Impugnativa della delibera e sopravvenuta carenza di interesse ad agire per il fallimento della società
In tema di impugnazione delle deliberazioni assembleari della società, il sopravvenuto fallimento di quest’ultima comporta il venir meno dell’interesse ad agire per ottenere una pronuncia di annullamento dell’atto impugnato, quando l’istante non deduca e argomenti il suo perdurante interesse, avuto riguardo alle utilità attese dopo la chiusura della procedura fallimentare. Pertanto, rispetto alla delibera relativa all’autorizzazione all’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore, il fallimento priva di qualsivoglia interesse il suo annullamento, tenuto conto che sarà il curatore fallimentare, nei modi e nei tempi previsti dalla legge, a valutare nella sua autonomia la sussistenza dei presupposti per agire nei confronti degli ex amministratori, previa autorizzazione del giudice delegato. Per cui alcun beneficio recherebbe l’eventuale pronuncia favorevole alla società attrice, né la sussistenza di una eventuale e astratta possibilità di ritorno della società in bonis può essere sufficiente a radicare in capo all’attrice un interesse concreto e attuale alla emissione di un provvedimento nel merito.
Responsabilità di amministratori e sindaci: profili processuali dell’azione esercitata dal curatore fallimentare
La prescrizione quinquennale dell’azione ex art. 2394 c.c. decorre dal momento in cui l’insufficienza dell’attivo patrimoniale della società debitrice diviene oggettivamente percepibile da parte dei creditori, e quindi di soggetti non tenuti a, né capaci di, analisi ulteriori e diverse rispetto a quanto reso pubblico dalla debitrice nei propri bilanci e negli altri atti pubblicati nel registro delle imprese. Tale momento coincide presuntivamente con la dichiarazione di fallimento, a meno che gli amministratori e sindaci convenuti provino l’oggettiva e inequivoca emersione dell’incapienza patrimoniale prima di tale data (quale il deposito nel registro delle imprese di domanda concordataria o di accordo di ristrutturazione, ovvero di delibera di messa in liquidazione fondata sulla causa di scioglimento di cui all’art. 2484, co. 1, n. 4 c.c.). Per i fatti che integrano reati fallimentari, anche nella forma del concorso o della cooperazione colposa, la prescrizione decorre dalla dichiarazione di fallimento con applicazione ex art. 2947, co. 3 c.c. del termine sessennale previsto dalla disciplina penale.
L’autorizzazione a promuovere un’azione giudiziaria conferita dal giudice delegato al curatore copre tutte le possibili pretese ed istanze strumentalmente pertinenti al conseguimento del previsto obiettivo principale del giudizio cui l’autorizzazione si riferisce, col solo limite della necessità di munirsi di nuova autorizzazione per i gradi di giudizio successivi.
Per l’emissione di una sentenza di condanna risarcitoria generica ex art. 278 c.p.c., necessaria e sufficiente è l’esistenza dell’illecito (e quindi l’illegittimità delle condotte rimproverate agli ex componenti degli organi amministrativi e di controllo convenuti) e la sua portata dannosa, sommariamente accertate secondo valutazione probabilistica. La quantificazione della provvisionale presuppone invece la valutazione positiva del giudice di merito circa il raggiungimento della prova piena su quella certa quantità di danno che ne costituisca l’oggetto.
L’effetto sanante dell’autorizzazione successiva del giudice delegato a integrazione dei poteri del curatore
La mancanza di autorizzazione del giudice delegato a integrazione dei poteri spettanti al curatore nello svolgimento di attività negoziali, comporta l’annullabilità, ai sensi dell’art. 1441 c.c., degli atti che ne sono privi, annullabilità che può essere fatta valere dalla stessa curatela. L’autorizzazione tardiva a rinunciare agli atti del giudizio ha un effetto sanante rispetto alla rinuncia già compiuta. Infatti, il vizio di difetto di autorizzazione (al pari, ad esempio, di quello relativo al difetto di rappresentanza disciplinato dall’art. 182 c.p.c.) è certamente sanabile trattandosi della violazione di una norma processuale dettata nell’interesse di quella stessa parte che ha, con la tardiva pronuncia dell’atto autorizzativo, mostrato di volere rimediare alle originarie carenze dell’atto stesso.
Competenza del Tribunale delle Imprese sulla azione di responsabilità ex art. 146 comma 2 l.f. e sulla domanda di pagamento del compenso di un ex amministratore di una società
L’ azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146, comma 2, l. fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. ed è quindi di competenza del Tribunale delle Imprese.
E’ infondata l’eccezione di carenza di legittimazione attiva [ LEGGI TUTTO ]
Questioni varie sulle azioni di responsabilità del commissario straordinario nei confronti degli amministratori e dei sindaci di società soggetta a direzione e coordinamento
L’azione di responsabilità esercitata dal curatore in caso di fallimento o dal commissario straordinario in caso di amministrazione straordinaria pur avendo carattere unitario ed inscindibile, risultando frutto della confluenza in un unico rimedio delle due diverse azioni di cui agli artt. 2393 e 2394 c.c., [ LEGGI TUTTO ]