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28 Ottobre 2023

Responsabilità ex art. 2497, co. 2, c.c.: presupposti, natura e regime prescrizionale

L’attività di direzione e coordinamento, di per sé legittima, assume, ai sensi dell’art. 2497 c.c., i connotati dell’antigiuridicità quando sia esercitata da parte della società controllante nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui, dunque estraneo a quello della società soggetta alla sua direzione/coordinamento, e in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società sottoposte ad essa. Il secondo comma della norma prevede, inoltre, una responsabilità solidale in capo a chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, a chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio.

La predetta disposizione normativa e, in particolare, quella di cui al secondo comma, prevede un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, inquadrata nello schema di cui all’art. 2043 c.c., riconducibile alla violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale dell’attività di direzione e coordinamento della società controllata da parte della controllante. Gli amministratori della società controllante rispondono in solido, in via aquiliana, per la lesione all’integrità del patrimonio della società controllata conseguente a condotte che costituiscono violazione dei suddetti principi o per aver concorso con gli amministratori della società controllata al depauperamento del suo patrimonio sociale.

Il mero esercizio dell’attività di direzione e coordinamento non comporta che la controllante possa essere chiamata a rispondere delle obbligazioni di una controllata nei confronti dei fornitori della stessa o dell’inadempimento delle medesime. In altri termini, non può configurarsi una responsabilità della capogruppo per obbligazioni fisiologicamente assunte dalla controllata e rimaste inadempiute nella normale dinamica dello svolgimento dell’attività d’impresa.

Con riguardo al computo del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, il dies a quo va individuato nel momento in cui il pregiudizio agli interessi sociali sia conoscibile da parte dei soci della società eterodiretta. Ne deriva che il decorso della prescrizione va ancorato non al momento in cui sono stati posti in essere i singoli atti attraverso cui si è realizzata l’illecita condotta di direzione e coordinamento, bensì valorizzando il frangente in cui il danno si è manifestato attraverso la completa evidenziazione dello scenario fattuale che ne costituiva la causa.

12 Luglio 2023

Responsabilità da direzione e coordinamento a carico del socio unico ente pubblico diverso dallo Stato

Ai sensi dell’art. 2497 sexies c.c. si presume, fino a prova contraria, che la holding svolga attività di direzione e coordinamento nei confronti delle società controllate se si verifica una ipotesi prevista ex art. 2359 c.c., fra le quali quella del comma 1, n. 1), in cui la controllante detiene la maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (art. 2359, co. 1, n. 1, c.c. richiamato dall’art. 2497 sexies c.c.).

Non sussiste alcun dubbio in ordine all’applicabilità della fattispecie di cui all’art. 2497 c.c. nel caso di società controllata da ente pubblico diverso dallo Stato. Vale richiamare sul punto la norma di interpretazione autentica dettata dall’art. 19 d.l. 78/2009, convertito in l. 102/2009, secondo cui l’art. 2497, co. 1, c.c. si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria. Il riferimento alla finalità di natura economica o finanziaria rende evidente come, ai fini dell’applicazione dell’art. 2497 c.c., la partecipazione dell’ente pubblico possa essere detenuta non già solo per scopi lucrativi, ma anche per la realizzazione delle proprie finalità istituzionali, a condizione che la loro attuazione richieda lo svolgimento di attività economica realizzata attraverso la società partecipata. Pertanto, la norma di interpretazione autentica ne chiarisce l’applicabilità anche a quegli enti che, seppur per loro natura non possono qualificarsi come enti pubblici economici (certamente non possono definirsi enti pubblici economici Comuni, Province e Regioni), detengono partecipazioni societarie per svolgere una determinata attività con criteri di economicità.

Ove un comune sia socio unico di una società ed eserciti sulla stessa un controllo gestionale e finanziario stringente, esso esercita sulla stessa un controllo analogo a quello che svolge sui propri uffici interni; ne consegue che il requisito della direzione e coordinamento deve ritenersi in re ipsa, in quanto il controllo analogo determina l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento nell’interesse istituzionale dell’ente pubblico e non nell’interesse esclusivo della società controllata.

