Vizi della relazione sulla gestione e invalidità del bilancio
La previsione della seconda convocazione rinviene la sua ratio nel favor deliberationis sotteso alla eliminazione del quorum costitutivo previsto per la prima (art. 2369, co. 3, c.c.). In tanto l’assemblea in seconda convocazione potrà svolgersi, in quanto quella in prima convocazione, regolarmente costituita, si sia svolta. Il mancato svolgimento della prima assemblea – trattandosi di fatto negativo – può essere provato in ogni modo, ma in primis, certamente, provando che l’assemblea in prima convocazione si è correttamente costituita. La delibera assembleare societaria, assunta in seconda convocazione, non preceduta dalla verbalizzazione del mancato raggiungimento delle maggioranze richieste per la sua costituzione in prima convocazione, non può essere considerata inesistente, in quanto essa possiede tutti gli elementi per essere riconducibili al modello legale delle deliberazioni assembleari e pone solo problemi di validità legati all’accertamento della maggioranza necessaria per assumere la deliberazione (di seconda convocazione).
La violazione dei canoni di cui all’art. 2423, co. 2, c.c. comporta l’illiceità della delibera assembleare di approvazione del bilancio per violazione di norme imperative in materia contabile. Nondimeno, la nullità della delibera può essere rilevata solo nella misura in cui: (i) la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo d’esercizio (o il dato destinato alla rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società) e quello del quale il bilancio dà invece contezza; oppure (ii) in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l’intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte.
La relazione sulla gestione di cui all’art. 2428 c.c. ha una funzione di illustrazione ampiamente valutativa della situazione economico/gestionale della società e non è oggetto di delibera assembleare in quanto non propriamente parte del bilancio d’esercizio. Tuttavia, i vizi informativi che affliggono la relazione sulla gestione possono determinare la nullità della deliberazione nella misura in cui siano tali da rendere non chiaramente intellegibile o addirittura da falsare sul punto il bilancio. In particolare, se i vizi sono collegati a mancanze non connesse ai dati di bilancio, questi possono determinare solo la annullabilità del bilancio o la nullità dell’allegato; se i vizi invece sono connessi ad informazioni direttamente collegabili a dati contenuti nel bilancio d’esercizio, questi comportano la nullità della delibera assembleare di approvazione del bilancio se ed in quanto la loro capacità decettiva sia tale da inficiare chiarezza, correttezza e veridicità delle corrispondenti voci di bilancio.
Non compromettibilità in arbitri delle controversie sulla violazione dei principi di redazione di bilancio
Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione, in quanto le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma essendo dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti con cui la società entra in contatto, trascendono l’interesse del singolo ed attengono a diritti indisponibili, sicché devono essere decise dal giudice.
Nel caso di impugnazione del bilancio ad opera del socio per nullità derivante dalla violazione del precetto di cui all’art. 2423, co. 2, c.c. è sempre necessario che lo stesso indichi quale sia il suo interesse ad agire ovvero quale diritto si assume leso, posto che detta condizione dell’azione non può essere integrata dal generico interesse alla legalità della delibera.
Sulla mancata appostazione di fondo rischi
La valutazione quanto al “rischio” di effettiva sussistenza di passività non ancora determinate al momento di chiusura dell’esercizio consiste (non nel rilievo di una vicenda gestoria oggettivamente già conclusa ma) nell’apprezzamento ex ante delle probabilità/possibilità di evoluzione di una situazione: la correttezza di tale apprezzamento – spettante in primis all’organo amministrativo quale redattore della bozza di bilancio e poi all’assemblea dei soci all’atto dell’approvazione del documento contabile – non è dunque ancorata a dati oggettivi, ma va rapportata ai canoni generali di prudenza e ragionevolezza che presiedono alla redazione del bilancio, la sola violazione dei quali può portare a far ritenere scorretta la valutazione e, conseguentemente, inficiato il bilancio da carenze quanto all’appostazione di fondo rischi e, quindi, contrastante anche con il principio di verità.
Legittimazione del terzo a impugnare il bilancio e responsabilità degli amministratori di s.r.l.
L’interesse del terzo creditore sociale all’impugnazione del bilancio per nullità non sussiste soltanto nel caso di stipulazione di un contratto per errore di fatto sulla situazione economica e finanziaria determinato da oscura o non veritiera rappresentazione della stessa nel bilancio. L’interesse ad agire in tal senso deve ravvisarsi ogniqualvolta dalla rettificazione del bilancio, conseguente all’accertamento della sua nullità, possano derivare conseguenze di rilievo sul piano giuridico. In particolare, ciò accade quando una corretta redazione del bilancio avrebbe generato la verificazione di una situazione di scioglimento della società, con conseguente applicazione della regola di cui al primo comma dell’art. 2486 c.c., in forza del quale gli amministratori conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale.
