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19 Luglio 2023

Azione di responsabilità contro gli amministratori promossa dal curatore

Ai sensi dell’art. 2476 c.c., gli amministratori rispondono verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza dei doveri loro imposti dalla legge e dall’atto costitutivo ovvero per non avere osservato, nell’adempimento di tali doveri, la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, come previsto dall’art. 2392 c.c. sulla responsabilità degli amministratori della s.p.a., applicabile ex art. 12 disp. prel. al c.c. anche alle società a responsabilità limitata. Nonostante i doveri degli amministratori non trovino una enumerazione precisa e ordinata nella legge, possono condensarsi nel più generale obbligo di conservazione dell’integrità del patrimonio, che impone loro sia di astenersi dal compiere qualsiasi operazione che possa rivelarsi svantaggiosa per la società e lesiva degli interessi dei soci e dei creditori, in quanto rivolta a vantaggio di terzi o di qualcuno dei creditori a scapito di altri, in violazione del principio della par condicio creditorum, sia di contrastare qualsiasi attività che si riveli dannosa per la società, così da adeguare la gestione sociale ai canoni della corretta amministrazione.

Nei casi di azione di responsabilità ex art. 146 l.f. intentata dal curatore nei confronti degli ex amministratori di una società fallita viene esercitata cumulativamente sia l’azione sociale di responsabilità, che sarebbe stata esperibile dalla medesima società, se ancora in bonis, nei confronti dei propri amministratori ai sensi dell’art. 2393 c.c.  – o 2476 c.c. per le s.r.l. – sia l’azione che, ai sensi dell’art. 2394 c.c., sarebbe spettata ai creditori sociali danneggiati dall’incapienza del patrimonio della società debitrice – art. 2476, co. 6, c.c. per le s.r.l.

18 Luglio 2023

Adeguatezza degli assetti organizzativi a prevenire la commissione di reati

L’organo amministrativo è specificamente tenuto ad adottare un assetto organizzativo adeguato anche alla prevenzione dei reati onde evitare che siano perpetrati illeciti penali nell’esecuzione dell’attività di impresa e deve, quindi, in mancanza di prova delle misure assunte a tale scopo, rispondere del danno derivato al patrimonio sociale dall’applicazione della sanzione amministrativa conseguente alla commissione del reato. [Nel caso di specie, il Tribunale ha condannato l’intero consiglio di amministrazione di una società a responsabilità limitata per avere, due soli di essi, commesso reato di corruzione di un funzionario della P.A. accertato in sede penale].

In materia di responsabilità da reato degli enti, il fallimento della società non determina l’estinzione dell’illecito amministrativo previsto dal d. lgs. 231/2001 o delle sanzioni irrogate a seguito del suo accertamento, mentre il credito dell’amministrazione finanziaria, sorto per effetto dell’accertamento di un fatto anteriore all’apertura della procedura concorsuale, è soggetto alle regole del concorso e deve essere fatto valere mediante insinuazione al passivo come credito munito del privilegio secondo le disposizioni del codice di procedura penale sui crediti dipendenti da reato ai sensi dell’art. 27, co. 2, d. lgs. 231/2001. La sanzione irrogata nel corso del fallimento potrà legittimare la pretesa creditoria dello Stato al recupero dell’importo di natura economica mediante la insinuazione al passivo. Si tratta, peraltro, di credito assistito da privilegio, la cui funzione pratica sarebbe assai limitata se tale causa di prelazione non potesse essere azionata in caso di fallimento della società.

Ove la transazione stipulata tra il creditore e uno dei condebitori solidali abbia avuto ad oggetto solo la quota del condebitore che l’ha stipulata, il residuo debito gravante sugli altri debitori in solido si riduce in misura corrispondente all’importo pagato dal condebitore che ha transatto solo se costui ha versato una somma pari o superiore alla sua quota ideale di debito; se, invece, il pagamento è stato inferiore alla quota che faceva idealmente capo al condebitore che ha raggiunto l’accordo transattivo, il debito residuo gravante sugli altri coobbligati deve essere ridotto in misura pari alla quota di chi ha transatto.

