Atti di mala gestio e perimetro di applicazione della business judgment rule
Le scelte gestorie dell’amministratore di una s.r.l., quali la stipula di contratti di locazione con soggetti poi rivelatisi inadempienti, appaiono insindacabili nel merito ai fini dell’ipotesi di mala gestio dello stesso alla luce del noto principio della business judgment rule, trattandosi di soluzioni ex ante non irragionevoli, parametro che segna il perimetro negativo del vaglio giudiziale. Sicchè in assenza di fondati elementi a supporto della tesi della negligenza nell’individuazione delle controparti negoziali, tali scelte non configurano, infatti, un’ipotesi di mala gestio fonte di responsabilità, trattandosi di negozi finalizzati a far percepire una redditualità alla società, mentre il successivo inadempimento dei locatari non poteva ragionevolmente essere previsto.
Azione di responsabilità del fallimento nei confronti dell’ente pubblico socio unico, dell’amministratore e del revisore
Il codice della crisi di impresa sembra riproporre la questione della configurabilità della responsabilità da direzione e coordinamento, ai sensi dell’art. 2497 c.c., in capo ad un ente pubblico territoriale, che, pur privo di interesse imprenditoriale proprio, persegua l’interesse generale all’erogazione del servizio pubblico avvalendosi dello strumento della partecipazione in una società di diritto comune, risolta dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 19, co. 6, d.l. 78/2009, laddove esclude, all’art. 2, lett. h), e all’art. 13, d.l. 118/2021, in vigore dal 25 agosto 2021, lo Stato e gli enti pubblici territoriali dal novero dei soggetti destinatari della norma di responsabilità dettata dall’art. 2497 c.c. nell’ambito della disciplina della crisi del gruppo di imprese e torna ad evidenziare la complessità della posizione del socio ente pubblico territoriale, tenuto a perseguire, anche nell’attività di direzione e coordinamento delle società partecipate, l’interesse pubblico primario che può, però, non essere in sintonia con l’interesse imprenditoriale del gruppo e delle singole società.
Acquisto di partecipazioni effettuato sulla base di dati economici errati e responsabilità dei revisori: in particolare, il nesso causale
Qualunque sia la connotazione legale della responsabilità invocata in un’azione risarcitoria (se cioè, per inadempimento di una preesistente obbligazione fra danneggiante e danneggiato ovvero, in assenza di quella, ex lege aquilia), la struttura della fattispecie postula che tra la condotta inadempiente o contra ius addebitata al danneggiante e il danno patito dal danneggiato deve sussistere un nesso di causalità, sia pur adeguata e di carattere probabilistico, tale per cui sia allegato, e dimostrato, dall’attore (su cui incombono entrambi detti oneri) che la condotta commissiva od omissiva del convenuto sia stata, se non causa determinante, quantomeno concausa efficacemente concorrente della lesione subita nella propria sfera giuridico-economica. In presenza di un allegato concorso causale, se non si può negare il nesso eziologico fra condotta e danno solo perché vi sono più cause possibili ed alternative, il giudice deve comunque stabilire quale tra esse sia “più probabile che non”, in concreto ed in relazione alle altre, e, quindi, idonea a determinare in via autonoma il danno evento. Qualora tale accertamento non sia possibile, trova applicazione il principio generalissimo dettato dall’art. 41 c.p., in virtù del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento in forza della riconducibilità a tutte di quest’ultimo: salvo che, in concreto, si verifichi l’esclusiva efficienza causale di una di esse [nella specie, il Tribunale ha rigettato la domanda dell’investitore che aveva confessoriamente dichiarato in un separato giudizio di essersi determinato all’acquisto delle azioni in ragione degli stretti rapporti con alcuni amministratori dell’emittente e delle rassicurazione e sollecitazioni ricevute dagli stessi].
Domanda risarcitoria nei confronti dei revisori e nesso causale tra attività di revisione e danno lamentato
Qualunque sia la connotazione della responsabilità invocata in un’azione risarcitoria, la struttura della fattispecie postula che tra la condotta inadempiente o contra ius addebitata al danneggiante e il danno patito dal danneggiato sussista un nesso di causalità, seppur ‘adeguata’ e di carattere probabilistico, tale per cui sia allegato e dimostrato dall’attore (su cui incombono entrambi detti oneri) che la condotta commissiva ed omissiva del convenuto sia stata, se non la causa determinante, quantomeno una concausa efficacemente concorrente della lesione subita nella propria sfera giuridico-economia. Sicché, nel caso di azione risarcitoria promossa nei confronti dei revisori legali da parte di terzi entrati in contatto con la società revisionata, a prescindere che la domanda sia proposta ex art. 15 d.lgs. n. 39/2010 ovvero ex art. 2043 c.c., grava sull’attore fornire la prova che l’inadempimento dei revisori agli obblighi su di essi incombenti si sia posto in diretta relazione causale con il danno lamentato [nel caso di specie il Tribunale ha rigettato la domanda risarcitoria nei confronti del revisore non ravvisando la prova che l’asserito inadempimento del revisore si sia posto in diretta relazione causale con la decisione dell’attrice di acquistare azioni della società revisionata, poi messa in l.c.a.].
