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28 Ottobre 2022

Imitazione servile e caratteristiche esteriori dei prodotti

In tema di concorrenza sleale confusoria, l’imitazione rilevante ai sensi dell’ art. 2598, n. 1, c.c. non esige la riproduzione di qualsiasi forma del prodotto altrui, ma solo di quella che investe le caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante, in quanto idonee, per capacità distintiva, a ricollegare il prodotto ad una determinata impresa, sempreché la ripetizione dei connotati formali non si limiti a quei profili resi necessari dalle caratteristiche funzionali del prodotto. Si configura la fattispecie di imitazione servile quando questa risulti attuata in maniera tale da poter trarre in inganno il consumatore, di guisa che egli, volendo acquistare la merce di un determinato produttore, possa confonderla con quella di un suo concorrente .

Al fine di ritenere integrato l’illecito di imitazione servile, la novità e la capacità distintiva delle caratteristiche imitate devono essere presenti, in via cumulativa. La capacità distintiva riguarda solamente quelle forme idonee a ricollegare il prodotto a una determinata impresa, mentre la novità fa riferimento alle forme differenti a quelle già prodotte e immesse sul mercato da altri. L’oggetto dell’imitazione deve cadere sulla forma dotata di efficacia individualizzante e del carattere della novità, tenuto conto altresì degli importanti effetti della norma che , pur in mancanza di diritti di privativa, impone il contemperamento con la necessità di garantire la massima competizione sul mercato. Laddove si attribuisse tutela per imitazione servile ad ogni elemento di novità esteriore del prodotto, si addiverrebbe alla conseguenza paradossale, non voluta dell’ordinamento, di attribuire tutela temporalmente illimitata a disegni o modelli non registrati. Pertanto, la necessaria coesistenza di novità e capacità distintiva del prodotto imitato deve essere accertata con particolare rigore.

La capacita distintiva del prodotto imitato si configura quando il prodotto imitato sia dotato di notorietà qualificata, presentando caratteristiche tali da distinguerlo nell’ambito della fetta di mercato interessato in quanto proveniente da un determinato produttore e non può dunque discendere dalla sola novità del prodotto, nel senso che non è sufficiente che un prodotto sia nuovo per concludere che il consumatore medio lo riconduca necessariamente a quello specifico produttore, risultando bensì necessario che la forma sia idonea a distinguere il prodotto e che abbia perciò acquisito notorietà presso il pubblico dei consumatori in misura tale da rendere plausibile l’idoneità a determinare in concreto, nella percezione del consumatore medio, un’apprezzabile relazione tra di esso e la sua origine imprenditoriale.

L’ipotesi di appropriazione di pregi del concorrente di cui all’art. 2598 n. 2 cc non è invocabile, in assenza dell’allegazione di condotte di comunicazione pubblica volta all’appropriazione di meriti di cui è titolare la reclamante.

17 Ottobre 2022

La concorrenza sleale parassitaria si concretizza nelle ipotesi di imitazione sistematica e perdurante delle iniziative di un concorrente

La concorrenza parassitaria di cui all’art. 2598 comma 3 c.c. – consistente nell’avvalersi direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda – si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipici di cui ai precedenti commi 1 e 2 e costituisce un’ipotesi autonoma di possibili casi alternativi, per i quali è necessaria la prova in concreto dell’idoneità degli atti ad arrecare pregiudizio al concorrente.

Il comma 3 dell’art. 2598 si pone come una sorta di norma di chiusura nell’ambito dell’illecito anticoncorrenziale, che secondo un orientamento ormai risalente e consolidato della giurisprudenza, sanziona quei comportamenti e quelle condotte che realizzano un’imitazione sistematica e perdurante (sebbene non integrale) delle iniziative di un concorrente che si traduce in un cammino costante sulle orme altrui. Ciò che qualifica tale attività anticoncorrenziale per sviamento di clientela, quindi, non è un’attività episodica, ma l’illiceità va desunta dalla qualificazione tendenziale dell’insieme della manovra posta in essere per danneggiare il concorrente o per approfittare sistematicamente del suo avviamento sul mercato.

Pertanto, mentre è contraria alle norme di correttezza imprenditoriale l’acquisizione sistematica, da parte di un ex dipendente che abbia intrapreso un’autonoma attività imprenditoriale, di clienti del precedente datore di lavoro il cui avviamento costituisca, soprattutto nella fase iniziale, il terreno dell’attività elettiva della nuova impresa, più facilmente praticabile proprio in virtù delle conoscenze riservate precedentemente acquisite, deve ritenersi fisiologico il fatto che il nuovo imprenditore, nella sua opera di proposizione e promozione sul mercato della sua nuova attività, acquisisca o tenti di acquisire anche alcuni clienti già in rapporti con l’impresa alle cui dipendenze aveva prestato lavoro.

