Sui motivi di impugnazione del lodo arbitrale irrituale
Nell’arbitrato irrituale, attesa la sua natura volta ad integrare una manifestazione di volontà negoziale sostitutiva di quella delle parti in conflitto, il lodo è impugnabile soltanto per i vizi che possono vulnerare simile manifestazione di volontà, con conseguente esclusione dell’impugnazione per nullità prevista dall’art. 828 c.p.c. Pertanto, l’errore del giudizio arbitrale, deducibile in sede di impugnazione, per essere rilevante, deve integrare gli estremi della essenzialità e riconoscibilità di cui agli artt. 1429 e 1431 c.c., mentre non rileva l’errore commesso dagli arbitri con riferimento alla determinazione adottata in base al convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti.
La violazione dei limiti del mandato conferito agli arbitri rileva ai fini della impugnazione del lodo ai sensi dell’art. 1429 c.c., cioè come errore che abbia inficiato la volontà contrattuale espressa dagli arbitri.
La parte che domanda l’annullamento del contratto per errore essenziale sulle qualità del bene ha l’onere di dedurre e provare, in caso di contestazione, i fatti dai quali tale qualità risulta, nonché l’essenzialità dell’errore e la sua riconoscibilità dalla controparte con l’uso dell’ordinaria diligenza, mentre la scusabilità dell’errore che abbia viziato la volontà del contraente al momento della conclusione del contratto è irrilevante ai fini dell’azione di annullamento, poiché deve aversi riguardo alla riconoscibilità dell’errore da parte dell’altro contraente.
Criteri di interpretazione della clausola compromissoria e impugnazione del lodo arbitrale
La qualificazione dell’arbitrato come rituale o irrituale deve desumersi da un complesso di elementi, quali il dato testuale, la volontà delle parti e il comportamento delle stesse, onde accertare se mediante la previsione della clausola compromissoria esse abbiano voluto ottenere la pronuncia di un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di una sentenza oppure se abbiano inteso affidare all’arbitro la soluzione di controversie solo attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla loro stessa volontà. Ai fini del discrimine tra le due figure, si è ritenuto che non possono essere ritenuti elementi decisivi per configurare l’arbitrato irrituale e per escludere quello rituale né il conferimento agli arbitri della potestà di decidere secondo equità, né la preventiva attribuzione alla pronuncia arbitrale del carattere della inappellabilità, né la previsione di esonero degli arbitri da formalità di procedura, dovendosi invece valorizzare, ai fini di una corretta lettura della volontà delle parti nel senso dell’arbitrato rituale, espressioni terminologiche congruenti con l’attività del “giudicare” e con il risultato di un “giudizio” in ordine ad una “controversia” (cfr. Cass. n. 833 del 1999; Cass. n. 10805 del 2014). Pertanto, il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell’arbitrato rituale non depone univocamente nel senso dell’irritualità dell’arbitrato, dovendosi tenere conto delle maggiori garanzie offerte dall’arbitrato rituale quanto all’efficacia esecutiva del lodo e al regime delle impugnazioni (cfr. Cass. n. 11313 del 2018).
L’interpretazione della clausola compromissoria e del compromesso, alla stregua di ogni altra espressione della volontà delle parti, spetta esclusivamente al giudice di merito. La decisione sul punto, se basata su un’esatta applicazione delle regole di ermeneutica e correttamente motivata, non è soggetta a controllo in sede di legittimità.
Ai fini dell’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile avverso il lodo, ciò che conta è, altresì, la natura dell’atto in concreto posto in essere dagli arbitri, più che la natura dell’arbitrato come prevista dalle parti (cfr. Cass. n. 25258 del 2013).
Differenze tra arbitrato rituale e irrituale
La distinzione tra lodo rituale e irrituale si sostanzia nel diverso regime processuale dei due lodi, ferma restando per entrambi la comune natura ed efficacia sostanziale di tipo negoziale: ossia nell’attribuzione al lodo rituale degli effetti processuali propri della sentenza e nell’esclusione per il lodo irrituale della possibilità di conseguire effetti esecutivi ai sensi dell’art. 825 c.p.c. e della impugnabilità innanzi alla corte d’appello in unico grado, per nullità, revocazione e opposizione di terzo, con un regime impugnatorio incompatibile con quello risultante dagli artt. 827 ss. c.p.c.
Mentre l’eccezione di compromesso riferita a una clausola di arbitrato rituale attiene alla competenza, in quanto all’attività degli arbitri rituali deve essere riconosciuta natura giurisdizionale e sostitutiva del giudice ordinario, alla stregua della disciplina introdotta nell’ordinamento dal d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, l’eccezione riferita ad una clausola di arbitrato irrituale attiene al merito, in quanto la pronuncia arbitrale ha natura negoziale e il compromesso si configura come patto di rinuncia all’azione giudiziaria e alla giurisdizione dello Stato con conseguente inapplicabilità delle norme dettate per l’arbitrato rituale, ivi compreso l’art. 819 ter c.p.c. L’eccezione con la quale si deduca l’esistenza, o si discuta dell’ampiezza, di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale non pone una questione di competenza dell’autorità giudiziaria, come nel diverso caso di clausola compromissoria per arbitrato rituale, ma contesta la proponibilità della domanda per avere i contraenti scelto la risoluzione negoziale della controversia rinunziando alla tutela giurisdizionale e la relativa decisione si connota come pronuncia su questione preliminare di merito, in quanto attinente alla validità o all’interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria.
