Sequestro cautelare sul patrimonio dell’amministratore di società in dissesto e prova concreta della perdita della garanzia patrimoniale
Il giudizio -pur elastico- commesso dall’art. 671 c.p.c. al giudice della cautela non può mai ridursi ad una valutazione di tipo soggettivo sulla ‘qualità’ del preteso debitore, perché l’assolutizzazione della valorizzazione di siffatti profili soggettivi condurrebbe all’erroneo risultato -saltando l’ultimo e doveroso passaggio del ragionamento giudiziale- secondo cui “ogni qualvolta vi sia un consistente fumus del
diritto cautelando (specie se circondato dal disvalore proprio di ogni credito risarcitorio), e passati comportamenti del reus -soprattutto ove sorretti da accertamenti penali anche sommari o comunque non definitivi- destino sospetto sulla correttezza di costui, il “fondato timore [del ricorrente] di perdere la garanzia del proprio credito” non necessiterebbe di autonomo vaglio, cosa che invece va assicurata in ogni caso.
Va quindi escluso che possa essere l’incapienza in sé del patrimonio del debitore a giustificare il sequestro, ovvero che questo possa basarsi su di un giudizio di mero sospetto sulla sua intenzione di sottrarre alla garanzia tutti o alcuni dei propri beni: atteso che il riferimento agli elementi oggettivi e soggettivi va sempre concretamente rapportato alla presunzione che ne deriva in ordine all’imminente, sia pur in caso non ancora attuale, compimento ad opera del debitore di atti dispositivi idonei a depauperare il patrimonio.
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Giovanni Battista Barillà
Professore Associato di Diritto commerciale presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università degli Studi di Bologna, Avvocato in Bologna, è autore di articoli e monografie in materia di diritto commerciale...(continua)