Sull’ammissibilità della revocatoria ordinaria di un atto di scissione societaria
È ammissibile l’azione revocatoria ordinaria di un atto di scissione societaria, che si attesta come rimedio diverso e complementare rispetto all’opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c., in quanto l’azione revocatoria è finalizzata a ottenere l’inefficacia relativa dell’atto, al fine di renderlo inopponibile al solo creditore pregiudicato, avendo natura di rimedio successivo perché contesta un atto dispositivo già perfezionato, il cui effetto sia pregiudizievole per l’azione esecutiva. Diversamente, l’opposizione dei creditori sociali ex art. 2503 c.c. è finalizzata a far valere l’invalidità dell’atto.
In caso di scissione societaria – conformemente al disposto di cui all’art 2901 c.c., a mente del quale l’oggetto della revocatoria è rappresentato dagli atti con cui il debitore dispone del proprio patrimonio – l’atto oggetto di revocatoria dovrebbe individuarsi nell’assegnazione patrimoniale della società scissa alle società beneficiarie, quale momento indefettibile e necessario della scissione, che in quanto tale comporta una riduzione di parte o dell’intero patrimonio della società scindenda a favore dell’unica beneficiaria o della pluralità di beneficiarie.
Quando sia soggetto a revoca l’atto di scissione, stipulato in esecuzione di una delibera, occorre provare il carattere fraudolento di quest’ultima, da cui è sorto l’obbligo di stipula dell’atto di scissione poi adempiuto, e tale prova può essere data nel giudizio introdotto con la domanda revocatoria dell’atto di assegnazione, indipendentemente da un’apposita domanda volta a far dichiarare l’inefficacia della delibera, fermo restando che la sussistenza del presupposto dell’eventus damni per il creditore va accertata con riferimento alla stipula della scissione.
Revocatoria dell’atto di scissione e sequestro conservativo ex art. 2905, co. 2, c.c. dei beni delle beneficiarie della scissione
L’art. 2504 quater c.c. (richiamato, in tema di scissione, dall’art. 2506 ter c.c.), ponendo un limite cronologico entro il quale può essere esperita l’azione di accertamento delle nullità rilevanti erga omnes, opera su un piano differente da quello dell’actio pauliana che incide, invece, sull’efficacia dell’atto limitatamente a vantaggio del solo creditore che abbia agito in revocatoria. I due rimedi, quello dell’opposizione del creditore e quello dell’azione revocatoria, sono tra loro concorrenti.
La scissione parziale di una società può determinare una diminuzione della garanzia generica assicurata ai terzi creditori dal patrimonio netto della società scissa, che viene a essere anche solo in parte scorporato, configurandosi in astratto il presupposto oggettivo dell’eventus damni richiesto per l’esercizio della tutela revocatoria, laddove nella parte di patrimonio della società scissa, trasferito a quella beneficiaria, siano ricompresi beni immobili.
Nel caso di scissione, il cumulo di società debitrici, realizzato dall’art. 2506 quater, co. 3, c.c., determinando un frazionamento del limite di responsabilità tra coobbligati, comporta il pregiudizio (idoneo a integrare il presupposto dell’eventus damni richiesto dall’art. 2901 c.c.) per il creditore tenuto, in caso di incapienza del limite di valore del singolo debitore, a dover moltiplicare le azioni dirette alla soddisfazione dell’intero importo del credito.
Il periculum in mora, nel caso di sequestro ai sensi dell’art. 2905, co. 2, c.c., si atteggia come pericolo di perdere la possibilità di poter aggredire in via esecutiva, ex art. 2902, co. 1, c.c., quella parte di patrimonio di cui il debitore ha già disposto in favore dei terzi. L’esistenza del periculum in mora deve essere verificata con riferimento al rischio concreto che il terzo acquirente si disfi, a sua volta, del bene proveniente dal patrimonio del debitore.
L’oggetto del sequestro conservativo disciplinato dall’art. 2905, co. 2, c.c., non è la pluralità dei beni appartenenti al patrimonio del debitore fino alla concorrenza dell’importo corrispondente al credito, come nell’ipotesi generale di sequestro conservativo, ma esattamente il bene alienato dal debitore.
Dibattito sull’ammissibilità della revocatoria ordinaria dell’atto di scissione
Ammissibilità dell’azione revocatoria dell’atto di scissione
L’azione revocatoria ordinaria è preordinata unicamente a preservare e garantire il diritto del creditore di agire in via esecutiva sul patrimonio del proprio debitore, cosicché resti salva la garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c. e si ricostituisca quel patrimonio nella sua consistenza qualitativa e quantitativa anteriore all’atto dispositivo, attualmente o potenzialmente pregiudizievole. Attraverso tale tipo di tutela, di accertamento, il creditore realizza e rende concreta la garanzia generica di cui all’art. 2740 c.c., in due momenti consecutivi: egli può dapprima rendere inefficaci, nei soli propri confronti, quegli atti dispositivi che il debitore ha compiuto, pur consapevole dell’esistenza del vincolo obbligatorio, e che rappresentino, per il verificarsi di una conseguenziale diminuzione del patrimonio di quest’ultimo, un concreto pregiudizio dell’interesse creditorio; poi, a seguito dell’eventuale dichiarazione di inefficacia dell’atto, diviene legittimato a promuovere nei confronti dei terzi acquirenti o beneficiari le azioni conservative ed esecutive sui beni oggetto di disposizione (art. 2902 c.c.).
Ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. non è necessario che il creditore sia titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, bensì è sufficiente una semplice aspettativa che non si riveli prima facie pretestuosa e che possa valutarsi come probabile, anche se non definitivamente accertata: dunque anche il credito litigioso è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore. Nell’ambito dell’azione revocatoria la cognizione del giudice sul credito è meramente incidentale.
