Azione stand alone e nullità parziale della fideiussione omnibus
In caso di controversia che rivesta le caratteristiche dell’azione stand alone, cioè non direttamente fondata su fatti accertati in sede amministrativa di accertamento della violazione antitrust, secondo le regole proprie del giudizio civile, l’onere probatorio volto a dare fondamento alla contestazione di intesa in relazione al disposto dell’art. 2 l. 287/90 non può che ricadere sulla parte che ha formulato detta contestazione. Pur tenendo conto della situazione di asimmetria informativa indubbiamente gravante sull’attore, nelle cause stand alone l’attore è comunque onerato quantomeno della necessità di fornire elementi, anche indiziari, atti a confermare la prosecuzione dell’intesa illecita anche successivamente al periodo accertato dall’Autorità antitrust.
Nei contratti di fideiussione omnibus, la forma di tutela più appropriata rispetto al complesso degli interessi in conflitto (che comprende anche quello degli istituti di credito a mantenere in vita la garanzia fideiussoria, espunte le clausole contrattuali illecite) è quella della pronuncia di nullità limitata alle clausole che costituiscono pedissequa applicazione degli articoli dello schema ABI, dichiarati nulli dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55/2005.
L’art. 1419 c.c. richiama il generale favore dell’ordinamento per la conservazione, in quanto possibile, degli atti di autonomia negoziale, ancorché difformi dallo schema legale, per cui riveste carattere eccezionale l’estensione della nullità che colpisce la parte o la clausola all’intero contratto. Corollario di tale impostazione è la necessità di procedere alla valutazione della potenziale volontà delle parti in relazione all’eventualità del mancato inserimento di tale clausola, e, dunque, in funzione dell’interesse in concreto dalle stesse perseguito. La nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, può estendersi, pertanto, all’intero contratto, o a tutta la clausola, solo ove l’interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.
In relazione all’art. 1419 c.c., la nullità parziale non si estende all’intero contenuto della disciplina negoziale se permane l’utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti, secondo quanto accertato dal giudice. Per converso, l’estensione all’intero negozio degli effetti della nullità parziale costituisce eccezione che deve essere provata dalla parte interessata.
Nullità per conformità allo schema ABI delle sole fideiussioni omnibus
L’oggetto dell’accertamento dell’intesa anticoncorrenziale nel provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d’Italia è costituito dalle condizioni generali della sola fideiussione c.d. omnibus, ossia di quella particolare garanzia personale di natura obbligatoria, in uso nei rapporti bancari, che per effetto della c.d. clausola estensiva impone al fideiussore il pagamento di tutti i debiti, presenti e futuri, assunti dal debitore principale entro un limite massimo predeterminato ai sensi dell’art. 1938 c.c. Ne discende che qualora taluno si sia obbligato rispetto ad una fideiussione avente i caratteri su esposti e così qualificata potrà invocare la natura di prova privilegiata della decisione della Banca d’Italia e porla a fondamento della tutela richiesta, unitamente alla prova dell’applicazione uniforme.
La tesi secondo cui la nullità può colpire anche le fideiussioni specifiche riproducenti lo schema ABI relativo alla fideiussione omnibus, ai sensi dell’art. 2 della L. n. 287/90 e ciò a prescindere dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005, non è condivisibile. Trattasi, invero, di un’enunciazione astratta, che richiama il principio generale di cui all’art. 2 l. n. 287/90, ma che va valutata con riferimento alle singole fattispecie concrete, in cui deve essere fornita dall’attore ex art. 2697 c.c. la prova dell’intesa anticoncorrenziale illecita da cui discendono gli effetti della nullità sui contratti “a valle”. Al riguardo, non è sufficiente l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito al fine dell’assolvimento della prova dell’illiceità dell’intesa “a monte”, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito.
Distinzione tra fideiussione e garanzia autonoma (garantievertrag)
Per determinare se un determinato contratto debba essere ricondotto allo schema tipico della fideiussione o a quello atipico della garanzia autonoma, risulta maggiormente significativo, piuttosto che il criterio letterale e la rilevanza in tal senso della clausola “a prima richiesta e senza eccezioni”, quello della causa che, avendo la prima una funzione satisfattiva e la seconda una funzione indennitaria.
Ulteriori elementi utili che possono indurre a collocare la fideiussione fuori dall’ambito della garanzia autonoma, sono rappresentanti dal fatto che: (i) la fideiussione sia stata ricevuta da una banca, mentre quella autonoma vede generalmente la stessa banca nel ruolo di garante; (ii) la fideiussione concerne obbligazioni future, mentre la garanzia autonoma dovrebbe accedere ad obbligazioni contestuali all’assunzione della garanzia; (iii) la garanzia autonoma nei rapporti garante-debitore principale ha un carattere necessariamente oneroso, caratteristica non necessaria nella fideiussione che può dunque anche avere carattere gratuito.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a, della l. 287 del 1990 e 101 TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge succitata e 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.