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6 Dicembre 2023

I presupposti della responsabilità del socio di s.r.l. ex art. 2476, co. 8, c.c.

Affinché il socio di s.r.l. sia responsabile solidalmente con l’amministratore ex art. 2476, co. 8, c.c. occorre che abbia intenzionalmente deciso o autorizzato atti dannosi per la società, per i soci o per i terzi. Le espressioni “decidere” e “autorizzare” assumono valore in considerazione della specifica disciplina normativa riferita dal codice civile alle s.r.l. e tale responsabilità sussiste anche nell’ipotesi in cui, in assenza di un conferimento formale al socio di potere gestorio, questi abbia di fatto concorso nell’operazione intrapresa dall’amministratore, ovvero abbia espresso la propria approvazione in termini autorizzativi, quindi ex ante. Per quanto riguarda l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2476, co. 8, c.c. e formalizzato dall’uso del termine “intenzionalmente”, esso introduce, in sostanza, un limite alla responsabilità dei soci: occorre, infatti, che si provi il dolo degli stessi, i quali dovrebbero aver previsto e voluto l’atto (deciso o autorizzato) dannoso per la società. Pertanto, ai fini della configurabilità della responsabilità solidale del socio è richiesta una specifica connotazione soggettiva dell’agire del socio stesso, il quale potrà essere coinvolto nella responsabilità degli amministratori solo con riferimento ad atti gestori dannosi decisi o autorizzati nella piena consapevolezza delle caratteristiche dell’atto e delle possibili conseguenze, non essendo invece sufficiente la mera volontà di intervenire nella gestione della società. In tal senso, l’esercizio del diritto di voto in assemblea, ivi compreso quella di approvazione del bilancio, costituisce prerogativa della qualità del socio che non appare censurabile di per sé ai fini della responsabilità di cui all’art. 2476, co. 8, c.c., in assenza di ulteriori elementi di allegazione o prova in ordine all’ingerenza nell’attività gestoria.

25 Settembre 2023

Responsabilità degli amministratori per aggravamento del dissesto; rapporti tra i giudizi civile e penale

Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 652, co. 2, e 75, co. 2, c.p.p., la sentenza penale di assoluzione, ancorchè resa all’esito del dibattimento e benchè recante la formula assolutoria “perché il fatto non sussiste”, non fa stato nel giudizio civile promosso dopo l’esercizio dell’azione penale e proseguito con le modalità indicate dal secondo comma dell’art. 75 c.p.p., ovverosia senza il trasferimento dell’azione civile in sede penale mediante costituzione di parte civile, ovvero quando detta costituzione non era più possibile.

La separazione e l’autonomia dei giudizi civile e penale comportano che il giudizio civile sia disciplinato dalle sole regole sue proprie, che largamente si differenziano da quelle del processo penale, non soltanto sotto il profilo probatorio, ma anche, ad esempio, con riguardo alla ricostruzione del nesso di causalità, che risponde, nel processo penale, al canone della ragionevole certezza e, in quello civile, alla regola del più probabile che non.

30 Marzo 2023

Responsabilità dell’amministratore per disinteresse nella gestione sociale

L’amministratore che si disinteressa completamente della gestione sociale prestandosi a fornire copertura alla gestione di fatto da parte di un soggetto non investito della carica o, diversamente, che non reagisce ai comportamenti prevaricatori di colui che si ingerisce nella gestione viene, per ciò solo, gravemente meno ai doveri derivanti dall’incarico che gli impongono una condotta coerente con le esigenze di tutela dell’integrità del patrimonio sociale integrando una sua diretta responsabilità.

Azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore di s.r.l. esercitata dal curatore

L’azione di responsabilità contro gli amministratori esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l. fall. compendia in sé le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c., con conseguente possibilità per il curatore medesimo di cumulare i vantaggi di entrambe le azioni sul piano del riparto dell’onere della prova, del regime della prescrizione (art. 2393, co. 4; 2941, n. 7; 2949; 2394, co. 2, c.c.) e dei limiti al risarcimento (art. 1225 c.c.) ed è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, patrimonio visto unitariamente come garanzia sia per i soci che per i creditori sociali.

In caso di fallimento, il danno deve essere determinato avuto riguardo agli specifici atti di mala gestio addebitati all’amministratore e non parametrato alla differenza tra passivo ed attivo fallimentare. Infatti, nell’azione di responsabilità promossa dal curatore del fallimento di una società di capitali nei confronti dell’amministratore della stessa l’individuazione e la liquidazione del danno risarcibile dev’essere operata avendo riguardo agli specifici inadempimenti dell’amministratore, che l’attore ha l’onere di allegare, onde possa essere verificata l’esistenza di un rapporto di causalità tra tali inadempimenti ed il danno di cui si pretende il risarcimento. La mancanza di scritture contabili della società, pur se addebitabile all’amministratore, di per sè sola non giustifica che il danno da risarcire sta individuato e liquidato in misura corrispondente alla differenza tra il passivo e l’attivo accertati in ambito fallimentare, potendo tale criterio essere utilizzato soltanto al fine della liquidazione equitativa del danno, ove ricorrano le condizioni perché si proceda ad una liquidazione siffatta, purché siano indicate le ragioni che non hanno permesso l’accertamento degli specifici effetti dannosi concretamente riconducibili alla condotta dell’amministratore e purché il ricorso a detto criterio si presenti logicamente plausibile in rapporto alle circostanze del caso concreto.

13 Marzo 2020

Responsabilità degli amministratori di s.r.l. per inadempimenti contabili e tributari

Costituisce un obbligo gravante in capo agli amministratori – in virtù del rapporto intercorrente tra gli stessi e la società – quello relativo alla corretta tenuta della contabilità e al versamento delle imposte erariali e previdenziali, costituendo il predetto un illecito tipicamente costitutivo di responsabilità contrattuale e fondante l’azione sociale verso l’organo di gestione. Al verificarsi dei predetti inadempimenti (relativi alla contabilità e al versamento delle imposte), accertato il collegamento diretto tra fatto ed evento, l’ordinamento presume la colpa dell’amministratore e, pertanto, non è necessaria la prova, da parte della s.r.l., del nesso eziologico tra condotta e danno. Spetterà, invece, all’amministratore la prova di non avere violato gli obblighi previsti dalla legge e dal contratto e/o di avere espresso il proprio dissenso al compimento degli atti dannosi.