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20 Luglio 2023

I soci di s.r.l. titolari di un terzo del capitale sono legittimati a convocare l’assemblea

Con riferimento alla tempestività della convocazione dell’assemblea di s.r.l., salvo che l’atto costitutivo non contenga una disciplina diversa, deve presumersi che l’assemblea sia validamente costituita ogni qual volta i relativi avvisi di convocazione siano stati spediti agli aventi diritto almeno otto giorni prima dell’adunanza (o nel diverso termine eventualmente in proposito indicato dall’atto costitutivo), ma tale presunzione può essere vinta nel caso in cui il destinatario dimostri che, per causa a lui non imputabile, egli non abbia affatto ricevuto l’avviso di convocazione o lo abbia ricevuto così tardi da non consentirgli di prendere parte all’adunanza, in base a circostanze di fatto il cui accertamento e la cui valutazione in concreto sono riservati alla cognizione del giudice di merito.

Nelle società a responsabilità limitata, il potere di convocare l’assemblea, in caso di inerzia dell’organo di gestione, deve riconoscersi, nel silenzio della legge e dell’atto costitutivo, ai soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale, stante, da un lato, il mancato richiamo, nella disciplina di tali società, dell’art. 2367 c.c., dettato per le società per azioni e non applicabile in via analogica, attesa la forte differenza tra i due tipi societari, e, dall’altro, l’inutilizzabilità dell’art. 2487 c.c., in quanto relativo alla nomina e revoca non degli amministratori ma dei liquidatori. Tale legittimazione dei soci non può, tuttavia, dirsi esente da limiti: il potere del socio (o dei soci) è, infatti, condizionato, trovando il proprio presupposto legittimante nella inerzia degli amministratori.

L’inapplicabilità alle s.r.l. dell’art. 2367 c.c. si spiega non per il fatto che per tali società non sia necessario il requisito dell’inerzia dell’organo gestorio, ma per il fatto che non è prevista, in caso di inerzia dell’organo gestorio, la facoltà dei soci di ricorrere al presidente del tribunale. Resta, dunque, imprescindibile, anche per le s.r.l., l’inerzia dell’organo gestorio quale presupposto per la legittimazione alla convocazione assembleare da parte dei soci che rappresentano il terzo del capitale sociale, a nulla rilevando che, in tema di delibera di revoca dell’amministratore, tale inerzia sia presumibile.

Nel giudizio di impugnazione di una deliberazione assembleare si verifica la cessazione della materia del contendere e non si può procedere alla dichiarazione di nullità o all’annullamento della deliberazione impugnata, quando risulti che l’assemblea dei soci, regolarmente riconvocata, abbia validamente deliberato sugli stessi argomenti della deliberazione impugnata. La nuova deliberazione, emessa dall’assemblea nuovamente convocata e regolarmente costituita, deve avere lo stesso oggetto della prima e dalla stessa deve risultare, quanto meno implicitamente, la volontà dell’assemblea di sostituire la deliberazione invalida, ponendo in tal modo in essere un atto sostitutivo ovvero ratificante di quello invalido ed una rinnovazione sanante con effetti retroattivi.

18 Luglio 2023

Adeguatezza degli assetti organizzativi a prevenire la commissione di reati

L’organo amministrativo è specificamente tenuto ad adottare un assetto organizzativo adeguato anche alla prevenzione dei reati onde evitare che siano perpetrati illeciti penali nell’esecuzione dell’attività di impresa e deve, quindi, in mancanza di prova delle misure assunte a tale scopo, rispondere del danno derivato al patrimonio sociale dall’applicazione della sanzione amministrativa conseguente alla commissione del reato. [Nel caso di specie, il Tribunale ha condannato l’intero consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata per avere, due soli di essi, commesso reato di corruzione di un funzionario della P.A. accertato in sede penale].