Qualora ad agire in giudizio ex art. 2497 c.c. sia il curatore del fallimento della società eterodiretta, non opera la condizione prevista dal terzo comma dell’articolo citato, secondo cui il socio e il creditore sociale possono agire contro chi ha esercitato direzione e coordinamento solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta all’attività di direzione e coordinamento. È evidente, infatti, che nessuna preventiva escussione è possibile nei confronti di società fallita.

L’art. 1304, co. 1, c.c. si riferisce unicamente alla transazione che abbia ad oggetto l’intero debito, e non la sola quota del debitore con cui è stipulata, poiché è la comunanza dell’oggetto della transazione che comporta, in deroga al principio secondo cui il contratto produce effetti solo tra le parti, la possibilità per il condebitore solidale di avvalersene pur non avendo partecipato alla sua stipulazione.

Ove la transazione stipulata tra il creditore e uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideate di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.

21 Giugno 2023

Attività di direzione e coordinamento: definizione della fattispecie e responsabilità

L’attività di coordinamento realizza un sistema di sinergie tra diverse società del gruppo nel quadro di una politica strategica complessiva, estesa all’insieme delle società, mentre l’attività di direzione individua una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie dell’impresa ossia sulle scelte strategiche ed operative di carattere finanziario, industriale, commerciale che attengono alla conduzione degli affari sociali. In particolare, la direzione e il coordinamento richiedono una incidenza nella gestione dell’impresa, mentre le funzioni di audit e compliance imposte dalla controllante sulle controllate non sarebbero significative di per sé della eterodirezione (e così, ad esempio, la predisposizione di codici di comportamento, circolari relative all’assetto organizzativo, amministrativo o contabile). Non si esclude che possa esservi un esercizio concorrente nell’ambito dello stesso gruppo di attività di direzione e coordinamento laddove la subholding abbia il potere di determinare essa stessa i contenuti delle direttive ricevute dalla holding di vertice.

L’azione di responsabilità riconosciuta al socio ed al creditore della società eterodiretta è azione propria, diretta e non azionata in via surrogatoria rispetto all’azione sociale. Si tratta di un’azione volta alla riparazione di un danno comunque riflesso maturato in capo alla società: si tratta di ipotesi derogatoria rispetto alla regola del diritto societario comune per la quale il singolo socio che ha subito un danno riflesso non può agire in via individuale per reintegrare il proprio patrimonio personale, ma solo agire in via surrogatoria per la reintegrazione del patrimonio sociale. Nel caso dell’art. 2497 c.c., invece, il socio, pur avendo subito un danno riflesso, viene tutelato e gli è consentito chiedere il risarcimento del proprio danno, sulla base della considerazione che difficilmente la società eterodiretta, che partecipa dell’interesse di gruppo e che ne ha attuato le direttive, proporrebbe una azione risarcitoria nei confronti della capogruppo.

L’art. 2497, co. 3, c.c. non prevede una condizione di procedibilità costituita dalla preventiva infruttuosa escussione della eterodiretta, in quanto l’obbligo di risarcire i soci esterni danneggiati dall’abuso dell’attività di direzione e coordinamento è posto unicamente in capo alla società capogruppo. Tale norma, infatti, si limita a prevedere un’ipotesi meramente fattuale, al ricorrere della quale l’obbligo risarcitorio della controllante viene meno. È esclusa la responsabilità della capogruppo in tre casi, in cui un danno risarcibile non esiste più: (i) perché è mancante, alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento (art. 2497, co. 1, ultima parte, c.c.); (ii) perché è integralmente eliminato, anche a seguito di operazioni a ciò dirette (art. 2497, co. 1, ultima parte, c.c.); (iii) o perché è azzerato dalla stessa società controllata, che abbia soddisfatto la pretesa risarcitoria (art. 2497, co. 3, c.c.), secondo un meccanismo meramente fattuale.