Compenso dell’amministratore e clausola compromissoria per arbitrato irrituale
Il compenso dell’amministratore è oggetto di un diritto disponibile.
Con la clausola compromissoria per arbitrato irrituale, le parti hanno convenuto di rinunciare a sottoporre alla giurisdizione la decisione di eventuali loro controversie per rimettersi alla decisione, di natura negoziale, dell’arbitro. L’eccezione di arbitrato irrituale non integra, pertanto, questione di competenza, ma di proponibilità della causa nel merito. Per la stessa ragione, non vi è luogo a translatio iudicii.
Arbitrabilità dell’azione di nullità di delibera assembleare per omessa convocazione del socio
Le controversie in materia societaria possono, in linea generale, formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi: a tal fine, l’area della indisponibilità deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte. Ad es., attengono a diritti indisponibili le controversie relative a delibere assembleari aventi oggetto illecito o impossibile, che danno luogo a nullità rilevabile anche d’ufficio, e quelle prese in assoluta mancanza di informazione. In tale ultimo ambito, tuttavia, non può esser sussunta la mancata convocazione di un socio, idonea, in tesi, a viziare la delibera, ma che, secondo la definizione data, non costituisce un diritto indisponibile, la cui area deve ritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determina una reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte. In particolare, deve ritenersi che la controversia riguardante la nullità delle delibere assembleari per omessa convocazione di soci sia compromettibile in arbitri attesa la non coincidenza tra l’ambito delle nullità e l’area più ristretta dell’indisponibilità del diritto, dovendosi ricomprendere in quest’ultima esclusivamente le nullità insanabili, per le sole quali residua il regime dell’assoluta inderogabilità e pertanto dell’indisponibilità e non compromettibilità ad arbitri del relativo diritto. Alla luce di tale impostazione è da ritenersi ammissibile la competenza arbitrale per le controversie aventi ad oggetto, ad es., la nullità dell’assemblea per mancata convocazione del socio, in quanto tale fattispecie è soggetta al regime della sanatoria delle nullità previsto all’art. 2379-bis, co. 1, c.c. (infatti, il diritto all’informazione del singolo socio in occasione della convocazione di assemblea è oggetto di una previsione posta a garanzia di un interesse individuale del socio stesso e non anche di soggetti terzi e, di conseguenza, da quest’ultimo disponibile e rinunciabile). Allo stesso modo, è da ritenersi compromettibile in arbitri una controversia avente ad oggetto la nullità dell’assemblea per aver deliberato su temi estranei all’ordine del giorno.
Sulla natura giuridica dell’arbitrato irrituale e sua impugnabilità
In costanza della disciplina previgente alla riforma introdotta con il D. Lgs. 40 del 2006, stante l’assenza di una specifica normativa speciale, la giurisprudenza prevalente si era conformata all’orientamento dottrinale secondo il quale l’arbitrato irrituale, quale strumento di risoluzione delle controversie imperniato sull’affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole riconducibile alla volontà delle parti, aveva natura negoziale e, pertanto, il relativo lodo era impugnabile – fino all’entrata in vigore del d. lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 – solo per vizi della volontà negoziale o per incapacità delle parti o degli arbitri. Con l’introduzione dell’ impugnazione del lodo art. 808 ter c.p.c. irrituale, il legislatore ha invece formalizzato i possibili motivi di impugnazione del lodo irrituale, sottraendoli all’individuazione ermeneutica e cristallizzandoli in un elenco analitico, di natura tassativa.
La possibilità di estinguere il processo solo per alcune delle parti in causa presuppone che le domande siano tra loro scindibili e che il rapporto processuale possa pertanto proseguire solo tra alcuni dei soggetti evocati in giudizio (nel caso di specie l’istanza di estinzione è stata respinta, avendo il giudice valutato che il rapporto plurisoggettivo era unico e inscindibile).
Il carattere rituale di un lodo statutariamente definito “irrituale”
Qualora davanti al medesimo ufficio giudiziario pendano più cause connesse per pregiudizialità, il giudice della causa pregiudicata non può sospenderla ex art. 295 c.p.c., ma deve rimetterla al presidente del tribunale ai sensi dell’art. 274 c.p.c., perché questi valuti l’opportunità di assegnarla al giudice della causa pregiudicante, a nulla rilevando che i due giudizi siano soggetti a riti diversi, soccorrendo, in tal caso, la regola dettata dall’art. 40 c.p.c.
In caso di domanda di nullità del lodo, la qualificazione dell’arbitrato come rituale o irrituale costituisce un fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto tutelato, non potendo quindi qualificarsi come domanda o eccezione “nuova”, in quanto non si tratta di questione attinente alla competenza ma di una questione preliminare di merito.
