Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di s.r.l. esercitata dal curatore
L’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall. compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c., con conseguente possibilità per il curatore medesimo di cumulare i vantaggi di entrambe le azioni sul piano del riparto dell’onere della prova, del regime della prescrizione (art. 2393, co. 4; 2941, n. 7; 2949; 2394, co. 2, c.c.) e dei limiti al risarcimento (art. 1225 c.c.) ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, patrimonio visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali.
In caso di fallimento, il danno deve essere determinato avuto riguardo agli specifici atti di mala gestio addebitati all’amministratore e non parametrato alla differenza tra passivo ed attivo fallimentare. Infatti, nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento. La mancanza di scritture contabili della società, pur se addebitabile all’amministratore, di per sè sola non giustifica che il danno da risarcire sta individuato e liquidato in misura corrispondente alla differenza tra il passivo e l’attivo accertati in ambito fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato soltanto al fine della liquidazione equitativa del danno, ove ricorrano le condizioni perché si proceda ad una liquidazione siffatta, purché siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore e purché il ricorso a detto criterio si presenti logicamente plausibile in rapporto alle circostanze del caso concreto.
Gli utili non conseguiti dalla società a causa della condotta dannosa dell’amministratore non costituiscono danno diretto del socio
L’azione di responsabilità contemplata dall’art. 2476 comma 7 (di natura extracontrattuale in quanto applicazione dell’art. 2043 c.c.) presuppone l’esistenza di un danno subito dal singolo socio direttamente, e non come mero riflesso del danno sociale di cui solo la Società direttamente o per via surrogatoria del socio ex art 2476 co 3 c.c. può chiedere il risarcimento all’amministratore. In particolare la mancata percezione di utili costituisce danno diretto del socio solo in ipotesi (i) di utili effettivamente conseguiti dalla società e (ii) di cui si sia deliberata la distribuzione al socio; qualora, invece, si è dedotto che gli utili non sono stati conseguiti dalla società a causa della condotta dannosa dell’amministratore, il danno lamentato dal socio non è un danno diretto.
Sull’eccezione di difetto di giurisdizione
Qualora il Tribunale, ab origine adìto, abbia omesso di pronunciarsi espressamente sull’eccezione di difetto di giurisdizione, dichiarando però la propria incompetenza per materia e la suddetta pronuncia non sia stata impugnata con istanza di regolamento di competenza ex art. 42 c.p.c., si ritiene che una siffatta decisione, incontrovertibile ex art. 44 c.p.c. in punto di competenza, contiene in sé, ancor prima, anche la parimenti non più contestabile positiva affermazione della giurisdizione del Giudice Nazionale indicato come competente a conoscere, ratione materiae, della controversia, essendo il thema della giurisdizione assolutamente prioritario e pregiudiziale anche rispetto a quello sulla competenza.
Insussistenza del danno diretto e operatività dell’eccezione di giudicato nel giudizio per responsabilità ex art. 2476 c.c.
Il socio di S.r.l. che proponga azione risarcitoria nei confronti dell’ex amministratore ex art. 2476 c.c. per danno diretto ed immediato non può avere patito dunque alcuna lesione alla propria sfera giuridica e patrimoniale discendente da una vicenda negoziale della società o comunque da condotte addebitate all’ex amministratore da tempo concluse al momento del suo ingresso nella compagine sociale.
Al medesimo esito negativo è destinata l’azione sociale di responsabilità promossa dal socio ex art. 2476 c.c. per danno cagionato dall’amministratore alla società qualora sulla medesima vicenda sia calato il giudicato. A tal fine va in primo luogo accertato che si tratti della stessa azione risarcitoria, valutando la coincidenza soggettiva tra il titolare del diritto risarcitorio azionato e il soggetto citato quale responsabile della lesione nonché la coincidenza oggettiva, sia rispetto alla causa petendi che al petitum (a riguardo, l’identità delle pretese risarcitorie non viene meno quand’anche nella prima contesa il perimetro del giudizio fosse stato più ampio). Inoltre, si deve considerare se il provvedimento decisorio sia idoneo al passaggio in giudicato materiale, avendo ad oggetto il merito della pretesa risarcitoria, ed abbia acquisito la stabilità di cosa giudicata formale ex art. 324 c.p.c.