È ammissibile l’azione revocatoria ordinaria di un atto di scissione societaria attuata mediante costituzione di una nuova società beneficiaria di parte del patrimonio della società scissa. Questo poiché l’atto di scissione integra a tutti gli effetti un atto di disposizione patrimoniale che risponde ai requisiti di cui all’art. 2901 c.c.: la scissione, infatti, comporta un mutamento della titolarità soggettiva (dalla scissa alla beneficiaria) di una parte del patrimonio della società scissa.
All’esperibilità dell’azione revocatoria non è di ostacolo il disposto normativo dell’art. 2504 quater c.p.c. il quale prevede che, dopo l’iscrizione della fusione nel Registro delle Imprese, l’invalidità dell’atto di fusione non possa essere pronunciata: tale norma, infatti, esclude solo una dichiarazione di invalidità (per nullità o annullamento) dell’atto di fusione o scissione, mentre l’azione revocatoria non determina alcuna invalidità dell’atto di scissione, bensì la sua semplice inefficacia relativa, rendendolo inopponibile al creditore pregiudicato.
All’applicazione della norma di cui all’art. 2901 c.c. all’atto di scissione non è di ostacolo neppure la disciplina della solidarietà dal lato passivo, conseguente alla scissione ex art. 2506 quater, co. 3, c.c. in quanto il rimedio previsto dal menzionato art. 2506 quater c.c. è del tutto diverso dall’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c.: infatti, il compimento di un atto di disposizione del proprio patrimonio (comportante una diminuzione della garanzia di cui all’art. 2740 c.c.) da parte di un coobbligato solidale consente al creditore di esercitare nei suoi confronti l’azione revocatoria (ricorrendone i presupposti), essendo irrilevante se i patrimoni degli altri coobbligati siano singolarmente sufficienti a garantire l’adempimento, dal momento che la solidarietà dal lato passivo per l’adempimento di un’obbligazione pecuniaria determina una pluralità di rapporti giuridici di credito-debito, tra loro distinti ed autonomi.
Laddove il bene oggetto dell’azione revocatoria sia rimasto nel patrimonio della società beneficiaria della scissione, l’effetto della revocatoria è quello di consentire le azioni esecutive e conservative direttamente sul bene oggetto dell’azione con preferenza rispetto agli altri creditori del debitore; tale preferenza non sussiste, invece, nel caso di azione diretta a far valere la responsabilità solidale delle due società coinvolte nella scissione che consente al creditore di agire entro il limite del valore effettivo del patrimonio netto assegnato o rimasto ma solo in posizione di parità rispetto a tutti gli altri creditori.
L’esperibilità del rimedio generale di cui all’art. 2901 c.c. non può escludersi in ragione dell’esistenza, in favore dei creditori della società scissa, di uno specifico strumento di tutela anticipata, quale quello previsto dall’art. 2503 c.c. (applicabile alla scissione in forza del richiamo contenuto nell’ultimo comma dell’art. 2506 ter c.c.), in virtù del quale i creditori possono fare opposizione alla scissione entro sessanta giorni dall’iscrizione della delibera nel Registro delle Imprese: infatti l’opposizione ex art. 2503 c.c. e l’azione revocatoria costituiscono strumenti di tutela profondamente diversi sul piano funzionale, avendo una diversa legittimazione attiva, un diverso momento di operatività, nonché diversi termini di attivazione e diverse conseguenze in caso di accoglimento.
Nel caso di scissione societaria, la valutazione circa l’onerosità o la gratuità dell’atto (funzionale all’individuazione dei presupposti per l’esercizio dell’azione revocatoria) deve essere effettuata non con riferimento agli effetti patrimoniali che l’operazione produce per i soci delle società coinvolte, che restano del tutto irrilevanti nella prospettiva dei creditori della società scissa, ma con riferimento alle conseguenze che la scissione produce sul patrimonio della società debitrice interessata dalla scissione.
Ammissibilità dell’azione revocatoria delle disposizioni patrimoniali poste in essere nell’ambito della scissione
Il rimedio di cui all’art. 2901 c.c. ben può essere esperito anche in relazione agli atti di “disposizione patrimoniale”, posti in essere nell’ambito di operazioni societarie di scissione.
Scissione e revocatoria ordinaria
L’atto di scissione societaria non può essere oggetto di revocatoria ordinaria, essendo l’azione pauliana incompatibile con il sistema di garanzie e con la disciplina positiva dettata in materia di scissione, atteso che con l’art. 2504-quater c.c. il legislatore ha [ LEGGI TUTTO ]
Inammissibilità dell’azione revocatoria ordinaria contro le assegnazioni conseguenti all’atto di scissione
Contro gli atti di assegnazione, conseguenti all’operazione di scissione, non è ammissibile l’azione revocatoria ordinaria (ex art. 2901 c.c. o ex art. 66 l. fall.). Infatti, poichè la finalità dell’art. 2504-quater c.c. consiste [ LEGGI TUTTO ]
Non ammissibilità dell’azione revocatoria dell’assegnazione effettuata mediante scissione. Eseguite le formalità pubblicitarie ex art. 2504-quater c.c. gli effetti della scissione diventano irregredibili
Non è ammissibile l’azione revocatoria dell’assegnazione effettuata nell’ambito di una scissione in quanto l’art. 2504-quater c.c., alla fine di una complessa operazione societaria, ha la funzione di assicurare la stabilità degli effetti della stessa. La diversità qualitativa [ LEGGI TUTTO ]