Rinuncia alla procura e cessazione della materia del contendere
La rinuncia alla procura (c.d. “dismissione del mandato”), così come la sua revoca, privano il procuratore della facoltà di compiere e ricevere atti soltanto se accompagnate dalla sostituzione con altro difensore, mentre, in difetto, consentono il perdurare di quelle funzioni di strumento e collegamento tra la parte difesa e gli altri soggetti del processo, che sono proprie del ministero del difensore.
La pronuncia di “cessazione della materia del contendere” costituisce, nel rito contenzioso ordinario davanti al giudice civile (privo, al riguardo, di qualsivoglia espressa previsione normativa, a differenza del rito amministrativo e di quello tributario), una fattispecie creata dalla prassi giurisprudenziale e applicata in ogni fase e grado del giudizio, da pronunciare con sentenza, d’ufficio o su istanza di parte, ogniqualvolta non si possa far luogo alla definizione del giudizio per rinuncia alla pretesa sostanziale o per il venire meno dell’interesse delle parti alla naturale definizione del giudizio. In particolare, la rinunzia alla domanda non richiede formule sacramentali e va riconosciuta quando vi sia incompatibilità assoluta tra il comportamento dell’attore e la volontà di proseguire nella domanda proposta. Detta rinuncia si configura, tra l’altro, nella dichiarazione di non voler insistere nelle domande proposte e determina, indipendentemente dall’accettazione della controparte (richiesta, invece, per la rinuncia agli atti del giudizio), l’estinzione dell’azione e la cessazione della materia del contendere, la quale va dichiarata anche d’ufficio.
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Luigi Pecorella
LL.M. International Financial Law presso King's College London; Dottorando di ricerca in Diritto, Mercato e Persona (indirizzo IUS 04 - Diritto Commerciale) presso Università Ca' Foscari Venezia; Cultore della materia...(continua)