La responsabilità dell’amministratore di s.a.s.
La disciplina della società di persone, richiamata per le società in accomandita attraverso il rinvio dell’art. 2315 c.c., prevede all’art. 2260 comma 2 c.c. solo l’azione di responsabilità sociale, esperibile dalla società nei confronti degli amministratori per ottenere il risarcimento del danno arrecato al patrimonio sociale dall’inadempimento degli obblighi ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale. In coerenza con la mancanza di autonomia patrimoniale perfetta delle società di persone e con il regime generale di responsabilità personale dei soci per i debiti sociali non è, invece, prevista l’azione dei creditori sociali nei confronti degli amministratori, che sono di norma anche soci illimitatamente responsabili, già esposti direttamente con il loro patrimonio nei confronti dei creditori sociali. Né è possibile l’applicazione analogica dell’art. 2394 c.c., norma di carattere speciale che, in deroga ai principi generali della responsabilità aquiliana, consente ai creditori, nel contesto di limitazione al patrimonio sociale della responsabilità per i debiti sociali delle società di capitali, di ottenere il risarcimento del danno subito per effetto dell’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare le loro pretese che solo indirettamente lambisce la loro sfera giuridica.
L’unica azione che può coesistere con l’azione di responsabilità sociale nelle società di persone è l’azione individuale del socio o del terzo direttamente danneggiati dal comportamento illegittimo del socio amministratore che, in applicazione analogica dell’art. 2395 c.c. fondato sul principio generale del neminem laedere dell’art. 2043 c.c., esige, però, la deduzione e prova di un pregiudizio che non sia il mero riflesso del danno subito dal patrimonio sociale. L’esercizio dell’azione individuale del terzo danneggiato non è, quindi, esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l’art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato direttamente dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società.
Una volta che la società abbia analiticamente individuato i prelievi e pagamenti privi di giustificazione in relazione all’attività sociale grava sull’amministratore, equiparato nella società di persone al mandatario e quindi legato all’ente da rapporto contrattuale, l’onere di fornire la prova liberatoria dalla responsabilità per l’inadempimento degli obblighi derivanti dalla carica, ai sensi dell’art. 1218 c.c., dimostrando attraverso le scritture contabili giustificative o con altra adeguata evidenza probatoria che il denaro sociale oggetto dei prelievi e pagamenti contestati era stato impiegato per saldare debiti della società o sostenere i costi dell’attività di impresa.
La configurabilità del ruolo dell’amministratore di fatto nella s.a.s. prescinde dalla soluzione della dibattuta questione della possibilità che un terzo estraneo alla compagine sociale assuma formalmente il ruolo di amministratore che l’art. 2318, co. 2, c.c. riserva esclusivamente ai soci accomandatari illimitatamente responsabili per le obbligazioni assunte nella gestione sociale, ma che l’art. 2323, co. 2, c.c. permette sia svolto da un amministratore provvisorio ove siano rimasti solo soci accomandanti, così slegando l’esercizio dei poteri gestori dalla responsabilità personale del socio. Il soggetto estraneo alla compagine sociale che in via di fatto si arroghi i poteri gestori spettanti al socio accomandatario amministratore è, infatti, senza alcun dubbio tenuto a rispondere nei confronti della società, dei soci e degli eventuali terzi danneggiati della gestione del patrimonio altrui compiuta in assenza di investitura formale, indipendentemente dal fatto che gli si riconosca o meno la possibilità di rivestire formalmente la carica in relazione alla struttura specifica della società amministrata.
La figura dell’amministratore di fatto presuppone l’esercizio di attività di gestione dell’impresa continuativa e sistematica con autonomia decisionale e funzioni operative esterne di rappresentanza di cui sono indici sintomatici l’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive nei rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti attraverso il conferimento di deleghe o di ampie procure generali ad negotia in settori nevralgici dell’attività di impresa e la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria nell’inerzia costante e nell’assenza abituale dell’amministratore di diritto.
