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3 Novembre 2023

Onere della prova nell’azione di risoluzione del contratto di cessione di quote sociali

Secondo gli ordinari criteri di riparto della prova, è onere del debitore convenuto fornire la prova del fatto estintivo del diritto azionato, ovvero dell’avvenuto adempimento, potendo il creditore, sia che agisca per l’adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, dare la sola prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi ad allegare l’inadempimento di controparte.

23 Novembre 2022

La risoluzione del mandato senza rappresentanza per l’acquisto di quote sociali

Il mandato, anche ove conferito in rem propriam, non è ritenuto unanimemente contratto a prestazioni corrispettive e ciò precluderebbe l’azione di risoluzione del contratto. Tuttavia, si può dubitare che la risoluzione sia rimedio esclusivo dei contratti con prestazioni corrispettive, sia perché l’ordinamento ammette espressamente la possibilità di risoluzione di attribuzioni patrimoniali unilaterali, come accade per la disciplina della donazione modale, sia perché la risoluzione può derivare anche dalla mancata attuazione di elementi secondari del rapporto. Sicché il rimedio è applicabile ai contratti a titolo oneroso, nonché ai contratti a titolo gratuito per inadempimento del beneficiario che non esegua gli obblighi di carattere accessorio o strumentale a suo carico, quando tali obblighi abbiano un rilievo determinante (si pensi al contratto di mandato, quando il mandante non provveda a somministrare al mandatario i mezzi necessari per l’esecuzione del mandato). Del resto, diversamente rimarrebbe priva di tutela l’ipotesi di omesso adempimento dell’obbligo di trasferire la quota societaria acquistata per conto del mandante in quanto per la cosa mobile è prevista l’azione reale di rivendicazione e per i mobili registrati o gli immobili il rimedio dell’azione ex art. 2932 c.c. (1706 c.c.). Considerato che la quota societaria non è una cosa mobile e non è possibile l’azione di rivendica, deve essere tutelato il mandante con l’azione giudiziale di risoluzione, non avendo più interesse all’adempimento. La risoluzione può essere pronunciata solo quando l’inadempimento dedotto sia imputabile almeno a colpa della parte inadempiente, essendo unico onere di chi agisce in risoluzione la dimostrazione del titolo e l’allegazione dell’inadempimento di controparte che deve opporre l’adempimento o la non imputabilità dell’inadempimento.

11 Luglio 2022

Effetti della risoluzione del contratto di cessione di partecipazioni sociali

In caso di risoluzione del contratto di cessione di partecipazioni sociali, nell’ipotesi di accoglimento della domanda ex art. 1453 c.c., le restituzioni ex art. 1458 c.c. possono essere ordinate solo in presenza di un’espressa domanda di parte non essendo l’effetto restitutorio implicito nella domanda di risoluzione; detta domanda deve essere formulata anche dal lato dell’eventuale convenuto a cui sia addebitato l’inadempimento.  Peraltro, nel caso in cui il contratto di cessione preveda il pagamento in forma rateale, lo stesso non può essere qualificato come contratto ad esecuzione periodica, con l’effetto che in caso di risoluzione dovranno essere regolate le relative restituzioni in applicazione e secondo i principi ex art. 2033 e segg. c.c..

Gli effetti risolutivi conseguenti alla sentenza di risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1458 c.c. trovano efficacia retroattiva tra le parti ma la pronuncia sulle restituzioni non ha natura reale bensì solo obbligatoria. In senso conforme si è espressa anche la Corte di cassazione, affermando che “nei contratti a prestazioni corrispettive la pronuncia costitutiva di risoluzione per inadempimento, facendo venir meno la causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali già eseguite, comporta l’insorgenza a carico di ciascun contraente dell’obbligo di restituzione della prestazione ricevuta, indipendentemente dall’imputabilità dell’inadempimento con un effetto liberatorio ex nunc rispetto alle prestazioni da eseguire ed un effetto recuperatorio ex tunc rispetto alle prestazioni eseguite” (Cass. 4442/2014) e che “la risoluzione del rapporto contrattuale tra le parti […] non può, di per sé, valere a far considerare i cedenti a tutti gli effetti come soci della società anche nel periodo di tempo in cui le quote sono di fatto rimaste nella disponibilità del cessionario, con conseguente possibilità di esercizio da parte sua dei diritti sociali.” (Cass 16169/2014). Questo principio ha portata generale nel senso che, una volta risolto il contratto di cessione di partecipazioni sociali, non può essere considerato automaticamente a tutti gli effetti socio il cedente delle partecipazioni anche per il periodo in cui le quote sono rimaste di fatto nella disponibilità ed intestate al cessionario; tale conclusione è giustificata ulteriormente verso la società ed i terzi dagli effetti della pubblicità che del contratto di cessione è stata data sul registro delle imprese. E così per esempio rimarranno valide le delibere assunte prima della risoluzione contrattuale con il voto del cessionario.