In materia di responsabilità da reato degli enti, il fallimento della società non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo previsto dal d. lgs. 231/2001 o delle sanzioni irrogate a seguito del suo accertamento, mentre il credito dell’amministrazione finanziaria, sorto per effetto dell’accertamento di un fatto anteriore all’apertura della procedura concorsuale, è soggetto alle regole del concorso e deve essere fatto valere mediante insinuazione al passivo come credito munito del privilegio secondo le disposizioni del codice di procedura penale sui crediti dipendenti da reato ai sensi dell’art. 27, co. 2, d. lgs. 231/2001. La sanzione irrogata nel corso del fallimento potrà legittimare la pretesa creditoria dello Stato al recupero dell’importo di natura economica mediante la insinuazione al passivo. Si tratta, peraltro, di credito assistito da privilegio, la cui funzione pratica sarebbe assai limitata se tale causa di prelazione non potesse essere azionata in caso di fallimento della società.

Ove la transazione stipulata tra il creditore e uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.

17 Luglio 2023

Responsabilità degli amministratori di s.r.l. nei confronti della società

L’art. 2392 c.c. contiene una regola applicabile anche agli amministratori della società a responsabilità limitata. L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti.

17 Luglio 2023

Responsabilità dell’intero CdA per condotte distrattive poste in essere da un singolo consigliere

Ove la transazione stipulata tra il creditore ed uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideate di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.

6 Luglio 2023

Ambito applicativo della clausola compromissoria statutaria

La clausola compromissoria contenuto nello statuto sociale di una società a responsabilità limitata, a norma della quale: “qualsiasi controversia che dovesse insorgere tra i soci , o tra i soci e la società, avente ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale, oppure nei confronti di amministratori, sindaci e liquidatori o tra questi, o da essi promossa”, è applicabile anche al caso in cui il soggetto che abbia tenuto la condotta oggetto di censura, pur non rivestendo più la qualifica di amministratore al tempo in cui la causa sia stata radicata, abbia compiuto gli atti censurati nella qualità di amministratore, ciò comportando un’estensione della vigenza temporale della disposizione statutaria, che appare idonea a radicare la competenza anche per vicende pregresse, nonostante la cessazione della carica di amministratore.

19 Giugno 2023

La compromettibilità in arbitri del diritto al compenso dell’amministratore di s.r.l.

Deve ritenersi opponibile l’eccezione di patto compromissorio avverso la domanda di pagamento del compenso spettante per la carica di amministratore unico di società a responsabilità limitata, in quanto rispettosa dei dettami statuiti dagli artt. 806 ss. c.p.c. e tenuto conto che la domanda di compenso può senz’altro essere devoluta alla decisione arbitrale, non trattandosi di diritto indisponibile, né di fattispecie rientrante tra le controversie di cui all’art. 409 c.p.c. Infatti, il rapporto che lega l’amministratore alla società è un rapporto di immedesimazione organica, che non può essere qualificato né quale rapporto di lavoro subordinato, non essendovi un assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare di altri, né di collaborazione continuata e coordinata.

9 Giugno 2023

Responsabilità degli amministratori di s.r.l. per il rimborso di finanziamenti postergati e onere della prova

L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti. [Nel caso di specie, il Tribunale ha ritenuto non fondate alcune contestazioni rivolte da parte di una società a responsabilità limitata nei confronti di due amministratori. Più nello specifico, le contestazioni riguardavano inadempimenti e negligenze dal punto di vista della tenuta della contabilità e la conseguente emersione di una situazione debitoria non riscontrabile dalla documentazione sociale, nonché alcuni prelievi indebiti da parte degli amministratori dalle casse sociali].

In applicazione dell’art. 2467 c.c., per poter ritenere sussistente l’obbligo di postergazione del credito è necessario verificare che la società di trovi nella situazione di squilibrio delineata dalla norma, non solo alla concessione del finanziamento, ma anche in quello della restituzione.

Nel caso in cui la compagine sociale di una società a responsabilità limitata sia formata da soci amministratori, la mancata determinazione in sede assembleare circa il diritto al compenso dei medesimi per la carica gestoria, ne implica la volontà implicita di rinunciarvi.