La trasmissione in live streaming è lesiva dell’immagine dell’emittente televisiva e risarcibile ex art. 158 l.d.a. anche in via equitativa
La trasmissione abusiva delle partite in live streaming su internet effettuata in contemporanea alla diffusione da parte del titolare dei diritti sulla piattaforma dell’emittente televisiva costituisce una macroscopica lesione della immagine commerciale della stessa e introduce un elemento di forte dissuasione alla stipula o al rinnovo degli abbonamenti con evidenti ricadute sulla capacità di attrarre investimenti pubblicitari. Il risarcimento del danno subito in conseguenza della lesione nell’esercizio di un diritto di utilizzazione economica trova regolazione nell’art. 158 l.d.a., liquidabile anche facendo applicazione del parametro equitativo, ai sensi dell’art. 2056, secondo comma, c.c., cui fa rinvio il citato articolo 158 [Fattispecie relativa a trasmissioni in modalità live streaming di prodotti audiovisivi di un’emittente televisiva, mediante le quali venivano messe a disposizione del pubblico su internet incontri calcistici esclusivamente in diretta, senza che le stesse venissero né registrate né mantenute disponibili in differita per il pubblico].
Omessa consegna del certificato di abitabilità e conseguente azione risarcitoria e di responsabilità rispettivamente verso società e amministratori
Il certificato di abitabilità rientra nel novero dei documenti che, a norma dell’art.1477 c.c., il venditore deve rimettere al compratore al più tardi al momento della consegna del bene venduto. Pertanto, l’inadempimento del venditore sussiste già nel momento in cui, in sede di esecuzione del contratto di compravendita con l’immissione dell’acquirente nel possesso materiale e giuridico del bene, venga omessa la consegna allo stesso del certificato di abitabilità; ed è dunque da tale data che decorre il termine decennale di prescrizione dell’azione volta a far valere la responsabilità risarcitoria per inadempimento contrattuale. Non possono peraltro rilevare quali atti interruttivi del corso della prescrizione (ex art. 2943 c.c.), delle precedenti missive che non contengano, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato, l’esplicitazione della pretesa e l’intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l’effetto sostanziale di costituirlo in mora.
L’inadempimento contrattuale di una società di capitali non può, di per sé, implicare responsabilità risarcitoria degli amministratori nei confronti dell’altro contraente, secondo la previsione dell’art. 2395 c.c. o dell’art. 2476, co. 6°, c.c., atteso che tale responsabilità – di natura extracontrattuale – postula fatti illeciti direttamente imputabili a comportamento colposo o doloso degli amministratori medesimi.
Inoltre, ai fini dell’esperimento dell’azione di responsabilità verso gli amministratori, ex art. 2394 c.c., l’intervenuta prescrizione della pretesa risarcitoria azionata nei confronti della società venditrice, fa venir meno la qualifica di creditore in capo all’istante, escludendo quindi la sussistenza del presupposto fondamentale per l’utile accesso al rimedio previsto dalla norma. Infine, a fondare la responsabilità dell’amministratore ex art. 2394 c.c. non può valere la mera insufficienza del patrimonio sociale, occorrendo anche che la stessa sia conseguenza di atti di mala gestio, ovvero di omissioni e condotte illegittime poste in essere dall’amministratore in violazione degli obblighi correlati alla carica e, segnatamente, in contrasto con il generale dovere di preservare l’integrità del patrimonio sociale.
Competenza in materia di risoluzione contrattuale ex art. 72, quinto comma, l. fall.
Non può essere valutata in via autonoma – ed è quindi improcedibile – la domanda di risoluzione del contratto che implica dirette conseguenze, negative per la massa fallimentare, sulla titolarità del marchio e, dunque, sul trasferimento a favore del suo titolare e a danno della convenuta nonché, a valle, sul [ LEGGI TUTTO ]
Interesse concreto e attuale all’impugnazione di delibere assembleari e risarcimento del danno
L’attore che chieda la nullità di delibere assembleari delle quali assuma l’invalidità, ma che non allega la sussistenza di un interesse “concreto e attuale” all’invalidità medesima, mostra di non avere in realtà alcun interesse alla rimozione delle delibere impugnate ma piuttosto [ LEGGI TUTTO ]