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9 Marzo 2023

L’azione sociale di responsabilità degli amministratori: natura e oneri conseguenti

L’azione sociale di responsabilità degli amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, trovando la sua fonte nell’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall’atto costitutivo, ovvero nell’inadempimento dell’obbligo generale di vigilanza o dell’altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo.

La norma di cui all’art. 2476 c.c. struttura una responsabilità degli amministratori in termini colposi, tanto emergendo chiaramente sia dal richiamo alla diligenza quale criterio di valutazione e di ascrivibilità della responsabilità (richiamo che sarebbe in contrasto con una valutazione della stessa in termini oggettivi) sia dalla circostanza che la medesima disposizione codicistica consente all’amministratore di andare esente da responsabilità, fornendo la prova positiva di essere immune da colpa.

La responsabilità risarcitoria dell’amministratore va riconnessa non ad una qualunque condotta illecita od omissione delle cautele ed iniziative dovute per legge e per statuto, ma solo a quelle condotte di mala gestio che, oltre ad integrare violazione degli obblighi gravanti sull’amministratore in forza della carica rivestita, risultino, altresì, foriere di danni per il patrimonio sociale.

9 Marzo 2023

Illegittima prosecuzione dell’attività sociale

In presenza di una causa di scioglimento della società per perdite, al fine di ritenere sussistente la condotta di mala gestio in capo agli amministratori, è necessario che (i) il capitale sociale sia sceso sotto il minimo di legge; (ii) gli amministratori si siano accorti di tale circostanza o se ne potevano accorgere utilizzando la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze; (iii) gli amministratori abbiano omesso di convocare senza indugio l’assemblea finalizzata alla ricapitalizzazione o trasformazione della società, ovvero, se l’assemblea si è tenuta, non siano state adottate delibere tali da consentire la prosecuzione dell’attività sociale e gli amministratori non abbiano iscritto la causa di scioglimento e la messa in liquidazione della società; (iv) gli amministratori, pur conoscendo la perdita del capitale e non avendo adottato gli adempimenti conseguenti, abbiano compiuto nuove operazioni generative di danno per la società; (v) l’attività proseguita in un’ottica non conservativa abbia prodotto dei danni alla società o ai creditori, depauperando il patrimonio sociale.

La liquidazione del danno subito dalla società per effetto della illegittima protrazione dell’attività imprenditoriale della società è quantificata utilizzando il criterio della “differenza dei patrimoni netti”, in virtù del quale il danno viene calcolato come differenza tra i patrimoni netti individuati nel momento in cui si verifica la causa di scioglimento e nel momento del passaggio alla fase di liquidazione. In questo modo, si addebita all’amministratore la sola perdita incrementale, essendo il pregiudizio per la società configurabile come incremento del deficit patrimoniale.

Finanziamenti atipici e responsabilità degli amministratori di cooperativa per aggravamento del dissesto

L’impiego di risorse finanziarie nuove, ancorché destinato a copertura dei debiti scaduti o in scadenza, non implica sempre ed automaticamente la presenza di una situazione di insolvenza, e cioè di stabile e tendenzialmente irreversibile incapacità dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni con strumenti normali, né può far presumere, da solo, la presenza di una riduzione del patrimonio tale da rendere necessaria, in assenza di apposita ricapitalizzazione, la messa in liquidazione della società. La percezione di somme a titolo di anticipi salvo buon fine in eccedenza rispetto al dovuto, che realizza una forma atipica e irrituale di finanziamento, può sì essere accompagnata dall’insolvenza o dalla perdita del capitale sociale, ma ciò rappresenta soltanto una possibilità.

Competenza della sezione specializzata in materia di imprese e connessione “forte”

E’ competente la Sezione Specializzata in Materia di Imprese nel caso di controversia avente ad oggetto la responsabilità extracontrattuale di una società quando sussistano elementi di connessione c.d. forte, di natura oggettiva e soggettiva, con la causa di responsabilità dell’amministratore per atti di mala gestio, se la decisione in merito alla responsabilità extracontrattuale della società implica necessariamente il vaglio, quantomeno incidentale, della responsabilità dell’amministratore.

Sequestro conservativo nei confronti dell’amministratore di fatto

Amministratore, o liquidatore, di fatto è colui che svolge i compiti precipui di tali organi, in maniera non sporadica; ma la sistematicità dell’ingerenza è desumibile anche dalla rilevanza di singoli atti, di cui si possa attribuire la paternità all’amministratore di fatto; [nel caso di specie, il tribunale ha considerato sufficiente a rivelare l’esercizio, di fatto, dell’amministrazione l’avere il resistente redatto dei bilanci, tra cui quello finale di liquidazione, e portato gli stessi in assemblea per l’approvazione dei soci].

