La ripartizione della perdita in caso di condebitore insolvente richiede la prova dell’insolvenza
Ai sensi dell’art. 1299, co. 2, c.c., il condebitore che, nell’esercitare l’azione di regresso nei confronti degli altri condebitori in solido per il debito pagato ultra-quota, voglia ripartire la perdita derivante dall’insolvenza di uno di loro, ha l’onere di provare che, al momento dell’esercizio dell’azione di regresso, il patrimonio del condebitore è insolvibile. La prova dell’insolvenza può essere data con qualsiasi mezzo, anche per presunzioni, senza che sia necessario provare l’inutile esperimento di un’azione di recupero del credito; la prova presuntiva, però, deve fondarsi su adeguati elementi gravi, precisi e concordanti. A tale riguardo, la mera circostanza che il condebitore non sia proprietario di alcun immobile non è sufficiente a ritenerlo insolvente, specialmente in caso di mancata allegazione con riguardo alle consistenze mobiliari o ai crediti sottoponibili a esecuzione.
L’efficacia del giudicato penale nel processo civile di risarcimento del danno; i presupposti per l’azione di regresso tra condebitori solidali
Ai sensi dell’art. 651 c.p.p., la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel processo civile di risarcimento del danno quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, mentre non ne ha con riferimento alle valutazioni attinenti agli effetti civili della pronuncia, che spettano esclusivamente al giudice civile.
Il patto di manleva è l’accordo con il quale un soggetto si impegna a sollevare la controparte dalle eventuali conseguenze patrimoniali dannose derivanti da un determinato evento o dal fatto di una delle due parti o di terzi; tale patto viene inquadrato tra i contratti tipici ex art. 1322 c.c., fonte di un autonomo rapporto giuridico sostanziale.
Ai sensi di cui all’art. 1299 c.c., a cui rimanda l’art. 2055 c.c. in tema di responsabilità solidale in caso di fatto dannoso, solo al debitore in solido che abbia pagato l’intero debito spetta il diritto di ripetere dai condebitori la parte di ciascuno di essi. La norma, dunque, richiede quale condizione per l’esercizio del diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori che uno di essi abbia effettuato il pagamento dell’intero in favore del creditore. D’altra parte, il principio secondo cui la condanna del condebitore solidale, chiamato in causa in via di regresso, è ammissibile a condizione che l’altro condebitore abbia adempiuto l’obbligazione solidale opera soltanto quando il simultaneus processus sul credito principale giustifichi, in termini di economia processuale, la contemporanea pronuncia sul regresso, e sia definitivamente accertata, a carico del condebitore che chiede la condanna condizionata, la pretesa del credito.
Diritto al rimborso del finanziamento effettuato dal socio in favore della società e azione di regresso
Il socio che effettua un finanziamento alla società, così diventando creditore di questa, non è comparabile al terzo creditore, sia perché il socio amministratore agisce in conflitto di interessi sia perché, in caso contrario, avrebbe l’inusitato potere di rendere gli altri soci immediatamente suoi debitori, senza una loro adesione volontaria ed a prescindere dall’incapienza della società finanziata.
In tema di società in nome collettivo, nell’ipotesi di cessione di quota, il cedente che non abbia garantito gli acquirenti di quest’ultima dell’inesistenza dei debiti sociali risponde delle obbligazioni sorte anteriormente alla cessione esclusivamente nei confronti dei creditori sociali – trovando generale applicazione la disposizione di cui all’art. 2290 cod. civ. – ma non nei confronti della società o dei cessionari; ne consegue che né la società, né i predetti cessionari della quota, una volta adempiute le predette obbligazioni, hanno titolo per essere tenuti indenni, dall’ex socio cedente, di quanto corrisposto ai creditori.
Il socio di una società in nome collettivo che, per effetto della responsabilità solidale e illimitata stabilita dall’art. 2291 cod. civ., abbia pagato un debito sociale, può direttamente rivalersi nei confronti del consocio, tenuto in via di regresso a rifondere la parte di debito sociale su di lui gravante, senza che tale rivalsa resti condizionata all’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori, dato che il beneficio di previa escussione di detto patrimonio, previsto dall’art. 2304 cod. civ., opera solo nei confronti dei creditori e non dei soci che abbiano pagato i debiti sociali.
Effetti sul giudizio della morte della parte convenuta dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni
La dichiarazione della morte della parte costituita a mezzo di difensore va ritenuta tempestiva e, quindi, suscettiva di provocare l’interruzione ipso iure della causa, dovendosi interpretare la regola dettata sul punto dal combinato disposto degli artt. 300, co. 5, e 190 c.p.c. nel senso che la chiusura della discussione davanti al collegio va equiparata al momento in cui, dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, viene a scadere il termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Diversamente dall’ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore (caso, questo, nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario), nell’eventualità della chiamata del terzo in garanzia la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell’autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo.
