Sulla clausola statutaria di esclusione del socio per inadempimento
L’autonomia negoziale riconosciuta dall’art. 2533 c.c. per l’introduzione di ipotesi di esclusione del socio deve manifestarsi nella previsione di ipotesi tassative, sufficientemente determinate e facilmente individuabili, al fine precipuo di evitare il rischio concreto di riservare una discrezionalità eccessiva all’organo incaricato dell’adozione dei provvedimenti di esclusione dalla compagine sociale.
La clausola statutaria di esclusione del socio per inadempimento integra, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, un’ipotesi di risoluzione per inadempimento e deve pertanto considerarsi legittima soltanto laddove l’inadempimento non rivesta scarsa importanza, nel senso che sia tale da impedire o rendere più gravoso il perseguimento del fine sociale e sia, comunque, imputabile ad un comportamento doloso o colposo del socio, a nulla rilevando l’eventualità di un danno effettivamente arrecato alla società.
La gravità dell’inadempimento deve essere valutata con riferimento alla qualità del socio, di tal che non rilevano le violazioni di obblighi di natura personale, salvo espressa previsione statutaria in tal senso.
Al fine dell’esclusione di un socio di una società cooperativa per inadempimento, configurano requisiti necessari la colposità del detto inadempimento e la gravità del medesimo, da riscontrarsi in relazione al pregiudizio arrecato al perseguimento dello scopo sociale.
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Matteo Milanesi
Laurea con lode in Giurisprudenza presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore; diploma ISLE - Scuola di Scienza e Tecnica della Legislazione. Praticante avvocato e specializzando in Studi sull'Amministrazione...(continua)