Differenze tra azione individuale ed azione sociale di responsabilità nei confronti dell’amministratore di s.r.l.
L’elemento di diversità dell’azione individuale di responsabilità rispetto all’azione sociale ed a quella dei creditori è rappresentato dall’incidenza diretta del danno sul patrimonio del socio o del terzo. Infatti, mentre l’azione sociale è finalizzata al risarcimento del danno al patrimonio sociale, che incide soltanto indirettamente sul patrimonio dei soci per la perdita di valore delle loro azioni o della loro quota sociale, e l’azione dei creditori sociali mira al pagamento dell’equivalente del credito insoddisfatto a causa dell’insufficienza patrimoniale causata dall’illegittima condotta degli amministratori, e quindi ancora una volta riguarda un danno che costituisce il riflesso della perdita patrimoniale subita dalla società, l’azione individuale postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società. Il presupposto intorno al quale è costruita l’azione in argomento è costituito dall’incidenza “diretta” del danno sul patrimonio del socio o del terzo, nel senso che al socio o al terzo è precluso agire in responsabilità contro gli amministratori per i danni che dall’attività di questi abbiano risentito soltanto indirettamente o di riflesso e che siano mera conseguenza del depauperamento del patrimonio della società (l’avverbio “direttamente” consente di delimitare l’ambito di esperibilità dell’azione chiarendo che se il danno lamentato costituisce solo il riflesso di quello cagionato al patrimonio sociale, si è al di fuori dell’ambito di applicazione della norma). Quanto alla qualificazione giuridica della domanda, è stato ritenuto che, attesa la mancanza di un vincolo contrattuale tra l’amministratore ed il socio od il terzo che esercitano l’azione, la responsabilità che ne deriva assume natura extracontrattuale
Se il curatore non specifica il titolo della domanda nell’azione di responsabilità, si presume che abbia esercitato congiuntamente le azioni ex artt. 2393 e 2394 c.c.
L’amministratore di fatto viene positivamente individuato quando si realizza la compresenza dei seguenti elementi: (i) mancanza di un’efficace investitura assembleare; (ii) attività di gestione svolta in maniera continuativa, non episodica od occasionale; (iii) autonomia decisionale interna ed esterna, con funzioni operative e di rappresentanza. La prova della posizione di amministratore di fatto implica, perciò, l’accertamento della sussistenza di una serie di indici sintomatici dell’inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell’attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti, ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, tipizzati dalla prassi giurisprudenziale, quali il conferimento di deleghe in favore dell’amministratore di fatto in fondamentali settori dell’attività di impresa, la diretta partecipazione alla gestione della vita societaria, la costante assenza dell’amministratore di diritto, la mancata conoscenza di quest’ultimo da parte dei dipendenti, il conferimento di una procura generale ad negotia, quando questa, per l’epoca del suo conferimento e per il suo oggetto, concernente l’attribuzione di autonomi e ampi poteri, fosse sintomatica della esistenza del potere di esercitare attività gestoria in modo non episodico o occasionale.
L’efficacia probatoria del contenuto della relazione redatta dal curatore esige di essere diversamente valutata a seconda della natura delle risultanze da essa emergenti: la relazione, in quanto formata da pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, fa piena prova fino a querela di falso degli atti e dei fatti che egli attesta essere stati da lui compiuti o essere avvenuti in sua presenza (ivi comprese le dichiarazioni dei terzi relativamente e limitatamente alla loro realtà effettuale). Tale rilevanza probatoria non assiste, invece, contro le contestazioni opponibili dai controinteressati, il contenuto delle dichiarazioni dei terzi nella loro intrinseca veridicità, che resta quindi liberamente valutabile in ordine alla effettiva rispondenza di quanto dichiarato (e dal curatore soltanto recepito e riferito) alla verità storica dei fatti.
L’azione esercitata dal curatore ai sensi dell’art. 146 l. fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c.; la mancata specificazione del titolo nella domanda fa presumere che il curatore abbia inteso esercitarle congiuntamente entrambe.
Grava sull’amministratore l’onere di dare prova dell’esatto adempimento dei propri doveri e quindi della conformità delle operazioni economiche generatrici di esborsi agli interessi della società.
