L’efficacia del giudicato penale nel processo civile di risarcimento del danno; i presupposti per l’azione di regresso tra condebitori solidali
Ai sensi dell’art. 651 c.p.p., la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel processo civile di risarcimento del danno quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, mentre non ne ha con riferimento alle valutazioni attinenti agli effetti civili della pronuncia, che spettano esclusivamente al giudice civile.
Il patto di manleva è l’accordo con il quale un soggetto si impegna a sollevare la controparte dalle eventuali conseguenze patrimoniali dannose derivanti da un determinato evento o dal fatto di una delle due parti o di terzi; tale patto viene inquadrato tra i contratti tipici ex art. 1322 c.c., fonte di un autonomo rapporto giuridico sostanziale.
Ai sensi di cui all’art. 1299 c.c., a cui rimanda l’art. 2055 c.c. in tema di responsabilità solidale in caso di fatto dannoso, solo al debitore in solido che abbia pagato l’intero debito spetta il diritto di ripetere dai condebitori la parte di ciascuno di essi. La norma, dunque, richiede quale condizione per l’esercizio del diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori che uno di essi abbia effettuato il pagamento dell’intero in favore del creditore. D’altra parte, il principio secondo cui la condanna del condebitore solidale, chiamato in causa in via di regresso, è ammissibile a condizione che l’altro condebitore abbia adempiuto l’obbligazione solidale opera soltanto quando il simultaneus processus sul credito principale giustifichi, in termini di economia processuale, la contemporanea pronuncia sul regresso, e sia definitivamente accertata, a carico del condebitore che chiede la condanna condizionata, la pretesa del credito.
Garanzia di manleva e autonomia contrattuale
L’art. 1322 c.c. se da un lato non esclude affatto la libera espressione dell’autonomia contrattuale delle parti e quindi l’approdo delle stesse alla conclusione di contratti atipici, dall’altra pone un limite nella meritevolezza degli interessi a cui i relativi accordi contrattuali sono preordinati, da valutarsi ex ante.
La valutazione circa la ricorrenza della meritevolezza degli interessi perseguiti impone quindi di procedere all’analisi dell’interesse concretamente perseguito dalle parti (i.e. della ragione pratica dell’affare), valutando l’utilità del contratto, la sua idoneità ad espletare una funzione commisurata sugli interessi concretamente perseguiti dalle parti attraverso quel rapporto contrattuale, fermo restando il rispetto dei principi racchiusi nell’art. 41 Cost.
Sulla (non) abusività della delibera di scioglimento della società
La facoltà di deliberare lo scioglimento anticipato della società previsto dall’art. 2484, primo comma, n. 6), c.c. è espressione delle prerogative della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) e di autonomia contrattuale (art. 1322 c.c.), tanto che la decisione non deve essere motivata ed è sindacabile nel merito da parte dell’autorità giudiziaria solo quando si alleghi l’esistenza di una situazione di abuso del diritto.
Pertanto, la tutela giuridica della chance attribuita al socio di conseguire in futuro un diritto amministrativo non può raggiungere un’ampiezza tale da precludere il diritto della maggioranza di deliberare lo scioglimento anticipato della società.
La chance prevista dallo statuto esiste fintanto che esiste la società; non è illegittima una decisione della maggioranza di sciogliere la holding perché sostenuta da una diversa valutazione circa l’assetto e l’organizzazione della gestione della controllata, rientrando tale valutazione e scelta nell’ambito del diritto della maggioranza. [In presenza di una clausola contenuta nello statuto della holding che prevede, come nel caso di specie, (i) l’attribuzione, ad uno dei due soci, del diritto di voto per una percentuale maggiore rispetto al capitale sociale dal medesimo detenuto all’interno della società e (ii) che, al venire meno della qualità di socio del titolare di detto diritto particolare, questo si trasferisce automaticamente in capo all’altro, il Tribunale di Milano ha escluso che la delibera assembleare di scioglimento della società controllante assuma natura abusiva per il fatto di privare l’altro socio dell’aspettativa di conseguire in futuro il diritto particolare attribuito dallo statuto].
Doveri informativi delle parti nell’ambito di contratti di cessione di azienda con clausola di riservato dominio
Nell’ambito della autonomia contrattuale delle parti, è pacifica la facoltà delle stesse di modificare, il contenuto dei propri accordi, per i quali non sia prescritta la forma scritta ad substantiam.
L’omissione di informazioni relative all’inadempimento rispetto al pagamento di alcune rate del prezzo di cessione di una res, [ LEGGI TUTTO ]
I canoni ermeneutici nell’interpretazione delle clausole contrattuali
Per senso letterale delle parole va intesa tutta la formulazione letterale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato, la sussistenza di elementi letterali tra loro non coerenti contenuti addirittura nella stessa clausola contrattuale determina la necessità di ricostruire la volontà delle contraenti non solo sulla base del dato testuale ma anche per mezzo dei vari canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c.
Divieto di patto leonino ex art. 2265 c.c.: società di capitali e patti tra soci extrastatutari
Il divieto di patto leonino di cui all’art. 2265 c.c. – la cui ratio è riconducibile alla stessa struttura del contratto di società, in quanto la eliminazione assoluta e costante del rischio d’impresa in capo a uno dei soci ne altera radicalmente la struttura, in particolare [ LEGGI TUTTO ]