Legittimato attivo all’esperimento dell’azione ex art. 2497 c.c. è anche il socio di maggioranza della società eterodiretta.

27 Febbraio 2023

Responsabilità da attività di direzione e coordinamento: in particolare, la ripartizione dell’onere probatorio

La responsabilità da abuso di attività di direzione e coordinamento ha natura contrattuale e secondo i principi che regolano gli oneri di allegazione e di prova in ipotesi di responsabilità contrattuale l’attore deve provare: (i) l’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento (titolo); (ii) il danno (pregiudizio arrecato al valore o alla redditività della partecipazione, pregiudizio all’integrità del patrimonio); (iii) il nesso causale tra attività di direzione e coordinamento e danno. L’attore è, invece, esentato dalla prova dell’illiceità dell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento e la società convenuta-controllante deve provare che il danno deriva da causa a lei non imputabile – cioè la liceità dell’attività direttiva (conformità alle regole di corretta gestione societaria ed imprenditoriale) –, ovvero di avere fatto tutto quanto in suo potere per evitare il danno (art. 1218 c.c.). Oppure la società convenuta-controllante può, in presenza di abuso, provare l’esistenza di vantaggi compensativi, o che il danno è stato eliminato. In particolare, configurando la responsabilità come contrattuale, non v’è dubbio che la prova dell’esistenza dei vantaggi compensativi si propone come elemento scriminante la responsabilità, e non la loro assenza come elemento costitutivo della responsabilità, e va provata dalla società controllante convenuta. È vero tuttavia che la responsabilità non può derivare, genericamente, da un’attività (in sé legittima), ma sempre da un fatto determinato, da un’operazione o da un insieme di operazioni, diverse e collegate o dello stesso tipo e ripetute, ma in ogni caso adeguatamente individuate e, soprattutto, la loro illiceità – specie in relazione ad una clausola molto aperta quale quella che costituisce il criterio di liceità dell’attività di direzione e coordinamento – può non essere di immediata percezione, sicché l’attore deve quanto meno allegare in modo specifico e dettagliato il profilo di illiceità che ritiene connotare il fatto generativo di danno, altrimenti la convenuta rimane privata della possibilità di difendersi.

La configurabilità del controllo esterno di una società su di un’altra, quale disciplinata dal primo comma, n. 3, dell’art. 2359 c.c. e consistente nella influenza dominante che la controllante esercita sulla controllata in virtù di particolari vincoli contrattuali, postula l’esistenza di determinati rapporti contrattuali la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentino la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità di impresa della società controllata. Deve trattarsi di contratti che per le obbligazioni e prescrizioni che ne discendono impediscono stabilmente alla società debole contraente di svolgere autonomamente le proprie scelte di gestione imprenditoriale di fatto vincolate, imposte dalle disposizioni contrattuali tanto da trasformare la società in una sorta di mera succursale dell’altra contraente che quindi assume verso la controparte una posizione di effettivo controllo.

La direzione e coordinamento consiste in attività di indirizzo idonea a incidere sulle decisioni gestorie dell’impresa, sulle scelte strategiche, operative, finanziarie, commerciali. L’attività di direzione e coordinamento è attività lecita se si svolge secondo i corretti principi di gestione societarie e imprenditoriale, assumendo invece connotati illeciti quando trasmoda assumendo i connotati dell’abuso. Il potere di direzione e coordinamento su base contrattuale può ravvisarsi quando, per esempio, una parte può imporre all’altra una certa organizzazione del personale, le caratteristiche dei servizi o dei beni da rendere, una politica dei prezzi, o specifiche strategie di mercato.