Ai fini della qualificazione di un lodo come rituale o irrituale, nel caso in cui procedimento seguito sia del tutto assimilabile ad un giudizio contenzioso, (e cioè nell’ipotesi in cui, ad esempio, l’arbitro autorizzi lo scambio di memorie e di repliche, nomini un ctu, fissi l’udienza di precisazione delle conclusioni, disattenda un’eccezione di prescrizione e rigetti una domanda riconvenzionale), il lodo deve essere considerato rituale a prescindere da qualsiasi indicazione contenuta nello statuto sociale.
Azione sociale di responsabilità ex art. 2476 c.c. e annullamento di lodo arbitrale irrituale per vizio del contraddittorio
Ai sensi dell’art. 2476 c.c. il socio è investito di una legittimazione straordinaria, in quanto titolare del diritto dedotto in giudizio è la società. Per tale ragione, deve ritenersi che la società assuma la qualità di litisconsorte necessario del socio e che il socio agisca non uti singulus ma in qualità di sostituto processuale della società. Ne deriva che la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della società in persona di un curatore speciale costituisce un vizio di costituzione del rapporto processuale a cui consegue la nullità dell’intero giudizio, rilevabile in ogni stato e grado del processo.
Il lodo irrituale è soggetto al regime delle impugnative negoziali in ragione della sua natura di negozio di accertamento.
Impugnazione di lodo irrituale e omessa nomina del curatore speciale
Il giudice competente a decidere della domanda di impugnativa del lodo irrituale, per i motivi di cui all’art. 808 ter c.p.c., è il tribunale del luogo di pronuncia del lodo. Oltre ai casi di impugnabilità del lodo irrituale previsti dall’art. 808 ter c.p.c., il lodo irrituale è soggetto al regime delle impugnative negoziali, in ragione della sua natura di negozio di accertamento.
Quanto al perimetro del sindacato del giudice ordinario con riferimento all’errore, si osserva che nell’arbitrato irrituale, il lodo può essere impugnato per errore essenziale esclusivamente quando la formazione della volontà degli arbitri sia stata deviata da un’alterata percezione o da una falsa rappresentazione della realtà e degli elementi di fatto sottoposti al loro esame (c.d. errore di fatto), e non anche quando la deviazione attenga alla valutazione di una realtà i cui elementi siano stati esattamente percepiti (c.d. errore di giudizio). Ne consegue che il lodo irrituale non è impugnabile per errores in iudicando, neppure ove questi consistano in una erronea interpretazione dello stesso contratto stipulato dalle parti, che ha dato origine al mandato agli arbitri; né, più in generale, il lodo irrituale è annullabile per erronea applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale o, a maggior ragione, per un apprezzamento delle risultanze negoziali diverso da quello ritenuto dagli arbitri e non conforme alle aspettative della parte impugnante. Di conseguenza, il lodo arbitrale irrituale non è impugnabile per errori di diritto, ma solo per i vizi che possono vulnerare ogni manifestazione di volontà negoziale, come l’errore, la violenza, il dolo o l’incapacità delle parti che hanno conferito l’incarico e dell’arbitro stesso.
L’art. 2476 c.c. prevede che l’azione di responsabilità contro gli amministratori possa essere promossa dal singolo socio. Il socio, però, è investito di una legittimazione straordinaria, in quanto il titolare del diritto dedotto in giudizio è la società, che pertanto assume la qualità di litisconsorte necessario non dei convenuti bensì del socio, che agisce non uti singulus, ma in qualità di sostituto processuale della società. Tale conclusione trova conforto nella circostanza che l’interesse protetto è quello sociale, in quanto la società è soggetto creditore dell’obbligo inadempiuto e titolare del diritto al risarcimento dei danni, cui è riconosciuto il potere di rinunciare e transigere ex art. 2476, co. 5, c.c. La società, inoltre, in caso di accoglimento della domanda, è tenuta ex lege a rimborsare al socio che ha agito le spese legali. La necessaria partecipazione della società discende, quindi, dal principio generale in forza del quale ogni volta che il giudizio sia promosso da un soggetto investito di legittimazione straordinaria, è considerato litisconsorte necessario anche il soggetto titolare del diritto dedotto in giudizio dal sostituto, per garantire il rispetto del diritto al contraddittorio e alla difesa in giudizio, considerato che la sentenza produce effetti anche nei suoi confronti.
L’omessa nomina del curatore speciale nel caso di conflitto d’interesse costituisce un vizio di costituzione del rapporto processuale a cui consegue la nullità dell’intero giudizio, rilevabile in ogni stato e grado del processo, per violazione del principio del contraddittorio e, più in particolare, della garanzia del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost.
Incompetenza della sezione specializzata in materia di impresa
Non rientra nella competenza della Sezione Specializzata in materia di impresa l’impugnazione del provvedimento di esclusione da una società di persone, così come quello da un consorzio che non sia costituito in forma di società di capitali.
La presenza di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, nello statuto di una società, comporta l’improponibilità della domanda del socio per l’annullamento della delibera con cui è stato escluso dalla società.