Diritto agli utili del socio accomandante e mancata presentazione del rendiconto da parte dell’accomandatario
Nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, nel quale l’opposto riveste la qualità sostanziale di attore e l’opponente la qualità sostanziale di convenuto, benchè formalmente attore, il thema decidendum risulta determinato dall’oggetto della domanda proposta dall’opposto nella fase monitoria, sicchè parte opponente è legittimata a proporre una domanda riconvenzionale mentre l’opposto può formulare riconvenzionali nei limiti della reconventio reconventionis. Se la domanda monitoria non investe la competenza della Sezione Specializzata per le Imprese, prevista dall’art. 3 d.lgs. 168/2003 per i rapporti relativi alle società di capitali, tuttavia la proposizione, in via riconvenzionale, dell’azione di responsabilità verso il socio accomandatario determina la competenza collegiale a norma dell’art. 50 bis c.p.c., pur se deve dichiararsene l’inammissibilità.
In materia di notificazione del decreto ingiuntivo, vige il principio della scissione degli effetti della notifica, secondo cui il termine si considera osservato per il notificante alla data in cui lo stesso effettua gli adempimenti a sua cura, ma il termine di impugnazione dell’atto decorre per il destinatario dalla data della ricezione della notifica stessa.
Legittimità dell’assunzione della carica di amministratore provvisorio ex art. 2323 secondo comma c.c. da parte del socio accomandante
Non sussistono motivi ostativi all’assunzione, da parte del socio accomandante, della qualifica di amministratore provvisorio ex art. 2323 secondo comma c.c. Non appare, infatti, meritevole di seguito quell’orientamento giurisprudenziale negativo che fa leva sulla (assoluta) incompatibilità tra qualifica di accomandante e assunzione di funzioni gestorie nell’ambito della società, atteso che proprio l’art. 2323 c.c. introduce una parziale deroga al divieto di immistione di cui all’art. 2320 c.c., ammessa nella sola eccezionale ipotesi in cui la società sia rimasta senza accomandatari e con le limitazioni (temporali e contenutistiche) previste dal medesimo articolo. D’altro canto la stessa affermazione secondo cui “l’amministratore provvisorio non assume la qualità di accomandatario” ha un senso soltanto con riferimento all’accomandante che è nominato a tale carica. Ad opinare diversamente, occorrerebbe concludere che la norma imponga, di necessità, la nomina ad amministratore provvisorio di un soggetto estraneo alla compagine sociale: soluzione che non appare convincente, avuto riguardo alla natura personalistica della società in accomandita semplice ove l’intuitus personae assume primario rilievo. Va da sé che, ove l’accomandante-amministratore provvisorio non dovesse rispettare le limitazioni di cui sopra, tornerebbe ad applicarsi la norma generale ex art. 2320 c.c.
Revoca cautelare delle funzioni di amministratore in capo al socio accomandatario
Legittimati a chiedere la revoca per giusta causa dell’amministratore ai sensi dell’art. 2259 c.c. (applicabile anche ai soci accomandatari amministratori) sono solo i soci e non la società.
Inattività di s.a.s. e legittimazione alla presentazione del ricorso per la liquidazione della società
Ai sensi dell’art. 2275 c.c., può chiedersi al Presidente del Tribunale la nomina del liquidatore nel caso in cui una s.a.s. – che non ha mai in sostanza operato stante il disinteresse di tutti i soci – si trovi in una situazione di assoluta inerzia assimilabile [ LEGGI TUTTO ]
Giusta causa di recesso dell’accomandante e valore di liquidazione della quota
Sussiste una giusta causa di recesso dell’accomandante qualora l’accomandatario ponga in essere comportamenti in violazione dell’obbligo di correttezza e lealtà tra soci [ LEGGI TUTTO ]
Esclusione del socio accomandante preposto alla cura della contabilità e divieto di immistione
È illegittima la delibera con cui viene escluso un socio accomandante, incaricato dagli accomandatari alla gestione della contabilità: (i) per non aver fornito a questi la situazione contabile, laddove lo stesso accomandante provi di esser stato impossibilitato alla redazione di detta situazione [ LEGGI TUTTO ]
Esclusione di socio accomandatario e formalità della decisione
Ai sensi dell’art. 2287 c.c., applicabile anche ai soci accomandatari di una s.a.s. mercé il rinvio dell’art. 2318, l’esclusione di un socio di una società di persone non richiede la convocazione dell’assemblea dei soci e l’espressione della volontà in sede assembleare, essendo sufficiente [ LEGGI TUTTO ]