Inammissibilità di un’azione di regresso anticipata
In tema di accoglimento della domanda di regresso, il principio secondo cui è ammissibile la condanna del condebitore solidale, chiamato in causa in via di regresso, condizionatamente all’adempimento dell’obbligazione solidale da parte dell’altro condebitore opera soltanto quando vi sia un simultaneus processus sul credito principale, che giustifichi, in termini di economia processuale, la contemporanea pronuncia sul regresso e sia definitivamente accertata, a carico del condebitore che chiede la condanna condizionata, la pretesa del credito. L’ordinamento consente, infatti, la pronuncia condizionata solo qualora l’evento futuro ed incerto cui viene subordinata l’efficacia della condanna si configuri come elemento accidentale del decisum. Il coobbligato in solido in tanto può proporre l’azione di regresso, in quanto abbia effettuato un pagamento valido.
Il pagamento, che costituisce un presupposto essenziale di tale azione, è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, atteso che solo il pagamento da parte del coobbligato comporta il sorgere del credito nei confronti dell’altro condebitore; grava sull’attore l’onere di allegare e provare i fatti costitutivi della domanda entro il termine previsto rispettivamente per la formazione del thema decidendum e del thema probandum, salvo che il convenuto li riconosca o svolga difese incompatibili con la loro negazione, ovvero li contesti oltre il momento di maturazione delle preclusioni assertive o di merito.
Giudicato sostanziale della sentenza e profili probatori ai fini dell’esperimento dell’azione di regresso ex art. 1299 c.c.
Ottenuta, con sentenza passata in giudicato sostanziale, la condanna di un debitore al pagamento del valore monetario in cui è convertita la prestazione originariamente dovuta (consistente in un facere), non è dato iniziare altro processo per domandare il risarcimento pe il (passato) mancato adempimento. Difatti, in tema di inadempimento contrattuale, il risarcimento ha una natura sostitutiva della prestazione mancata. Il giudicato sostanziale, di cui all’art. 2909 c.c., è da intendersi quale accertamento definitivo e incontrovertibile del diritto fatto valere con la domanda giudiziale, il quale esplica il c.d. effetto negativo-preclusivo di ne bis in idem, che impedisce ogni tentativo di superare l’accertamento ivi contenuto. Per esperire (proficuamente) azione di regresso ex articolo 1299 c.c., è imprescindibile provare che il co-obbligato abbia provveduto all’adempimento dell’obbligazione solidale nei confronti del creditore. Analogamente, per esperire (proficuamente) azione di ripetizione dell’indebito ex art. 2033 c.c., è imprescindibile provare il difetto di causa, i.e. la circostanza che rende il pagamento in questione non dovuto, e dunque un arricchimento indebito per colui il quale lo abbia ricevuto.
Assenza della nota integrativa e adeguata informazione dei soci
L’incompletezza del procedimento informativo derivante dal mancato deposito della bozza di bilancio e dei documenti integrativi, così come prescritto dall’art. 2429, terzo comma, c.c., costituisce un vizio che rende annullabile la delibera di approvazione del bilancio medesimo. Pur volendo aderire all’orientamento giurisprudenziale che parifica il deposito dei documenti richiesti dalla legge al loro invio a mezzo email, se l’amministratore unico ha inviato ai soci esclusivamente lo stato patrimoniale ed il conto economico, senza la nota integrativa, gli stessi non possono ritenersi adeguatamente informati ai fini della deliberazione da adottare, costituendo la stessa parte integrante del bilancio ai sensi dell’art. 2423 c.c.
Onere di allegazione e prova nell’azione di regresso del socio di società semplice
L’azione dei soci di società semplice nei confronti del socio gestore di fatto per la condivisione dei debiti sociali configura azione di regresso fondata sulla responsabilità solidale, ai sensi dell’art. 2267 co. 1 c.c.. La responsabilità del socio di fatto nei confronti degli altri soci presuppone l’accertamento della sua qualità di socio illimitatamente responsabile per i debiti sociali oltre che dell’inadempimento della società nei confronti dei terzi creditori e dell’avvenuto pagamento del dovuto da parte degli altri soci.
Inapplicabilità dell’art. 2269 c.c. ai fini dell’azione di regresso del socio subentrante verso il socio uscente
L’art. 2269 c.c., applicabile anche alle s.a.s. in virtù del duplice richiamo di cui agli artt. 2293 e 2315 c.c., configura nelle società di persone la solidarietà tra i soci uscenti e quelli subentranti rispetto alle pretese dei terzi sorte anteriormente alla cessione della quota ma non opera nei rapporti tra il socio cedente ed il cessionario. Infatti, secondo il condivisibile orientamento di legittimità, in tema di società in nome collettivo, [ LEGGI TUTTO ]
Successione dei soci di società di persone estinta nei rapporti obbligatori facenti capo all’ente
Il termine di prescrizione breve ex art. 2949, comma 1, c.c. non è applicabile per il caso del regresso nei confronti degli altri soci che si titoli nell’avvenuto pagamento, da parte di uno di essi, di un debito della società. Ché tale pagamento, e la relativa azione di regresso, pianamente si collocano come vicende attinenti all’ordinario svolgimento dell’attività imprenditoriale dell’ente. Le stesse [ LEGGI TUTTO ]