L’azione di responsabilità ex art. 2476 c.c. e la revoca definitiva dell’amministratore
Alcune omissioni o inadempimenti dell’amministratore unico di S.r.l. sono connotati dalla della radicale assenza della diligenza qualificata a lui richiesta dall’art. 1176 c.c. per l’assolvimento del suo incarico: ad es., la predisposizione del progetto di bilancio relativo agli esercizi successivi, la presentazione dello stesso all’Assemblea e, se necessari, l’adozione di provvedimenti di ricapitalizzazione o scioglimento della società. Trattasi di irregolarità talmente gravi da giustificare un provvedimento giudiziale di revoca definitiva dell’amministratore ex art. 2476 c.c.
Inoltre, è proficuamente esperibile l’azione sociale di responsabilità nei confronti dello stesso amministratore, ai sensi dell’art. 2476 c.c., se sostenuta dalla prova del compimento da parte di quest’ultimo di atti volti a distrarre le risorse sociali (nel caso di specie, erano stati rilevati numerosi pagamenti in danno della società ed in situazione di conflitto di interessi con quest’ultima). Del resto, è onere dell’amministratore convenuto in giudizio fornire la prova dell’effettiva esecuzione delle attività richieste dalla sua carica e della correttezza delle stesse (nel caso di specie, appunto, l’amministratore avrebbe dovuto provare la regolarità dei pagamenti effettuati).
Pagamenti ingiustificati e principio di non contestazione
Il Tribunale deve, in forza del disposto dell’art. 115 c.p.c., porre a fondamento della decisione i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita. Se il curatore esperisce l’azione sociale di responsabilità per reintegrare il patrimonio sociale, la stessa natura dell’addebito di “pagamento ingiustificato” impone a ciascun resistente, incluso l’amministratore di fatto, di prendere posizione su ciascuna voce di movimentazione del conto, non solo specificando la giustificazione dei singoli importi via via ricevuti, ma anche l’inerenza e la congruità dei singoli versamenti rispetto agli scopi sociali.
Azione sociale di responsabilità ex art. 2476 c.c. e annullamento di lodo arbitrale irrituale per vizio del contraddittorio
Ai sensi dell’art. 2476 c.c. il socio è investito di una legittimazione straordinaria, in quanto titolare del diritto dedotto in giudizio è la società. Per tale ragione, deve ritenersi che la società assuma la qualità di litisconsorte necessario del socio e che il socio agisca non uti singulus ma in qualità di sostituto processuale della società. Ne deriva che la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della società in persona di un curatore speciale costituisce un vizio di costituzione del rapporto processuale a cui consegue la nullità dell’intero giudizio, rilevabile in ogni stato e grado del processo.
Il lodo irrituale è soggetto al regime delle impugnative negoziali in ragione della sua natura di negozio di accertamento.
Prescrizione dell’azione sociale di responsabilità degli amministratori per evasione d’imposta
L’azione sociale di responsabilità dell’amministratore per i fatti che hanno portato alla emissione della cartella di pagamento dall’Agenzia delle entrate per evasione d’imposta si prescrive nel termine di 5 anni. Questa decorre da quando il potenziale danno è stato portato a conoscenza della società, vale a dire dalla ricezione dell’avviso di accertamento e non dalla notifica della cartella di riscossione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
L’azione di responsabilità nelle s.r.l.: legittimazione attiva e rilevanza dell’ulteriore qualità di amministratore giudiziario
La legittimazione attiva alla proposizione dell’azione sociale di responsabilità nei confronti degli amministratori della s.r.l. non è una competenza esclusiva del socio ma è aggiuntiva rispetto a quella della società, della quale il socio assume la veste di “sostituto processuale”. Anche quando l’iniziativa è di un singolo socio, la pronuncia risarcitoria sarà sempre in favore della società (e infatti l’art. 2476, co. 6 c.c. chiarisce che, accanto all’azione in esame, il socio potrà anche esperire l’azione di responsabilità per danni diretti).
Nell’azione di responsabilità avente ad oggetto l’attività svolta in qualità di amministratore della società, deve tenersi conto altresì della qualità ricoperta di amministratore giudiziario del capitale e del patrimonio aziendale con riferimento alla necessità dell’ottenimento di eventuali autorizzazioni della competente autorità giudiziaria, per il compimento di una serie di atti. Ai fini dell’individuazione dei poteri dell’amministratore, dei limiti al relativo esercizio e, quindi, dell’eventuale negligenza nello svolgimento dell’attività, è rilevante la qualità di ausiliario del giudice rivestita dal professionista preposto all’amministrazione.