30 Giugno 2021

Concorrenza potenziale, concorrenza verticale e storno di dipendenti

In tema di concorrenza sleale tra due o più imprenditori, presupposto indefettibile dell’illecito è la comunanza di clientela, la cui sussistenza va verificata anche in una prospettiva potenziale, dovendosi esaminare se l’attività di cui si tratta, considerata nella sua naturale dinamicità, consenta di configurare, quale esito di mercato fisiologico e prevedibile, sul piano temporale e geografico, e quindi su quello merceologico, l’offerta dei medesimi prodotti, ovvero di prodotti affini e succedanei rispetto a quelli offerti dal soggetto che lamenta la concorrenza sleale.

La nozione di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 c.c. va desunta dalla ratio della norma, che impone, alle imprese operanti nel mercato, regole di correttezza e di lealtà, in modo che nessuna si possa avvantaggiare, nella diffusione e collocazione dei propri prodotti o servizi, con l’adozione di metodi contrari all’etica delle relazioni commerciali; ne consegue che si trovano in situazione di concorrenza tutte le imprese i cui prodotti e servizi concernano la stessa categoria di consumatori e che operino quindi in una qualsiasi delle fasi della produzione o del commercio destinate a sfociare nella collocazione sul mercato di tali beni.

In tema di concorrenza sleale per storno di dipendenti il giudice deve solo verificare, a prescindere dall’animus del concorrente ritenuto sleale, se lo stesso si appropri di risorse del concorrente con modalità che mettano potenzialmente a rischio la continuità aziendale dell’imprenditore nella sua capacità competitiva, ovvero provochino alterazioni che superano la soglia di quanto possa essere ragionevolmente previsto (e, dunque, che possa essere assorbito ed eliso attraverso un’adeguata organizzazione dell’impresa, impedendo dunque un effetto shock sull’ordinaria attività di offerta di beni o di servizi).

19 Maggio 2020

La trasmissione in live streaming è lesiva dell’immagine dell’emittente televisiva e risarcibile ex art. 158 l.d.a. anche in via equitativa

La trasmissione abusiva delle partite in live streaming su internet effettuata in contemporanea alla diffusione da parte del titolare dei diritti sulla piattaforma dell’emittente televisiva costituisce una macroscopica lesione della immagine commerciale della stessa e introduce un elemento di forte dissuasione alla stipula o al rinnovo degli abbonamenti con evidenti ricadute sulla capacità di attrarre investimenti pubblicitari. Il risarcimento del danno subito in conseguenza della lesione nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica trova regolazione nell’art. 158 l.d.a., liquidabile anche facendo applicazione del parametro equitativo, ai sensi dell’art. 2056, secondo comma, c.c., cui fa rinvio il citato articolo 158 [Fattispecie relativa a trasmissioni in modalità live streaming di prodotti audiovisivi di un’emittente televisiva, mediante le quali venivano messe a disposizione del pubblico su internet incontri calcistici esclusivamente in diretta, senza che le stesse venissero né registrate né mantenute disponibili in differita per il pubblico].

9 Aprile 2020

Integra cumulativamente contraffazione e concorrenza sleale l’offerta al pubblico di prodotti importati extra-ue privi delle etichette originali

L’infrazione del divieto di importazione parallela extracomunitaria (non consenziente il titolare del marchio) unita alla successiva commercializzazione dei prodotti così importati certamente integra di per sé il presupposto della non conformità ai principi di correttezza professionale, per cui l’importazione parallela di merci originali, ma di provenienza extracomunitaria, è comunque illecita anche come atto contrario ai principi di correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda, secondo la fattispecie concorrenziale di cui all’art. 2598, n. 3, c.c.. In particolare, ove sia in dubbio il carattere propriamente “originale” dei prodotti (difettando il consenso del titolare del marchio), ciò consente il cumulo tra la tutela contro l’appropriazione di un marchio e la tutela presidiata dall’azione di concorrenza sleale: il medesimo fatto storico dà pertanto fondamento sia di un’azione reale, a tutela dei diritti di esclusiva sul marchio, sia anche, e congiuntamente, di un’azione personale per concorrenza sleale, ove quel comportamento abbia integrato i presupposti di cui all’art. 2598 c.c. [Fattispecie relativa all’offerta in vendita nella grande distribuzione di prodotti scolastici con le etichette olografiche del produttore rimosse o sostituite].

25 Febbraio 2020

Non costituisce storno di collaboratori l’assunzione “passiva” delle occasioni lavorative offerte spontaneamente dal mercato

Considerato che all’ex dipendente che abbia intrapreso un’autonoma attività imprenditoriale non può essere addebitato un obbligo generico di astensione – a tutela dell’ex datore di lavoro – esteso al punto di rifiutare occasioni lavorative offerte spontaneamente dal mercato, in assenza di prova di una condotta attiva diretta allo sviamento, si deve concludere che non siano riscontrabili i presupposti per accedere ai rimedi interdittivi e risarcitori di cui all’art. 2598 c.c..

La vendita oltre il termine di sell off è atto di contraffazione e concorrenza sleale

La vendita sottocosto di prodotti a marchio della licenziante oltre il termine di sell off previsto nel contratto di licenza – termine di legittima prosecuzione della vendita da parte del licenziatario – costituisce contraffazione del marchio e atto di concorrenza sleale.

L’onere della prova in ordine alla imputabilità a terzi della vendita dei beni oltre il termine di sell off è a carico della licenziataria.