17 Luglio 2023

Responsabilità degli amministratori di s.r.l. nei confronti della società

L’art. 2392 c.c. contiene una regola applicabile anche agli amministratori della società a responsabilità limitata. L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti.

Mancata quantificazione del danno in un’azione di responsabilità ex art. 2395 c.c.

Il danno all’immagine e alla reputazione, inteso come danno conseguenza, non sussiste in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Sicché la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice in base non tanto a valutazioni astratte, bensì al concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e provato. Alla mancata prova del danno non può sopperire la valutazione equitativa dello stesso considerato che l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., presuppone che sia dimostrata l’esistenza di danni risarcibili, ma che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile, provare il danno nel suo preciso ammontare, fermo restando dunque l’onere della parte di dimostrare l’an debeatur del diritto al risarcimento.

11 Luglio 2023

Responsabilità degli amministratori e sindacabilità di merito delle scelte gestorie

In tema di responsabilità degli amministratori di società, sussiste un generale principio di insindacabilità del merito delle scelte di gestione che trova un limite nella ragionevolezza delle stesse, da valutarsi in una prospettiva ex ante, secondo i parametri della diligenza del mandatario.

Sulla natura dell’azione promossa dalla curatela contro l’organo gestorio e i requisiti del periculum in mora per il sequestro conservativo

Nell’ipotesi di azione promossa dalla curatela nei confronti degli organi gestori della società, la pretesa azionata per la quale la cautela è richiesta ha natura di credito risarcitorio per responsabilità contrattuale, in ragione della violazione dell’obbligo gestorio che l’amministratore ha nei confronti della società e relativo alla conservazione del suo patrimonio, azione che si cumula con quella dei creditori sociali, avente invece natura extracontrattuale. Di conseguenza, la curatela ha l’obbligo di allegare l’inadempimento imputato all’amministratore, così come ha l’onere di allegare e provare il danno derivante dall’inadempimento ed il nesso causale, essendo invece onere del convenuto, a mente dell’art. 1218 c.c., allegare e provare di avere adempiuto agli obblighi conservativi del patrimonio, il che si traduce nell’onere di allegare e provare che le condotte imputate e che hanno determinato un depauperamento patrimoniale della società siano state poste in essere negli interessi della società stessa.

Quanto al periculum in mora per l’ottenimento di un sequestro conservativo, detto presupposto cautelare può essere indagato sia sotto il profilo eminentemente soggettivo, riferito alla stessa condotta inadempiente dell’amministratore che, in termini prognostici, possa far ritenere che il medesimo, nelle more del giudizio di cognizione, ponga in essere atti dispositivi del suo patrimonio volti a diminuire la garanzia generica di soddisfazione del credito risarcitorio vantato dalla procedura, così come può essere indagato sotto il profilo eminentemente oggettivo, riferito cioè alla oggettiva insufficiente consistenza del patrimonio rispetto alla verosimile consistenza del cautelando credito risarcitorio.

28 Giugno 2023

Sull’onere della prova nell’azione di responsabilità contro l’amministratore e il liquidatore

Chi promuove l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore o del liquidatore deve allegare e provare l’esistenza di un danno attuale e concreto, cioè il depauperamento del patrimonio sociale, di cui si chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore o del liquidatore inadempiente. Incombe, viceversa, sull’amministratore/liquidatore l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi a lui imposti.

27 Giugno 2023

Questioni processuali nell’azione di responsabilità: chiamata in causa di terzo e preclusioni

In materia di chiamata in causa ad istanza di parte, qualora sia stata proposta dal convenuto, a tale scopo, tempestiva richiesta di differimento della prima udienza di trattazione, l’eventuale provvedimento di rigetto può essere revocato (anche implicitamente) dallo stesso giudice, o da altro avanti al quale la causa sia stata riassunta a seguito di declinatoria di competenza ad opera del primo, sempreché ciò avvenga anteriormente all’esaurimento della fase della prima udienza di trattazione, dovendosi, per converso, ritenere precluso al giudicante un siffatto ripensamento successivamente alla consumazione di tale momento processuale.