Responsabilità degli amministratori di s.r.l. per atti di mala gestio
Il prelievo di compensi superiori a quelli deliberati dall’assemblea costituisce inadempimento degli amministratori, i quali sono tenuti a restituire la differenza. L’amministratore ha l’onere di giustificare le spese, sia dando prova della loro inerenza all’attività di gestione della società sia allegando oggettivi riscontri delle concrete esigenze di spesa.
L’omissione anche parziale dei doveri tributari costituisce inadempimento degli amministratori, che sono pertanto tenuti a rimborsare sia le sanzioni sia gli interessi applicati dall’AGE in conseguenza dell’inadempienza.
L’omesso pagamento degli oneri condominiali costituisce inadempimento degli amministratori, che pertanto sono tenuti a rifondere alla società le spese liquidate nel decreto ingiuntivo emesso per il mancato pagamento degli oneri condominiali.
Responsabilità dell’amministratore per condotte distrattive e di mala gestio, eccezione di compensazione e di transazione parziale con condebitore solidale
Sussiste responsabilità dell’amministratore per violazione degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale in caso di prelievi di cassa o pagamenti a favore di se stesso o terzi che non siano stati documentati nella contabilità e documentazione sociale. I rimborsi spese per l’attività dell’amministratore devono essere documentati e in assenza della delibera assembleare sono illegittime le auto-liquidazioni compiute dall’amministratore.
L’amministratore che intenda offrire in compensazione il proprio credito , costituito dal diritto al compenso per l’incarico, ha l’onere di indicare i parametri minimi necessari per valutare – seppure in via equitativa – il quantum; in difetto di allegazione, il Giudice deve rigettare la domanda. La richiesta di liquidazione equitativa non esonera, infatti, l’interessato dall’obbligo di fornire all’autorità giudiziaria gli elementi probatori indispensabili affinché possa procedervi.
In presenza di un accordo transattivo che coinvolge un debito comune, se il condebitore ha inteso appropriarsi degli effetti di tale accordo limitatamente al quantum riferibile ad uno dei debitori solidali , il debito originario è estinto solo pro quota (mentre si conserva per gli altri debitori ma detratta la quota originaria del condebitore che ha estinto il credito).
Responsabilità dell’amministratore di srl per condotte di mala gestio
Responsabilità di sindaci e amministratori per indebita prosecuzione dell’attività malgrado la sussistenza di una causa di scioglimento nelle s.r.l.
E’ esperibile l’azione di responsabilità ex art. 146 l.fall. da parte del curatore di s.r.l. fallita nei confronti degli amministratori che, violando l’applicazione dei principi di corretta redazione del bilancio, abbiano mancato di ravvisare una causa di scioglimento, la quale, fa sorgere l’obbligo di accertamento formale e convocazione dell’assemblea per la delibera delle conseguenti valutazioni (azzeramento e ricostruzione del capitale sociale mediante conferimenti o scioglimento e liquidazione) ex art. 2485 c.c. Sono obbligati in solido con agli amministratori i sindaci che, in virtù dei loro rilevanti poteri di ispezione e controllo e in seguito alla partecipazione delle assemblee dei soci e alle adunanze del consiglio di amministrazione, ai sensi degli art. 2405 e 2406 c.c., devono convocare l’assemblea in caso di omissioni degli amministratori e accertamento di fatti di rilevante gravità nella gestione societaria. La prosecuzione dell’attività in presenza di una causa di scioglimento comporta responsabilità risarcitoria, tanto per i primi, di fronte alla società per lo svolgimento di attività non meramente conservative e di fronte ai creditori sociali per l’incremento del passivo e l’aggravamento della situazione debitoria della società, quanto per i secondi, i quali, obbligati in solido con gli amministratori, devono provvedere a effettuare i dovuti controlli sulla gestione, nel rispetto della legge e dello statuto, e sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società ai sensi dell’art. 2403 c.c.