L’accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182 bis l.fall., pur essendo un atto di autonomia negoziale, appartiene agli istituti del diritto concorsuale e fa parte di una procedura di natura concorsuale; tale procedura concorsuale deve considerarsi superata, assorbita, qualora ad essa succeda, come strumento di ristrutturazione del medesimo indebitamento, il fallimento del debitore che, quale procedura concorsuale maggiore, prevale; il successivo fallimento travolge anche l’accordo anche se non espressamente risolto, salva diversa espressa volontà delle parti.

26 Gennaio 2023

La responsabilità per attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c.

L’art. 2497 c.c. prevede una azione di responsabilità che può essere esercitata dai creditori sociali della società eterodiretta (e, in caso di fallimento, dal curatore) nei confronti dell’ente o della società che ha abusato dell’attività di direzione e coordinamento, al fine di ottenere il ristoro del pregiudizio conseguente alla lesione cagionata all’integrità del patrimonio sociale, lesione di cui risponde solidalmente (oltre chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio nei limiti del vantaggio conseguito) anche “chi abbia preso parte al fatto lesivo”, cioè gli amministratori della controllante e della controllata che hanno elaborato ed attuato le direttive lesive. La direzione e coordinamento rilevante ex art. 2497 c.c. si realizza per il solo fatto del suo effettivo esercizio e l’art. 2497-sexies c.c. sancisce che tale attività si presume sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento del bilancio o che comunque controlla la società in questione ai sensi dell’art. 2359 c.c.: vengono dunque in rilievo il controllo esercitato disponendo “della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria”, il controllo esercitato mediante “voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria” e “l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa”, cioè ogni forma di potere effettivo e di ingerenza anche non tipizzati realizzati attraverso l’organizzazione societaria o attraverso la gestione di rapporti contrattuali e senza che sia necessaria alcuna spendita del nome della società etero diretta. Quanto all’antigiuridicità della gestione – ossia l’esercizio di quella attività di direzione “nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale” – tale espressione ricomprende nell’ambito di responsabilità ex art. 2497 c.c. tutte le ipotesi in cui è stato perseguito un interesse extrasociale rispetto a quello della società eterodiretta e il parametro concernente i “principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale” impone il rispetto dei principi di diritto societario ricavabili dalle norme di legge e dallo statuto della controllata e preclude all’ente controllante di imporre, nell’interesse esclusivamente proprio, politiche aziendali o singole operazioni prive di sostenibilità economica eventualmente anche per assenza di vantaggi compensativi. Infatti, l’attività di direzione e coordinamento deve essere caratterizzata, ex art. 2497 c.c., dall’osservanza dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società controllate, nel senso che l’unitarietà della direzione non può giustificare l’utilizzo della gestione delle imprese controllate ad esclusivo beneficio dell’interesse delle società controllanti, bensì per il coordinamento degli interessi delle due.

Alcune note in tema di azione di responsabilità per abusivo esercizio dell’attività di direzione e coordinamento

La sottoposizione della società eterodiretta a procedura concorsuale non fa venir meno la legittimazione dei soci di minoranza di quest’ultima all’esercizio dell’azione di responsabilità per abusivo esercizio dell’attività di direzione e coordinamento.

Il quarto comma dell’art. 2497 c.c., infatti, attribuisce al curatore la legittimazione all’esercizio della sola azione spettante ai creditori sociali; tale previsione non può essere estesa all’azione spettante ai soci, essendo finalizzata a tutelare la par condicio creditorum, mentre la posizione del socio è differente rispetto a quella assunta dai creditori sociali, dal momento che lo stesso non partecipa al concorso.

Il diritto al risarcimento del danno da esercizio abusivo dell’attività di direzione e coordinamento è soggetto alla prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2949 c.c., trattandosi di un diritto derivante da un rapporto sociale.

Il dies a quo del termine di prescrizione va individuato nel momento in cui il pregiudizio agli interessi sociali risulta conoscibile da parte dei soci della società eterodiretta.

La responsabilità per abusivo esercizio dell’attività di direzione e coordinamento ha natura extra-contrattuale.

