Responsabilità degli amministratori di società fallita per ammanchi di cassa
In presenza di un ammanco di cassa emerso a seguito dell’esame delle scritture contabili, non rileva l’eventuale responsabilità dell’uno o dell’altro cessato amministratore in ordine a una diretta appropriazione indebita di somme dalle casse della società, quanto piuttosto la complessiva responsabilità di corretta gestione del patrimonio sociale che risulta a carico di tutti gli amministratori e che evidentemente ricomprende la necessaria vigilanza sulla movimentazione di cassa, con la conseguenza che può venire in rilievo la responsabilità (quantomeno) a titolo di colpa dei soggetti concretamente investiti di responsabilità di controllo.
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Azione individuale del socio: profili sostanziali e processuali
Nel caso di esercizio dell’azione sociale di responsabilità da parte del socio in nome proprio, ma nell’interesse della società, la società è litisconsorte necessario e quindi deve essere necessariamente citata in giudizio, se del caso in nome di un curatore speciale qualora l’azione sia proposta dal socio contro l’amministratore in carica. [ LEGGI TUTTO ]
Violazione dei doveri gestori e ripartizione dell’onere probatorio
L’amministratore di società di capitali che venga convenuto in giudizio per violazione dei doveri gestori, a fronte del mancato assolvimento dell’onere probatorio su di lui gravante, deve essere ritenuto responsabile per gli inadempimenti ai doveri gestori addebitatigli dall’attore e condannato al risarcimento del relativo danno.
Bonifici privi di giustificazione e responsabilità dell’amministratore
L’amministratore che dispone a proprio favore bonifici dal conto della società per mai deliberati compensi quale amministratore e/o con causali non comprensibili, in difetto di giustificazione alcuna da parte del medesimo, è tenuto a rendere il conto di tali atti gestori e quindi di prova – su di lui incombente, secondo i principi generali della responsabilità per inadempimento (artt. 1176 e 1218 c.c.) – che si sia trattato di impieghi di denaro sociale per assolvere a debiti contratti nell’esercizio dell’attività di impresa e, in difetto, dovrà restituire integralmente tali somme alla società attrice, ripristinandone il patrimonio.
Revoca degli amministratori ex art. 2409 c.c. e nomina di amministratore giudiziario
Il decreto di revoca degli amministratori ex art. 2409 c.c. e nomina di amministratore giudiziario, benché oggetto di reclamo in Corte d’Appello, deve ritenersi immediatamente efficace anche in assenza di un’espressa declaratoria in tal senso ex art. 741 c.p.c., deponendo in tal senso la previsione dell’art. 92, co. 1, delle disposizioni di attuazione del Codice civile (secondo cui il decreto che nomina amministratore giudiziario priva l’imprenditore, dalla sua data, dell’amministrazione della società) e dell’art. 103, co. 1, delle medesime disposizioni di attuazione (che prevede l’immediata comunicazione all’ufficio del registro delle imprese da parte del cancelliere del provvedimento del tribunale reso ai sensi dell’art. 2409 c.c.), giacché tali disposizioni, speciali rispetto all’articolo 741 c.p.c., appaiono dirette a stabilire – in conformità, del resto, alla natura cautelare del provvedimento di revoca – l’immediata efficacia dei provvedimenti di nomina di amministratore giudiziario di società.
C.d. “criterio dei netti” e transazione stipulata con uno soltanto dei condebitori
Il “criterio dei netti patrimoniali” trova applicazione solo laddove non sia possibile ricostruire con sufficiente certezza le vicende che hanno condotto al dissesto e le singole operazioni dannose (anche negli effetti) e, comunque, va sempre giustificato il suo utilizzo, nel senso che l’applicazione del metodo in questione deve rispondere alla logica e al buon senso, poiché [ LEGGI TUTTO ]
Alcune questioni in materia di responsabilità degli amministratori di s.r.l.
L’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. può essere proposta direttamente anche dalla società. [ LEGGI TUTTO ]
La determinazione del danno cagionato dalle condotte degli amministratori: il possibile ricorso al criterio della differenza tra attivo e passivo
In caso di esercizio da parte del curatore fallimentare delle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori ex artt. 2393 e 2394, si applicano i principi comuni in materia di responsabilità contrattuale e pertanto parte attrice, una volta individuata la fonte del proprio diritto, può limitarsi ad allegare l’inadempimento del convenuto, il quale dovrà per contro provare il proprio adempimento. Occorre che l’inadempimento sia specificamente allegato, specie ai fini della determinazione del danno che si asserisce esserne conseguenza.
La determinazione del danno cagionato dalle condotte contestate, può automaticamente ricondursi alla condotta dell’amministratore l’intero deficit patrimoniale solo laddove siano intercorse delle violazioni del dovere di diligenza tanto generalizzate da far ritenere che siano state proprio dette condotte a comportare l’erosione del patrimonio sociale. A riguardo, la mancata tenuta delle scritture contabili, sebbene precluda la possibilità per il curatore di ricostruire le vicende societarie genetiche della perdita, non consente di imputare l’intero deficit patrimoniale all’amministratore. In tale caso, ovverosia ogniqualvolta la mancanza delle scritture contabili non renda possibile accertare il danno derivante dagli inadempimenti contestati agli amministratori, si ammette il ricorso al criterio della differenza tra attivo e passivo al fine di quantificare il danno in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c..
L’azione di responsabilità proposta dalla curatela della s.r.l. fallita contro gli amministratori della società
È proficuamente esperibile – da parte della curatela di una s.r.l. fallita – l’azione di responsabilità contro l’organo amministrativo al quale siano imputabili atti di mala gestio. Tra questi ultimi rientrano certamente la mancata consegna della contabilità necessaria per consentire alla curatela la riscossione dei crediti ed il mancato rinvenimento di taluni beni materiali della società per un importo indicato nelle immobilizzazioni materiali dei bilanci. I dati appostati in bilancio possono essere a tal uopo utilizzati quale dichiarazione confessoria contro l’amministratore.
Il danno arrecato dagli amministratori alla fallita si sostanzierebbe nell’azzeramento dei crediti della società, nonché nella impossibilità di fornire la prova del credito, che esiste invece ove le scritture contabili obbligatorie per le imprese registrate vengano regolarmente tenute, anche ai sensi dell’art. 2710 c.c..
Qualora gli amministratori abbiano omesso altresì la tenuta del libro dei beni ammortizzabili, di talché non sia dato rinvenire il valore di taluni beni, questo è da individuarsi nel valore del maggiore costo di acquisto o di produzione, diminuito del costo del fondo di ammortamento, quale voce passiva della immobilizzazione, in modo da ricavare il valore patrimoniale della immobilizzazione, al netto della sua obsolescenza, in relazione al periodo di presumibile durata economica.
Legittimazione all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2260 c.c.
La responsabilità degli amministratori verso la società, di cui all’art. 2260 c.c., non integra un’ipotesi di legittimazione processuale sostitutiva ai sensi dell’art. 81 c.p.c., la quale richiede una deroga espressa di legge (quale ad esempio, nelle s.r.l., quella oggi dettata dall’art. 2476 co. 3° c.p.c.).