Le conseguenze della mancata esecuzione dei conferimenti da parte del socio di s.r.l.
Il conferimento effettuato dal socio mediante compensazione tra il relativo debito incombente su quest’ultimo verso la società ed un credito a sua volta vantato dal socio medesimo nei confronti dell’ente è legittimo solamente nell’ipotesi di aumento del capitale sociale – nella quale tale modalità di estinzione del debito del socio non determina un pregiudizio per i creditori e la società – e non invece nell’ipotesi di versamento dei decimi del capitale originario, in quanto i conferimenti iniziali possono essere costituiti solo da beni inidonei a formare oggetto di garanzia patrimoniale.
In caso di morosità del socio ex art. 2466 c.c., il recupero forzoso del credito costituisce una mera facoltà per gli amministratori e non un obbligo. Come infatti lasciato intendere dall’espressione “qualora non ritengano utile promuovere azione per l’esecuzione dei conferimenti dovuti” contenuta nell’art. 2466 c.c., l’esercizio di tale azione viene rimesso alla discrezionalità dell’organo amministrativo, che può determinarsi nel senso di non procedere preventivamente nei confronti del socio moroso (ad esempio, per il verosimile difficile recupero del credito), senza dover fornire in proposito apposita giustificazione in assemblea.
L’abuso della regola di maggioranza è causa di annullamento della deliberazione assembleare quando essa non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società, in quanto il voto espresso sia ispirato al perseguimento di un interesse – di maggioranza – personale ed antitetico a quello sociale, oppure esso sia il risultato di una intenzionale attività fraudolenta dei soci maggioritari diretta a ledere i diritti dei soci di minoranza. Ai fini dell’annullamento della deliberazione assemblare, per eccesso di potere, è necessario provare che il voto determinante del socio di maggioranza è stato espresso allo scopo di ledere gli interessi degli altri soci, oppure che esso fosse in concreto preordinato ad avvantaggiare ingiustificatamente i soci di maggioranza in danno di quelli di minoranza, in violazione del canone generale di buona fede nell’esecuzione del contratto. L’onere della prova non deve ritenersi limitato ai sintomi dell’abuso della regola di maggioranza manifestatasi prima dell’azione della delibera impugnata, potendo, viceversa, farsi leva su comportamenti o indizi cronologicamente successivi, in grado di rivelarne ex post la sussistenza.
Impugnabilità delle delibere di approvazione del bilancio nelle società di capitali
Il fatto che l’85% del capitale sociale e l’intero complesso dei beni aziendali appartengano allo Stato, giusto provvedimento di confisca adottato ex lege 575/65, non vale a radicare la competenza, quale giudice dell’esecuzione, del Tribunale che ha disposto la confisca, in caso di impugnazione, da parte del socio di minoranza, delle delibere di approvazione dei bilanci d’esercizio di una società di capitali. A quest’ultimo, infatti, la legge riserva meramente l’accertamento e il soddisfacimento dei diritti dei creditori muniti di ipoteca iscritta sui beni confiscati anteriormente alla trascrizione del sequestro e di quelli che, sempre prima della trascrizione del sequestro, abbiano trascritto un pignoramento sui beni o siano intervenuti nell’esecuzione iniziata con tale pignoramento.
La delibera di approvazione del bilancio di società di capitali, che, ovviamente, non può prescindere dalla relazione di accompagnamento redatta dall’amministratore, non comporta automaticamente – in difetto di espressa previsione nell’ordine del giorno sul quale l’assemblea è stata convocata – l’approvazione anche degli atti gestori menzionati nella relazione. Infatti, in tema di società di capitali, l’approvazione del bilancio non costituisce ratifica tacita dell’operato dell’amministratore in conflitto d’interessi, in quanto sia la disciplina del bilancio che quella dell’assemblea hanno natura imperativa e rispondono all’interesse pubblico ad un regolare svolgimento dell’attività economica.
Il vizio della delibera assembleare (volta ad approvare il bilancio) sostanziantesi nell’assenza assoluta di informazione è ravvisabile nel caso di decisione adottata non già con il metodo della consultazione scritta, bensì con il metodo assembleare, allorquando la convocazione difetti. Ad ogni modo, spetta poi al giudice di merito la valutazione delle caratteristiche del caso concreto, tra le quali rientra, inter alia, la possibilità per il socio di ottenere un rinvio dell’assemblea in base al generale principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, nel caso in cui egli, per causa a lui non imputabile, nonostante la regolarità della convocazione, non sia stato messo nelle condizioni di partecipare all’assemblea sulla base di una tempestiva informazione.