6 Giugno 2023

Contratto di cessione di partecipazioni sociali e azione di rescissione per lesione

E’ ammessa la possibilità di introdurre una nuova domanda anche in sede della prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. purché la stessa sia fondata sui medesimi fatti costituitivi e si ponga in una situazione di incompatibilità rispetto all’originaria domanda ovvero sia conseguenza della domanda riconvenzionale proposta dalla parte convenuta.

L’azione generale di rescissione per lesione ex art. 1448 c.c. rappresenta un rimedio che la legge predispone a favore di un soggetto che abbia concluso a particolari condizioni un contratto in uno stato di “bisogno”, situazione in cui la persona può essere salvata con una prestazione che non sia di fare o in cui il pericolo riguardi non la sfera personale, ma i beni del contraente.

Secondo l’art. 1448 c.c., l’esperimento dell’azione di rescissione del contratto di acquisto di quote sociali è possibile solo in caso di simultanea concorrenza dei tre requisiti: a) della lesione, b) dello stato di bisogno e c) dell’approfittamento di chi si trova in una situazione di anomala e pregiudizievole alterazione della libertà negoziale, in violazione del principio di solidarietà sancito dalla Costituzione o dei doveri di buona fede e correttezza contrattuale.

Lo stato di bisogno, che deve costituire la spinta psicologica a contrarre, non coincide necessariamente con l’assoluta indigenza o condizione di povertà e nullatenenza, ma può essere rappresentato anche da una semplice, obiettiva difficoltà economica o da una contingente carenza di liquidità o momentanea indisponibilità di denaro che sia risultata determinante della volizione negoziale e della disponibilità ad accettare un corrispettivo non proporzionato alla propria prestazione.

La nullità del contratto può derivare esclusivamente (i) dalla violazione di norma imperativa (c.d. nullità virtuale) o (ii) dalla assenza, illiceità, impossibilità dell’oggetto o della causa (c.d. nullità strutturale) o, infine, (iii) dalla legge (c.d. nullità testuale). Al contrario, la mera iniquità di un contratto a prestazioni corrispettive non è causa di nullità del contratto, potendo la sproporzione tra prestazioni al più comportare l’annullamento del contratto (se effetto di dolo determinante ex art. 1439 c.c.) o la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.

La minaccia di far valere un diritto assume i caratteri della violenza morale, invalidante il consenso prestato per la stipulazione del contratto ai sensi dell’art. 1438 c.c., soltanto se è diretta a conseguire un vantaggio ingiusto, situazione che si verifica quando il fine ultimo perseguito consiste nella realizzazione di un risultato che, oltre ad essere abnorme e diverso da quello conseguibile attraverso l’esercizio del diritto medesimo, sia iniquo ed esorbiti dall’oggetto di quest’ultimo, e non quando il vantaggio perseguito sia solo quello del soddisfacimento del diritto nei
modi previsti dall’ordinamento.

Non costituisce ipotesi di minaccia di fare valere un diritto prevista dall’art.1438 c.c. la semplice minaccia di adire le vie giudiziarie per ottenere l’annullamento di un contratto di cessione di quote sociali su uno specifico presupposto previsto dalla legge.

29 Maggio 2023

Responsabilità di amministratori e liquidatori di s.r.l. nei confronti dei creditori

Ai sensi dell’art. 2476, co. 6, c.c., gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale e la relativa azione di responsabilità può essere esperita dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. Tale disposizione, al pari dell’art. 2394 c.c. in materia di s.p.a., attribuisce ai creditori sociali di s.r.l., quali soggetti terzi, la legittimazione ad agire nei confronti degli amministratori che, violando i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto, hanno pregiudicato l’integrità ed il valore del patrimonio sociale, impendendo, in tal modo, il soddisfacimento della loro legittima pretesa creditoria. La norma configura un’ipotesi speciale di responsabilità aquiliana che, secondo l’ordinario criterio di riparto dell’onere probatorio, addossa in capo ai creditori sociali che promuovono il giudizio di responsabilità l’onere di provare l’inosservanza da parte dell’amministratore degli obblighi inerenti la conservazione del patrimonio sociale, che tali inadempimenti sono dovuti a dolo o colpa e, infine, che hanno provocato l’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti sociali. Una siffatta responsabilità, quindi, presuppone anzitutto il riscontro di un’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori che sia causalmente connessa all’inosservanza, da parte dell’amministratore, degli obblighi inerenti alla conservazione del patrimonio sociale. Ad analoga disciplina, inoltre, è soggetta la responsabilità del liquidatore a norma degli artt. 2489 ss. c.c., che può essere fatta valere anche dai creditori rimasti insoddisfatti a seguito della cancellazione della società (art. 2495 c.c.).

