Annullamento del contratto di cessione di quote sociali
Il dolo, quale vizio del consenso e causa di annullamento del contratto, assume rilevanza quando incida sul processo formativo del consenso, dando origine ad una falsa o distorta rappresentazione della realtà all’esito della quale il contraente si sia determinato a stipulare; ne consegue che l’effetto invalidante dell’errore frutto di dolo è subordinato alla circostanza, della cui prova è onerata la parte che lo deduce, che la volontà negoziale sia stata manifestata in presenza od in costanza di questa falsa rappresentazione.
La cessione delle azioni di una società di capitali o di persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale – e, di riverbero, alla consistenza economica della partecipazione – possono giustificare l’annullamento del contratto per errore o, ai sensi dell’art. 1497 c.c., la risoluzione per difetto di “qualità” della cosa venduta (necessariamente attinente ai diritti e obblighi che, in concreto, la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire e non al suo valore economico), solo se il cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali, ovvero nel caso di dolo di un contraente, quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società siano accompagnate da malizie ed astuzie volte a realizzare l’inganno ed idonee, in concreto, a sorprendere una persona di normale diligenza.
Il dolo contrattuale può manifestarsi anche in forma omissiva, laddove si nascondano alla conoscenza del deceptus, con il silenzio o con la reticenza, fatti o circostanze decisive per la manifestazione del consenso, ma al fine di connotare la reticenza o il silenzio come causa di annullamento del contratto, è necessario che l’inerzia della parte si inserisca in un complessivo comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito, alterando la rappresentazione della realtà.
Annullamento per dolo del contratto preliminare di cessione di quote
In tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento – salvo che si tratti di obbligazioni negative – deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dall’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Uguale criterio di riparto dell’onere probatorio deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., risultando in tal caso invertiti i ruoli delle parti in lite.
Ai fini dell’annullamento del contratto per dolo, non è sufficiente una qualunque influenza psicologica sull’altro contraente, ma occorre la presenza di artifizi, raggiri o menzogne tali da determinare una falsa rappresentazione della realtà idonea ad ingenerare un errore essenziale in una persona di normale diligenza, il cui accertamento spetta al giudice del merito, il quale è tenuto a motivare specificamente in ordine alle concrete circostanze – la cui prova è a carico del deceptor – dalle quali desumere che l’altra parte già conosceva o poteva rendersi conto ictu oculi dell’inganno perpetrato nei suoi confronti. In tema di dolo quale causa di annullamento del contratto, sia nella ipotesi di dolo commissivo che in quella di dolo omissivo, gli artifici o i raggiri, la reticenza o il silenzio devono essere valutati in relazione alle particolari circostanze di fatto e alle qualità e condizioni soggettive dell’altra parte, onde stabilire se erano idonei a sorprendere una persona di normale diligenza, giacché l’affidamento non può ricevere tutela giuridica se fondato sulla negligenza.
In ipotesi di dichiarazione sottoscritta, pur se contenuta in più fogli dei quali solo l’ultimo firmato, poiché la sottoscrizione, ai sensi dell’art. 2702 c.c., si riferisce all’intera dichiarazione e non al solo foglio che la contiene, la scrittura privata deve ritenersi valida ed efficace nel suo complesso, rimanendo irrilevante la mancata sottoscrizione dei fogli precedenti, con la conseguenza che, al fine di impedire che l’intero contenuto della scrittura faccia stato nei confronti del sottoscrittore, quest’ultimo ha l’onere di proporre querela di falso.
La somma di denaro che, all’atto della conclusione di un contratto di compravendita, una parte consegna all’altra a titolo di “caparra confirmatoria e principio di pagamento” va intesa – alla stregua di un corretto procedimento ermeneutico della cennata espressione contrattuale – impiegata per la sua intera entità per assolvere alla duplice funzione, alternativa, della caparra confirmatoria, di preventiva liquidazione del danno, per il caso di inadempimento, ovvero di anticipato parziale pagamento, per l’ipotesi di adempimento; salvo che da elementi intrinseci al contratto possa desumersi che i contraenti abbiano voluto limitare a una parte soltanto della somma versata la funzione di caparra, attribuendo all’altra parte della somma la qualifica di mero acconto del prezzo dovuto.