Pertanto, il socio danneggiato – pur potendo usufruire del regime agevolativo delle presunzioni di cui all’art. 2497-sexies c.c. – ha l’onere di provare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, che consistono (i) nell’esercizio di un’attività di direzione e coordinamento da parte di una società sulle altre, (ii) nello svolgimento dell’attività nell’interesse proprio o altrui, estraneo a quello della società eterodiretta, (iii) nel danno arrecato al valore o alla redditività della partecipazione e (iv) nel nesso di causalità tra condotta ed evento (nel caso di specie, il Tribunale – dopo aver rigettato per intervenuta prescrizione le domande di condanna relative alla maggior parte degli addebiti mossi con l’azione di responsabilità – ha dichiarato infondato l’addebito consistente nel pagamento di indennità in favore di dipendenti non più appartenenti alla controllante, ma confluiti nella controllata, trattandosi di una retribuzione corrisposta in favore di soggetti appartenenti alla società eterodiretta, che non può ritenersi estranea agli interessi sociali).

15 Febbraio 2022

Legittimazione attiva e passiva in tema di azione di accertamento dell’abuso della direzione ex art. 2497 c.c.

L’art. 2497 c.c. attribuisce l’azione di accertamento dell’abuso della direzione e coordinamento e di conseguente risarcimento del danno nei confronti della società che eserciti detta direzione, ai soci (e, sotto diverso profilo, ai creditori) della società eterodiretta ed abusata “per il pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della partecipazione sociale”, vale a dire per il danno riflesso altrimenti normativamente non risarcibile.

La legittimazione è stata estesa in via interpretativa, oltre che – dal lato passivo – agli amministratori della società dominante e di quella dominata, anche – da quello attivo – a quest’ultima, ritenendola a sua volta titolata ad agire direttamente nei confronti della società esercitante la direzione abusiva (e dei suoi amministratori) per la lesione cagionata all’integrità del proprio patrimonio.

I soci della società eterodiretta sono certamente sprovvisti del potere di agire nei confronti della società esercitante abusivamente la direzione per il risarcimento dei danni direttamente patiti dalla società ‘abusata’: in relazione ai quali è quest’ultima che deve attivarsi, e sussiste semmai la diversa azione prevista dall’art. 2476 co. 3° e 8° c.c., che consente al socio di domandare in via di sostituzione straordinaria il risarcimento dei danni che la mala gestio degli amministratori (e i soci con essi intenzionalmente compartecipi) abbiano appunto arrecato alla società.

3 Febbraio 2022

Responsabilità da direzione e coordinamento degli enti pubblici diversi dallo Stato

L’art. 2497 c.c. si applica nei casi in cui la costituzione della società in house o comunque la partecipazione in società degli enti pubblici – diversi dallo Stato – sono attuate non solo per scopi lucrativi ma anche per la realizzazione di finalità istituzionali che richiedono lo svolgimento di attività economica o finanziaria da realizzare attraverso la società partecipata. La norma di interpretazione autentica dell’art. 2497 c.c. di cui all’art. 19 del d.l. 78/2009, convertito nella l. 102/2009 ha espressamente escluso solo lo Stato azionista dalla nozione di “ente” contemplata dalla norma richiamata.

La società in house è istituto di derivazione comunitaria, prima enunciato in sentenze della Corte di Giustizia e poi modellato nelle Direttive UE del 2014, nn. 23, 24 e 25, con il preciso scopo di limitare le ipotesi che consentono di derogare alle regole della concorrenza del mercato mediante il ricorso a forme di affidamenti diretti di compiti relativi alla realizzazione di opere pubbliche o alla gestione di servizi pubblici. L’affidamento diretto non comporta alcuna lesione del principio di concorrenza se ed in quanto, in osservanza al principio di libera amministrazione delle pubbliche autorità, esso non rappresenta una esternalizzazione ma una autoproduzione di servizi tramite un soggetto che, sostanzialmente – atteso che l’amministrazione aggiudicatrice esercita sul soggetto affidatario un controllo analogo a quello operato sui propri servizi – non è diverso dell’ente pubblico.