Sussiste la responsabilità personale illimitata (extracontrattuale) dell’ex liquidatore nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti qualora, dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese, il terzo leso nei propri diritti creditori verso la società estinta dimostri in giudizio (i) la sussistenza del proprio credito, certo, liquido ed esigibile al tempo della liquidazione; (ii) il danno subìto per effetto del comportamento doloso/colposo dell’ex liquidatore che abbia omesso di effettuare una completa ricognizione dei crediti/debiti sociali esistenti al tempo della liquidazione, con conseguente omessa considerazione del credito che è stato pretermesso e/o nell’aver violato il principio della par condicio creditorum senza tenere in dovuto conto le legittime cause di prelazione oppure effettuando pagamenti preferenziali; nonché (iii) il nesso causale tra il danno lamentato e il comportamento doloso/colposo dell’ex liquidatore nei termini appena indicati. L’ex liquidatore chiamato in causa potrà fornire la prova liberatoria dimostrando che l’insussistenza, nel bilancio finale di liquidazione, di massa attiva utile a soddisfare il creditore che lamenta la lesione del proprio diritto, non è dipesa da propri comportamenti omissivi/commissivi che abbiano cagionato la lesione della par condicio creditorum e/o pagamenti preferenziali e/o una incompleta ricognizione dei debiti/crediti sociali, di talché non potrà essere ritenuto personalmente responsabile verso il creditore sociale insoddisfatto.

25 Maggio 2023

Azione di responsabilità da direzione e coordinamento esercitata dal curatore

In caso di fallimento di una società, la clausola compromissoria contenuta nello statuto della stessa non è applicabile all’azione di responsabilità proposta dal curatore ai sensi dell’art. 146 L.F.

L’art. 2497 c.c. è applicabile anche nelle ipotesi in cui il potere di etero-direzione competa ad un soggetto pubblico (enti locali compresi) purché diverso dallo Stato, e la relativa partecipazione in società (o anche la costituzione in una società in house) venga attuata non solo per scopi lucrativi, ma anche per la realizzazione di finalità istituzionali che richiedano lo svolgimento di attività economica o finanziaria da realizzare attraverso la società partecipata.

La mera titolarità, in capo ad un ente, di una posizione di controllo e di conseguenti poteri di direzione nei confronti di altra società non implica, di per sé, la responsabilità dello stesso per ogni scelta ed attività posta in essere dagli amministratori preposti alla gestione della società eterodiretta. Al contrario, la responsabilità ex art. 2497, comma 1, c.c. presuppone che il pregiudizio alla redditività ed al valore della partecipazione dei soci (di minoranza) della società eterodiretta, e/o la lesione dell’integrità del patrimonio sociale, con susseguente insufficienza dello stesso al soddisfacimento dei creditori sociali, sia portato e conseguenza di attività e scelte poste in essere in esecuzione di direttive ascrivibili alla cd. holding ed integranti esercizio abusivo ed illegittimo dell’attività di direzione e coordinamento, in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale della società eterodiretta.

L’attività di direzione e coordinamento si distingue dall’amministrazione di fatto della società controllata: l’ente dirigente non agisce compiendo esso stesso atti di gestione della società eterodiretta rilevanti verso i terzi e/o spendendo il nome della stessa sì da generare un effetto di imputazione alla medesima eterodiretta dei suoi atti; l’ente dirigente, invece, influenza o determina le scelte operate dagli amministratori della società diretta, che si tradurranno in atti gestori rilevanti verso i terzi compiuti, in esecuzione delle direttive, dagli amministratori della stessa eterodiretta.