(In)validità della cessione di brevetto per vizi del consenso
Nel giudizio sulla validità della cessione di brevetto industriale per vizi del consenso, va rilevato dapprima che l’atto di cessione di un brevetto non richiede la forma scritta ad substantiam, che è prevista solo per la trascrizione presso l’Ufficio centrale dei brevetti. Al riguardo, la giurisprudenza riconosce la possibilità di provare l’avvenuta cessione dei diritti patrimoniali del brevetto anche tramite presunzioni semplici. Pertanto, non ha pregio la tesi per cui il conferimento del brevetto dall’inventore a un terzo avrebbe dovuto richiedere la stipula di un atto pubblico redatto da un notaio.
L’uso della lingua inglese non può in alcun modo integrare un artifizio o un raggiro in quanto chi si appresta a sottoscrivere un contratto ben potrebbe pretendere dal proponente la versione del documento contrattuale in lingua italiana o rivolgersi ad un interprete per la traduzione del testo.
Ai fini della validità della cessione rileva anche l’eventuale manifestazione di intenti sottoscritta tra le parti precedentemente alla cessione, da cui emerga la volontà di trasferire il brevetto, ma ne sia esclusa la vincolatività delle pattuizioni in essa contenute, se il successivo comportamento delle parti abbia confermato la volontà di dare attuazione a tale regolamento negoziale.
Sull’annullabilità dell’accordo transattivo avente ad oggetto la cessione di quote sociali
Ai fini dell’annullamento per dolo dell’accordo transattivo avente ad oggetto una lite sulla cessione di quote sociali, rileva solo la condotta di natura omissiva del convenuto che abbia nascosto informazioni rilevanti per il promissario acquirente al fine di indurlo all’acquisto delle quote, e non anche una condotta commissiva consistente nella viziata rappresentazione della realtà preesistente all’accordo di cessione. Infatti, solo la condotta omissiva, collocandosi dopo la conclusione del contratto di cessione e prima della transazione, rileva in via immediata e diretta ai fini dell’annullamento dell’accordo transattivo. Tuttavia, la condotta omissiva, ove presente, non sarebbe tuttavia idonea ad essere qualificata come dolo qualora fosse circoscritta ad un affare di valore non determinante per la scelta di prestare il consenso alla transazione.
Cessione di azioni societarie e condizioni per l’annullamento del contratto per vizi di “qualità”
La cessione delle azioni di una società di capitali o di persone fisiche ha come oggetto immediato la partecipazione sociale e solo quale oggetto mediato la quota parte del patrimonio sociale che tale partecipazione rappresenta. Pertanto, le carenze o i vizi relativi alle caratteristiche e al valore dei beni ricompresi nel patrimonio sociale – e, di riverbero, alla consistenza economica della partecipazione – possono giustificare l’annullamento del contratto per errore o, ai sensi dell’art. 1497 cod. civ., la risoluzione per difetto di “qualità” della cosa venduta (necessariamente attinente ai diritti e obblighi che, in concreto, la partecipazione sociale sia idonea ad attribuire e non al suo valore economico), solo se il cedente abbia fornito, a tale riguardo, specifiche garanzie contrattuali, ovvero nel caso di dolo di un contraente, quando il mendacio o le omissioni sulla situazione patrimoniale della società siano accompagnate da malizie ed astuzie volte a realizzare l’inganno ed idonee, in concreto, a sorprendere una persona di normale diligenza.
Le dichiarazioni menzognere (cosiddetto mendacio) sono idonee ad integrare raggiri – e, dunque, a configurare il dolo contrattuale – la cui rilevanza è tanto maggiore in relazione all’affidabilità intrinseca degli atti utilizzati (come quelli contabili destinati a rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria di una società) e se siano rese da una parte con la deliberata finalità di offrire una rappresentazione alterata della veridicità dei presupposti di fatto rilevanti per la determinazione del prezzo di cessione delle quote sociali e di viziare nell’altra parte il processo formativo della volontà negoziale. La valutazione della idoneità di tale comportamento a coartare la volontà del “deceptus” è riservata al giudice del merito, il quale è tenuto a motivare specificamente in ordine alle concrete circostanze – la cui prova è a carico del “deceptor” – dalle quali desumere che l’altra parte già conosceva o poteva rendersi conto “ictu oculi” dell’inganno perpetrato nei suoi confronti [nel caso di specie il Tribunale ha escluso la ricorrenza di un dolo determinante, in considerazione tra l’altro dello svolgimento di una due diligence].
