un titolo di legittimazione “in proprio” e non già in qualità di “socio” (nel caso di specie la società risultava creditrice nei confronti dell’ex amministratore per i danni dallo stesso cagionati nel corso del mandato e per i quali era stato condanno a risarcire la società e non direttamente il singolo socio).
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Chiara Presciani
Laurea in giurisprudenza con 110 e lode presso l'Università degli studi di Bergamo Dottorato di ricerca in Diritto Commerciale (XXIX ciclo) presso l'Università degli studi di Brescia. Avvocato iscritto all'Ordine di...(continua)