Business Judgment Rule: ambito applicativo ed estensione
Nei giudizi aventi a oggetto l’accertamento della responsabilità degli amministratori verso la società ex art. 2392 c.c. l’onere probatorio e i limiti di intervento del potere giudiziario sono regolati dai seguenti principi.
Quanto all’onere probatorio, spetta a parte attrice allegare le condotte poste in essere dall’amministratore e produttive del danno quale espressione di violazione delle regole di diligenza e lealtà gravanti sul medesimo amministratore.
Quanto al limite di intervento del potere giudiziario, trova applicazione la business judgment rule secondo cui sono insindacabili le scelte gestorie degli amministratori, dovendo il giudice adito verificare e giudicare la sola diligenza adottata dall’amministratore nel valutare preventivamente i margini di rischio connessi alla scelta da intraprendere, sul presupposto necessario, quindi, che esista in capo all’amministratore una facoltà di scelta su almeno due opzioni lecite percorribili.
Delibera assembleare di rinuncia all’azione di responsabilità: determinatezza dell’oggetto e limiti
La delibera assembleare di una società che contenga l’espressa dichiarazione di volontà di liberare l’amministratore unico da qualsivoglia conflitto di interessi e responsabilità in ordine ad alcune operazioni sociali, al quale aveva preso parte anche in nome e per conto proprio, costituisce una rinuncia pro futuro all’esercizio dell’azione di responsabilità con riferimento alle operazioni oggetto della delibera.
La rinuncia, da parte dell’assemblea, all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (prevista agli artt. 2393, co. 6, c.c. e 2476, co. 5, c.c.), sia essa preventiva o successiva, incontra due limiti invalicabili costituiti dalla determinatezza dell’oggetto della rinuncia e dalla regola dell’art. 1229 c.c., che esclude la validità di patti che esimano preventivamente il debitore da responsabilità dolosa o per colpa grave.
Giudizio di responsabilità a carico di amministratori, sindaci e direttori generali di S.p.A.: accertamento, onere probatorio e riparto interno
La valutazione del Tribunale in ordine alla domanda risarcitoria promossa dalla società avverso gli amministratori non può prescindere dai limiti che il sindacato del giudice incontra avanti a scelte che attengono al merito imprenditoriale ed alle decisioni che incidono sugli assetti amministrativi e organizzativi della società. Tuttavia, l’insindacabilità del merito delle scelte di gestione trova un limite nella valutazione di ragionevolezza delle stesse, da compiersi ex ante, secondo i parametri della diligenza del mandatario, alla luce dell’art. 2392 c.c.
Sul riparto dell’onere della prova, quando la società faccia valere in giudizio un titolo di responsabilità contrattuale, verso ex dipendenti, amministratori e sindaci, è preciso onere dei convenuti dare prova dell’esatto adempimento e dunque dimostrare l’inerenza e la conguità delle spese sostenute dal direttore generale rispetto agli obiettivi del suo incarico, ovvero dare adeguata giustificazione del “consenso” dato al superamento del budget di previsione della voce di tale spese.
Né vale a escludere la responsabilità degli organi sociali l’asserita “impossibilità” per amministratori e sindaci di percepire l’entità delle spese, se non in sede di approvazione del bilancio. Invero, tale argomento, non vale in alcun modo ad esonerare gli amministratori dalla responsabilità per non aver previsto una adeguata procedura di controllo, e per non aver predisposto sistemi di verifica preventiva e successiva delle spese, per un corretto monitoraggio e una efficace prevenzione di costi ingiustificati. Mentre i sindaci hanno ex lege un preciso onere di vigilare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, ex art. 2403 c.c., disponendo altresì di penetranti poteri di ispezione e di controllo.
La responsabilità di predisporre un adeguato assetto di controllo è obbligo che grava su tutti gli amministratori, anche quelli senza deleghe, che in ogni caso sono tenuti a sollecitare tempestivamente il presidente o gli amministratori delegati affinché si attivino. L’inerzia in questi casi non può essere una esimente.
Quanto ai rapporti interni fra i membri del c.d.a. rileva, invece, il diverso apporto causale ascrivibile a ciascun consigliere.