Il caso Mediaset-Vivendi: condotta volta ad impedire l’avveramento di una condizione sospensiva, cui è subordinata l’esecuzione di un contratto, e conseguenze risarcitorie
In presenza di un contratto di trasferimento di partecipazioni societarie, la cui esecuzione sia subordinata alla condizione sospensiva del rilascio da parte delle Autorità preposte delle autorizzazioni necessarie all’attuazione dell’operazione secondo le disposizioni normative nazionali e sovranazionali, specialmente di carattere antitrust, costituisce inadempimento contrattuale la condotta della parte che consapevolmente non attui le obbligazioni assunte per favorire il rilascio, da parte della Commissione Europea, della dichiarazione di compatibilità dell’accordo col mercato comune. Il mancato avveramento di tale condizione sospensiva per effetto di siffatte condotte obbliga la parte inadempiente al risarcimento del danno. [ LEGGI TUTTO ]
Annullamento per dolo del contratto di locazione stipulato tra socio e cooperativa
E’ annullabile per vizio del consenso il contratto stipulato tra socio di cooperativa e cooperativa, nell’ambito di un programma regionale di edilizia agevolata, avente ad oggetto la locazione di un immobile espressamente finalizzata ad un successivo riscatto del medesimo, laddove il riscatto non sia effettuabile per via di esplicito divieto dettato dalla legge regionale.
Il dolo contrattuale può manifestarsi anche in forma omissiva, laddove si nascondano alla conoscenza del deceptus, con il silenzio o con la reticenza, fatti o circostanze decisive per la manifestazione del consenso. Al fine di connotare la reticenza o il silenzio come causa di annullamento del contratto, la giur. richiede che l’inerzia della parte si inserisca in un complessivo comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito, alterando la rappresentazione della realtà.
L’annullamento del contratto di locazione, pur operando retroattivamente, non comporta il diritto del conduttore ad ottenere la ripetizione dei canoni medio tempore pagati, giacché l’occupazione dell’immobile comporta la necessità di pagare la relativa indennità. Analogamente, non sono soggette a ripetizione le spese condominiali.
Una cooperativa edilizia che benefici di un finanziamento pubblico per porre in essere un intervento edilizio nell’ambito di un piano di edilizia agevolata, può, coerentemente con i principi mutualistici, porre, in tutto o in parte, il rimborso del finanziamento in capo ai soci che stipulino contratti di godimento degli immobili agevolati e, trovandosi nella fascia superiore di reddito, hanno titolo a riscattare il proprio alloggio; non è invece coerente con il principio mutualistico che il rimborso del finanziamento sia invece posto indifferentemente in capo a tutti i soci, compresi quelli con minore redditi e privi della possibilità di riscattare il proprio alloggio.
Contratto di acquisto di partecipazioni sociali: annullamento per dolo, aliud pro alio e presupposizione
Rigetto della domanda di annullamento per dolo di contratto di compravendita di quote di S.r.l.
Deve essere rigettata la domanda di annullamento per dolo di un contratto di compravendita avente ad oggetto una partecipazione di minoranza in una società a responsabilità limitata, allorché
(i) l’attore si sia servito, per tutto il corso delle trattative, dell’attività di consulenza di un notaio, suo professionista di fiducia,
(ii) che tale professionista, insieme all’attore, sia stato messo al corrente di ogni passaggio della trattativa, nonché
(iii) il definitivo accordo sul corrispettivo (di cui l’attore aveva contestato la congruità, ritenendolo sproporzionato rispetto al valore della società) sia stato raggiunto e ufficializzato mediante un messaggio di posta elettronica circolato a tutti i soggetti coinvolti nella trattativa (ivi compreso il notaio consulente dell’attore).