Sussiste una società in house qualora vi siano i seguenti presupposti: (i) il capitale sociale è integralmente detenuto da uno o più enti pubblici per l’esercizio di pubblici servizi e lo statuto vieta la cessione delle partecipazioni ai soggetti privati; (ii) la società esplica statutariamente la propria attività prevalente in favore degli enti partecipanti, in modo tale che l’eventuale attività accessoria non implichi una significativa presenza sul mercato e rivesta una valenza meramente strumentale; (iii) la gestione è per statuto assoggettata a forme di controllo analoghe a quelle esercitate dagli enti pubblici sui propri uffici, con modalità e intensità di comando non riconducibili alle facoltà spettanti al socio ai sensi del codice civile. Tali requisiti devono sussistere contemporaneamente e risultare da precise disposizioni statutarie in vigore all’epoca cui risale la condotta illecita.

L’espressione “interesse imprenditoriale proprio o altrui” porta a escludere dall’ambito di responsabilità ex art. 2497 c.c. solo le ipotesi nelle quali sia perseguito un interesse meramente privato (quale l’interesse personale degli amministratori/cariche pubbliche della società/ente controllante) e a ricomprendervi tutte le altre ipotesi in cui è stato perseguito un interesse extrasociale rispetto a quello della società eterodiretta. Con l’art. 19 del d.l. 78/2009, convertito nella l. 102/2009, il legislatore ha chiarito che “l’art. 2497, primo comma del codice civile si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria”; l’ampiezza dell’espressione “finalità di natura economica o finanziaria” è tale da ricomprendere gli obiettivi che l’ente pubblico territoriale persegue attraverso la costituzione di società in house o comunque delle società cui partecipa.

La titolarità del pacchetto di maggioranza è elemento sufficiente per integrare la presunzione di cui all’art. 2497 sexies c.c.

La sospensione necessaria del processo civile ai sensi degli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., in attesa del giudicato penale, può essere disposta solo se una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio civile e a condizione che la sentenza penale possa avere, nel caso concreto, valore di giudicato nel processo civile. Perché si verifichi tale condizione di dipendenza tecnica della decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto in ambito civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto dell’imputazione penale.

Il consulente tecnico d’ufficio può acquisire ogni elemento necessario a rispondere ai quesiti, sebbene risultante da documenti non prodotti dalle parti, sempre che si tratti di fatti accessori, rientranti nell’ambito strettamente tecnico della consulenza e costituenti il presupposto necessario per rispondere ai quesiti formulati, e non di fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.

20 Ottobre 2021

Eccezione ex art. 2497, co. 3, c.c. ed effettiva soggezione all’influenza dominante di un’altra società

In ragione dell’eccezionalità e della non estensibilità delle condizioni di procedibilità in senso stretto, nel silenzio del legislatore, il mancato soddisfacimento del credito del socio da parte della società partecipata ed etero diretta (che va quindi ad escludere il mancato avveramento della condizione a cui il legislatore – ex art.2497 comma 3 c.c. – subordina la possibilità di agire verso la società controllante), non integra un’eccezione di improcedibilità assoluta dell’azione di responsabilità verso la controllante (ex art.2497 c.c.), bensì può costituire una condizione di procedibilità in ambito esecutivo, operando essa come un sorta di beneficium excussionis, di per sé, non ostativo alla formazione di un titolo giudiziale (di merito) nel quale consacrare e cristallizzare il diritto di credito.

Si deve ritenere che il giudicato formatosi copra il decisum della sentenza di primo grado non soltanto nei limiti delle deliberazioni e statuizioni espressamente contenute nella sentenza d’appello afferenti i petita e le causae petendi esplicitamente esaminati, ma anche quelli che, ancorché non deliberati, avevano comunque formato oggetto di motivi d’appello, e la cui omessa valutazione e decisione da parte della Corte d’Appello avrebbe dovuto essere, per ciò, impugnata dalla parte soccombente con ricorso per Cassazione al fine di prevenire il passaggio in giudicato anche di siffatti ultimi temi.