La richiesta di dichiarare la sentenza titolo idoneo all’iscrizione presso il registro delle imprese va rigettata, non potendo la sentenza, costitutiva di risoluzione del contratto di cessione delle partecipazioni sociali, costituire un titolo che comporta ex se il trasferimento delle quote da cessionario a cedente. Lo stesso non è nemmeno uno degli atti tipici di cui la legge prevede la pubblicità con iscrizione al registro Imprese, non rientrando nemmeno nell’ambito dell’interpretazione estensiva dell’art 2470 c.c. che ha portato da tempo a consentire l’iscrizione delle domande giudiziali o delle sentenze che attengono al trasferimento delle quote di srl.

In ogni caso, nell’ipotesi di risoluzione del contratto di cessione di partecipazioni sociali, là dove sia reclamato il risarcimento del danno, deve distinguersi e non sovrapporsi  la genesi del pregiudizio lamentato, non dovendo sovrapporre la gestione delle quote (da parte del socio) alla gestione dell’azienda sociale (da parte dell’amministratore); se le partecipazioni sociali hanno perso valore in conseguenza della compromissione del patrimonio o della situazione finanziaria della società a seguito delle scelte nella gestione dell’azienda, la responsabilità da invocare sarà quella gestoria connessa all’adempimento delle obbligazioni dell’amministratore della società la quale è distinta dall’esercizio dei diritti sociali inerenti le quote. Ferma questa precisazione, il benchmark di riferimento per la ricostruzione del danno subito non deve essere individuato nel prezzo di cessione delle quote, ma più correttamente nel valore delle quote al momento della stipulazione del contratto, da accertare se del caso mediante apposita consulenza tecnica d’ufficio.

8 Giugno 2022

Trasformazione societaria e domanda di risoluzione del preliminare

Qualora vi sia una trasformazione da Spa in Srl, non è più eseguibile il preliminare avente ad oggetto il trasferimento  di partecipazioni sociali nei termini concordati dalle parti, essendo variato l’oggetto anche con riferimento alla qualità del bene: da azione a quote di srl. Da ciò si ricava che dalla diffida ad adempiere di un simile contratto rimasta infruttuosa non possa scaturire la risoluzione del contratto ex art 1454 c.c.

Contestuale proposizione della domanda di risoluzione e di adempimento del contratto di cessione quote

La domanda di risoluzione del contratto di cessione quote e quella di adempimento sono due domande tra loro incompatibili, in quanto legate da un rapporto di pregiudizialità-dipendenza negativa, in conseguenza del quale l’accoglimento dell’una preclude l’accoglimento dell’altra. Rispetto ad esse, dunque, non è in alcun modo configurabile un nesso di accessorietà. Di conseguenza, qualora il creditore proponga contestualmente alla domanda di risoluzione, quella di adempimento (del medesimo contratto), formulando tale ultima domanda in via accessoria rispetto alla prima, le domande devono essere rigettate in quanto inammissibili (non potendo peraltro il giudice effettuare una scelta che ex lege compete esclusivamente al creditore).

14 Dicembre 2021

Onere della prova nell’azione di risoluzione del contratto di cessione d’azienda

In forza della disciplina della ripartizione degli oneri probatori, il creditore che agisce per la risoluzione o per l’adempimento del contratto può limitarsi a fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, e ad allegare l’inadempimento della controparte, spettando al debitore convenuto provare il fatto estintivo, modificativo o impeditivo del diritto.