La quantificazione del danno, per l’indebita prosecuzione dell’attività, è pari alla differenza tra il patrimonio netto stimato alla data del fallimento, con riferimento alla data dell’ultima situazione contabile, e quello stimato alla data del verificarsi della causa di scioglimento, dedotti quei costi che sarebbero stati sostenuti anche nella fase di liquidazione, e previa riclassificazione dei dati patrimoniali in prospettiva liquidatoria.
Azione di responsabilità del fallimento nei confronti dell’amministratore di srl e presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria
Tra i doveri imposti dalla legge agli organi gestori – a pena di responsabilità ai sensi dell’art. 2476 c.c. – vi sono doveri di corretta e puntuale gestione fiscale. Al fine di ridurre l’impatto fiscale sul patrimonio societario, l’amministratore, deducendo che la società non dispone di provviste necessarie per adempiere all’obbligazione tributaria, può provvedere alle richieste di adesione/rateazione. Malgrado l’accertamento con adesione, nell’ipotesi in cui l’omissione degli adempimenti fiscali continui sino a diventare sistematica, l’ingente debito a cui si trova esposta la società, consapevolmente accumulato da parte dell’amministratore, può causare il dissesto della società. In tal caso, l’amministratore va riconosciuto gravemente responsabile della violazione di propri doveri di legge sul punto e tenuto al risarcimento del danno da calcolarsi sulla base delle conseguenze sanzionatorie alle quali la società -in termini di gravosi ricarichi, interessi moratori nonché aggi e spese di recupero – si trova perciò esposta.
La circostanza che alla data della cessazione della carica dell’amministratore unico, lo stato di crisi non fosse manifesto è irrilevante: l’amministratore non va esente da responsabilità per fatti e danni successivi, causati da atti di mala gestio e da condotte distrattive e in fronde ai creditori durante il periodo in carica.
Al fine di dichiarare l’inefficacia nei confronti del Fallimento di atti di disposizione del patrimonio compiuti dall’amministratore, i presupposti richiesti – dall’art. 2901 co.1 c.c. richiamato dall’art. 66 l.fall. – sono segnatamente:
(i) La sussistenza del credito risarcitorio del Fallimento, interamente maturato alla data della cessazione dell’incarico ed accertato al momento della proposizione della domanda.
(ii) Il pregiudizio arrecato alla garanzia patrimoniale generica, insito nella rapida evaporazione di beni immobili in liquidità.
(iii) La consapevolezza di tale pregiudizio in capo al disponente, risultante dall’intento di schermare i beni immobili personali dalle pretese dei creditori sociali. La stessa scelta del contraente [società costituita ad hoc dalle figlie dell’amministratore nella fattispecie] è indice di una chiara consapevolezza di tale pregiudizio.
(iv) Essendo l’atto di disposizione compiuto dal disponente a titolo oneroso, è altresì necessaria la consapevolezza da parte del terzo acquirente del pregiudizio che tale atto arreca alla garanzia patrimoniale generica. Il tentativo della società terza – controllata da soggetto riconducibile al disponente – di dissimulare una cessione delle quote in occasione dell’atto di disposizione del patrimonio oggetto dell’azione revocatoria e la successiva retrocessione delle stesse, rende certa tale consapevolezza.
Responsabilità degli amministratori di società fallita per irregolare tenuta delle scritture contabili
Può affermarsi la responsabilità dei componenti del consiglio di amministrazione di società a responsabilità limitata per aver redatto scritture contabili non in conformità alle indicazioni impartite nel Codice civile e nei criteri generali di redazione del bilancio, con conseguente mantenimento fittizio del capitale sociale e prosecuzione dell’attività sociale, omettendo l’adozione dei provvedimenti previsti dal Codice civile a fronte dell’integrale perdita del capitale sociale registrata, violando così l’obbligo di conservazione del patrimonio sociale. Non osta a questa conclusione il principio secondo cui l’attività d’impresa sarebbe intrinsecamente connotata da rischio d’impresa, ovvero la considerazione per cui gli amministratori avrebbero avuto contezza della perdita del capitale solo con l’esercizio di bilancio in data successiva, tenuto conto di quanto innanzi evidenziato secondo cui la condotta di mala gestio è costituita in primis nell’errata tenuta delle scritture contabili.