Storno di dipendenti; sviamento di clientela; concorrenza sleale denigratoria
Lo storno di dipendenti da un’azienda concorrente può ritenersi connotato da illiceità concorrenziale solo in quanto denoti, per le specifiche modalità, un disegno doloso ed ecceda il normale ricambio dei dipendenti, nonché la legittima aspirazione del dipendente stesso a migliorare la propria condizione anche eventualmente sfruttando il bagaglio di professionalità conseguito nel tempo, traducendosi in un piano di specifica aggressione al complesso dell’organizzazione imprenditoriale della concorrente, che determini un effetto di improvvisa disgregazione delle sue capacità produttive, in maniera da oltrepassare l’ambito di una normale contesa – anche aggressiva – normalmente ammissibile in un contesto di libera concorrenza.
Affinché lo storno di dipendenti altrui possa configurare atto di concorrenza sleale, si richiede che i dipendenti medesimi siano particolarmente qualificati ed utili per la gestione dell’impresa concorrente, in relazione alle conoscenze tecniche usate presso l’altra impresa e non possedute dal concorrente stesso, così permettendo a quest’ultimo l’ingresso nel mercato prima di quanto sarebbe stato possibile in base a propri studi e ricerche.
Mentre è contraria alla correttezza imprenditoriale l’acquisizione sistematica, da parte di un ex dipendente che abbia intrapreso un’autonoma attività, di clienti del precedente datore di lavoro il cui avviamento costituisca, soprattutto nella fase iniziale, il terreno elettivo della nuova attività d’impresa, deve ritenersi fisiologico il fatto che il nuovo imprenditore, nella sua opera di proposizione e promozione sul mercato della sua nuova attività, acquisisca o tenti di acquisire anche alcuni clienti già in rapporti con l’impresa alle cui dipendenze aveva prestato lavoro.
In assenza di un valido patto di non concorrenza che vincoli l’ex dipendente, è, di per sé, irrilevante, né può ritenersi scorretto, il mero invio di proposte contrattuali da parte dell’ex dipendente alla clientela conosciuta durante la precedente attività lavorativa.
Ai fini di ottenere il risarcimento del danno da concorrenza sleale denigratoria, l’attore ha l’onere di provare che la comunicazione denigratoria ha avuto l’effetto non solo di dissuadere temporaneamente alcuni clienti dall’effettuare ordini del prodotto denigrato, ma di causare altresì un’astensione definitiva dagli acquisti da parte degli stessi, con una correlativa e stabilizzata diminuzione di utile.
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Marco Verbano
Laureatosi col massimo dei voti e la lode in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Padova nel 2011 (tesi di diritto civile su "Il danno da intese anticoncorrenziali", relatore il Prof. Stefano Delle...(continua)