Principi in tema di azione di responsabilità ex art. 146 l.f.
L’azione di responsabilità esercitata dalla Curatela, ai sensi dell’art. 146 l.f., nei confronti di amministratori e sindaci, cumula in sé i presupposti e i caratteri propri sia dell’azione sociale di responsabilità che di quella spettante ai creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma – quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali -, implicando una modifica della legittimazione attiva, ma non della natura giuridica e dei presupposti delle due azioni, che rimangono diversi ed indipendenti.
Il termine di prescrizione quinquennale dell’azione dei creditori sociali inizia a decorrere dal momento in cui si è manifestata all’esterno l’insufficienza del patrimonio sociale alla soddisfazione dei creditori, che può risultare anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento; l’onere della prova della preesistenza al fallimento dello stato di insufficienza patrimoniale spetta al convenuto con tale azione, che voglia eccepirne l’avvenuta prescrizione.
Azione di responsabilità ex art. 146 l. fall. In caso di omesso adempimento degli oneri fiscali da parte dell’amministratore
L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l. fall. cumula i presupposti e gli scopi dell’azione sociale di responsabilità ex artt. 2392-2393 c.c. e dell’azione spettante ai creditori sociali ex art. 2934 c.c.
È onere probatorio incombente sulla curatela (attrice ex art. 146 l. fall) quello di dimostrare: (i) il mancato o negligente adempimento agli obblighi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo a tutela della compagine sociale e dei creditori sociali; (ii) l’esistenza di un danno causalmente imputabile al comportamento negligente dell’organo gestorio. La contumacia dell’amministratore convenuto è qualificabile come rinuncia alla prova della sussistenza di fatti impeditivi ed ostativi all’assolvimento del proprio onere probatorio.
Ai fini dell’imputabilità all’amministratore dei danni patiti dalla fallita, tra gli obblighi di diligente gestione e di conservazione del patrimonio sociale è compreso quello di gestire le risorse finanziarie in modo da provvedere agli obblighi fiscali, evitando così l’aggravio delle relative sanzioni e interessi di mora. Nel caso di omesso pagamento di oneri fiscali e contributivi da parte dell’amministratore della fallita, il danno è pari all’aggravamento del passivo provocato – da detta omissione – a causa dei maturati oneri per interessi e sanzioni, giacché non è sulla debenza o meno dell’imposta che incide il comportamento dell’amministratore stesso.
Responsabilità degli amministratori di società fallita per irregolare tenuta delle scritture contabili
Può affermarsi la responsabilità dei componenti del consiglio di amministrazione di società a responsabilità limitata per aver redatto scritture contabili non in conformità alle indicazioni impartite nel Codice civile e nei criteri generali di redazione del bilancio, con conseguente mantenimento fittizio del capitale sociale e prosecuzione dell’attività sociale, omettendo l’adozione dei provvedimenti previsti dal Codice civile a fronte dell’integrale perdita del capitale sociale registrata, violando così l’obbligo di conservazione del patrimonio sociale. Non osta a questa conclusione il principio secondo cui l’attività d’impresa sarebbe intrinsecamente connotata da rischio d’impresa, ovvero la considerazione per cui gli amministratori avrebbero avuto contezza della perdita del capitale solo con l’esercizio di bilancio in data successiva, tenuto conto di quanto innanzi evidenziato secondo cui la condotta di mala gestio è costituita in primis nell’errata tenuta delle scritture contabili.
Prescrizione e onere probatorio nell’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare
L’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall. compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c., con conseguente possibilità per il curatore di cumulare i vantaggi di entrambe le azioni sul piano del riparto dell’onere della prova, del regime della prescrizione (art. 2393 comma 4, 2941 n. 7, 2949 e 2394 comma 2 c.c.) e dei limiti al risarcimento (art. 1225 c.c.) ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali.
Il thema probandum, nell’ambito dell’azione di responsabilità ex art. 146 l. fall., si articola nell’accertamento di tre elementi: l’inadempimento di uno o più degli obblighi specifici previsti dalla legge o dallo statuto e/o dell’obbligo generale di diligenza previsto dall’art. 2392 c.c., il danno subito dalla società e il nesso causale, mentre il danno risarcibile sarà quello causalmente riconducibile, in via immediata e diretta, alla condotta (dolosa o colposa) dell’agente sotto il duplice profilo del danno emergente e del lucro cessante, dunque commisurato in concreto al pregiudizio che la società non avrebbe subito se un determinato comportamento illegittimo, positivo o omissivo, non fosse stato posto in essere.
In questo senso, in ossequio al principio di causalità, al fine di imputare all’amministratore colpevole il danno effettivamente derivato dall’illecita prosecuzione dell’attività, occorrerà confrontare i bilanci – vale a dire quello relativo al momento in cui si è realmente verificata la causa di scioglimento e quello della messa in liquidazione (ovvero del fallimento) – dopo avere effettuato non solo le rettifiche volte ad elidere le conseguenze della violazione dei criteri di redazione degli stessi ma pure, quelle derivanti dalla necessità di porsi nella prospettiva della liquidazione, visto che proprio alla liquidazione, se si fosse agito nel rispetto delle regole, si sarebbe dovuti giungere.