Va esclusa una effettiva soggezione di una società all’asserita influenza dominante di un’altra società, qualora i benefici concessi a quest’ultima [nomina di un membro del CdA e di un sindaco effettivo; diritto di veto su deliberazioni aventi ad oggetto, tra le altre, modifica dello statuto, del capitale sociale, riorganizzazione societaria; prelazione su quote preferenziali della operatività della società con il sistema banca], ancorché “significanti e incidenti”, trovino adeguato bilanciamento in altre disposizioni [diritto degli altri soci di nominare il Presidente, l’amministratore delegato, il vice presidente ed un membro del Cda, l’alternanza della carica di Presidente tra gruppi di soci, la necessità che le condizioni bancarie praticate dall’istituto di credito fossero effettuate a “parità di costi e condizioni di mercato”].

 

18 Febbraio 2021

Responsabilità da direzione e coordinamento relativa a società controllata da ente pubblico

L’art. 2497 c.c. può trovare applicazione anche nelle ipotesi in cui il potere di eterodirezione competa ed un soggetto pubblico (e, quindi, anche ad un ente locale), purché diverso dallo Stato (così come chiarito dalla norma di interpretazione autentica dell’art. 19 del d.l. 78/2009, convertito nella L. 102/2009, second cui “L’articolo 2497, primo comma, del codice civile si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria”).

La responsabilità ex art. 2497, I co., c.c. presuppone che il pregiudizio alla redditività ed al valore della partecipazione dei soci (di minoranza) della società eterodiretta, e/o la lesione dell’integrità del patrimonio sociale, con susseguente insufficienza dello stesso al soddisfacimento dei
creditori sociali, siano portato e conseguenza di attività e scelte poste in essere in esecuzione di direttive ascrivibili alla cd. holding ed integranti esercizio abusivo ed illegittimo dell’attività di direzione e coordinamento, in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale della società eterodiretta. Segnatamente, la società controllante o titolare di una posizione che le consenta l’esercizio di attività di direzione e coordinamento nei confronti di altre società potrà essere chiamata a rispondere degli atti posti in essere dagli amministratori di queste ultime, a condizione che risulti che detti atti gestori, oltre ad essere orientati al perseguimento dell’interesse
imprenditoriale della holding, in violazione dei principi di corretta gestione della società eterodiretta, siano, altresì, riguardabili, in concreto, come momenti di attuazione di direttive ed istruzioni impartite dalla medesima holding, sì da essere alla stessa addebitabili.

La fattispecie di responsabilità ex art. 2497 c.c. in materia di società controllate da enti pubblici presuppone la prova, a carico della parte che la invoca, della esistenza “cumulativa” non solo a) della titolarità, in capo ad una società o ad un ente, di un potere di direzione e di coordinamento nei confronti di altra società, ma anche degli ulteriori elementi quali b) la violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale della eterodiretta; c) l’agire nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui; d) il pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della partecipazione e/o la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società; e) lo stretto nesso di causalità tra la condotta di eterogestione abusiva ed il pregiudizio prospettato.

Affinché una condotta della parte “dirigente/coordinante”, posta in essere sulla base della relazione con la “eterodiretta/coordinata”
ed in attuazione del potere di direzione in questione, si colori di antigiuridicità è necessario che il perseguimento dell’interesse
proprio o altrui della società in posizione apicale sia incompatibile con gli interessi della “eterodiretta/coordinata”, sì da risultare (di conseguenza) da un lato contrario al dovere della prima di gestire con correttezza il proprio potere sulla seconda (“mala gestio” ex art. 2497 c.c.) e, dall’altro (e parimenti di conseguenza), causativo, a quest’ultima, come effetto immediato e diretto ex artt. 1223 e 2056 c.c., di un pregiudizio.