Illegittima prosecuzione dell’attività di impresa dopo la perdita del capitale sociale: calcolo del danno

I criteri di quantificazione del danno derivante da gestione non conservativa della società ex art. 2486 c.c. sono applicabili “salva la prova di un diverso ammontare”. Infatti, tanto il criterio c.d. “incrementale” quanto quello c.d. “differenziale” sono in sostanza equitativi, poiché non basati sulla prova oggettiva del pregiudizio provocato dalla prosecuzione dell’attività (come sarebbe se, consentendolo le scritture contabili, si procedesse secondo il criterio c.d. “analitico”, fondato sull’esame di ciascuna singola operazione compiuta nel periodo), bensì desunti da dati che non ne sono certa e diretta espressione, con il rischio che nel computo del danno risarcibile finiscano voci di debito non provocate dalla condotta illecita dell’organo di gestione, ma da atti di gestione anteriori. Il principio espresso dalla norma in esame, dunque, continua ad essere quello per cui il risarcimento dev’essere il più possibile aderente al danno provocato: solo se tale aderenza non può essere ottenuta è applicabile un criterio che, anziché far premio agli amministratori per la loro negligenza contabile, semmai la penalizza; ma ogni qual volta i criteri equitativi indicati dalla legge possono essere corretti nei loro effetti distorsivi, attraverso l’utilizzo di dati certi, non vi è motivo di non farvi ricorso, poiché essi valgono, appunto a fornire “la prova di un diverso ammontare”, maggiormente vicino alla realtà.

28 Febbraio 2023

Azione di responsabilità del curatore verso gli amministratori: diligenza dovuta e onere della prova

La mala gestio degli amministratori deve essere valutata sulla scorta del criterio della diligenza dovuta dal mandatario, anche indipendentemente dalla violazione di specifiche disposizioni di legge o di singole clausole statutarie. Ne consegue che il profilo della violazione deve essere valutato alla stregua del parametro della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi alla operazione da intraprendere, così da non esporre l’impresa a perdite altrimenti prevedibili.

Grava sul curatore l’onere di fornire la prova della ricorrenza di quelle condotte che denotano l’inosservanza del dovere di diligenza, oltre che l’onere della prova dell’esistenza del danno, del suo ammontare e della riconducibilità dello stesso al comportamento illegittimo dell’amministratore; grava, per contro, sul convenuto l’onere di riscontrare la non ascrivibilità dell’evento dannoso alla propria condotta, mediante la prova dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti dalla legge.

Il mancato rinvenimento delle scritture contabili o comunque la non regolare tenuta della contabilità potrebbe giustificare, ma non con modalità automatiche, la conseguenza che gli amministratori possano rispondere della differenza tra l’attivo e il passivo accertato in sede fallimentare, dovendosi verificare se non sia possibile individuare lo specifico danno causalmente riconducibile alle violazioni dai medesimi posti in essere nella gestione dell’ente. Una volta precisato se la mancanza o la irregolare tenuta delle scritture contabili renda difficile per il curatore la quantificazione e una prova precisa del danno riconducibile agli inadempimenti accertati in capo all’amministratore, è consentito allo stesso invocare a proprio vantaggio la disposizione dell’art. 1226 c.c. richiedendo al giudice di provvedere alla quantificazione del danno operando riferimento, in via equitativa, allo sbilancio patrimoniale della società quale registrato nell’ambito della procedura concorsuale, purché siano indicate in tali ipotesi le ragioni che rendono plausibile il ricorso a detto criterio avuto riguardo alle specifiche circostanze del cose concreto.

27 Febbraio 2023

Effetti sul giudizio della morte della parte convenuta dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni

La dichiarazione della morte della parte costituita a mezzo di difensore va ritenuta tempestiva e, quindi, suscettiva di provocare l’interruzione ipso iure della causa, dovendosi interpretare la regola dettata sul punto dal combinato disposto degli artt. 300, co. 5, e 190 c.p.c. nel senso che la chiusura della discussione davanti al collegio va equiparata al momento in cui, dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, viene a scadere il termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

Diversamente dall’ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore (caso, questo, nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario), nell’eventualità della chiamata del terzo in garanzia la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell’autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo.

23 Febbraio 2023

Cessazione della materia del contendere per rinuncia all’azione di responsabilità

La sentenza di cessazione della materia del contendere è una pronuncia in rito, avente natura dichiarativa, a cui il giudice può e deve addivenire, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, ogniqualvolta sia riconosciuto da tutte le parti interessate, oppure emerga pacificamente dagli atti di causa, il sopravvenire di una situazione idonea ad eliminare ogni ragione di contrasto sul merito della pretesa dedotta in lite o, comunque, tale da far venire meno, per ragioni oggettive o soggettive, la necessità di una pronuncia giudiziale su quanto costituiva oggetto di domanda.

21 Febbraio 2023

Sull’amministratore di fatto di società di capitali

In tema di società, la persona che, benché priva della corrispondente investitura formale, si accerti essersi inserita nella gestione della società stessa, impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, va considerata amministratore di fatto ove tale ingerenza, lungi dall’esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza.

Le norme di legge che disciplinano l’attività degli amministratori di una società di capitali, dettate al fine di consentire un corretto svolgimento dell’amministrazione dell’ente, sono applicabili non soltanto alle persone fisiche immesse, nelle forme stabilite dalla legge, mediante atto negoziale di preposizione gestoria nelle funzioni di amministrazione, ma anche a coloro che si siano, di fatto ingeriti nella gestione della società in assenza di una qualsivoglia investitura da parte dell’assemblea, sia pur irregolare o implicita; con la conseguenza che i responsabili delle violazioni di dette norme vanno individuati, anche nell’ambito del diritto privato non sulla base della loro qualificazione formale, bensì con riguardo al contenuto delle funzioni concretamente esercitate.