Non trova applicazione il disposto di cui all’art. 2434 bis, co. 1, c.c., a norma del quale le azioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che è avvenuta l’approvazione del bilancio successivo, ove sia rilevabile d’ufficio da parte del giudice la nullità della deliberazione per illiceità dell’oggetto, tale dovendo ritenersi quella di approvazione di un bilancio non chiaro o non veritiero. Infatti, le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio sono inderogabili in quanto la loro violazione determina una reazione dell’ordinamento a prescindere dalla condotta delle parti e rende illecita la delibera di approvazione e, quindi, nulla. Tali norme, infatti, non solo sono imperative, ma contengono principi dettati a tutela, oltre che dall’interesse dei singoli soci ad essere informati dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l’effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente.
La norma di cui all’art. 2467 c.c. non si applica ai crediti dei soci nei confronti della società sorti per effetto di finanziamenti anteriori all’entrata in vigore di tale disposizione (1 gennaio 2004).
In tema di società di capitali, le dazioni di denaro dei soci in favore della società possono essere effettuate per finalità tra loro molto diverse, a cui risponde una diversità di disciplina (conferimenti, finanziamenti, versamenti a fondo perduto o in conto capitale, versamenti in conto futuro aumento di capitale), sicché l’organo amministrativo non è arbitro di appostare in bilancio tali dazioni, né di mutare la voce relativa, successivamente all’iscrizione originaria, dovendo quest’ultima rispecchiare l’effettiva natura e la causa concreta delle medesime, il cui accertamento, nell’interpretazione della volontà delle parti, è rimesso all’apprezzamento riservato al giudice del merito.
Gli amministratori della società sono liberi di decidere per la resistenza in giudizio pur a fronte di contestazioni della controparte, ma devono nel contempo prefigurarsi come possibile l’esito negativo della vertenza e mettere in conto i relativi maggiori costi, di ciò dando la dovuta evidenza in bilancio, e richiedere alla proprietà la ricapitalizzazione della società che ne garantisca la solvibilità anche a fronte dei rischi correlati al contenzioso in atto. Ciò vale anche nei confronti degli amministratori che non siano stati parte in giudizio.
In tema di azione di responsabilità per violazione del divieto di concorrenza ex art. 2390, co. 1, c.c. l’attività concorrenziale potrebbe risultare di rilievo per il terzo creditore della società soltanto nel caso in cui ne sia derivato un depauperamento della consistenza patrimoniale di quest’ultima.
Quantificazione del danno risarcibile dagli amministratori ex art. 2486 c.c.
Ai fini del calcolo del danno risarcibile ex art. 2486 c.c., non è sufficiente rettificare le voci del bilancio inattendibili e scorrette, ma è necessario altresì procedere, all’esito delle rettifiche, con la riclassificazione del bilancio in ottica liquidatoria, ovvero espungere per ogni esercizio successivo al verificarsi della causa di scioglimento della società tutti i costi che in ogni caso avrebbe dovuto sostenere ove fosse stata posta tempestivamente in liquidazione – quali, ad esempio, i costi relativi al personale indispensabile in fase di liquidazione, i costi relativi ai compensi per i liquidatori, i costi relativi ai professionisti consulenti, i costi necessari per utenze, i costi inerenti alla conduzione di immobili non produttivi ma destinati alle attività meramente gestorie, eccetera –, nonché espungere dalla differenza dei netti tutte le disutilità economiche derivanti dalla liquidazione, ivi compresa le svalutazioni delle poste attive di bilancio valutate in continuità e che invece si sarebbero dovute rideterminare ai fini liquidatori, perdendo, ad esempio, i cespiti ed il magazzino la loro destinazione produttiva. Detta operazione risponde alla necessaria esigenza imposta dal principio di causalità, dovendo rispondere gli amministratori unicamente dei danni imputabili e non dei costi e delle disutilità che si sarebbero verificate comunque, anche ove la società fosse stata posta in liquidazione tempestivamente.
Non compromettibilità in arbitri delle delibere di impugnazione del bilancio e la ratio dell’art. 2434 bis c.c.
L’art. 34 d. lgs. n. 5/2003 prevede la devolubilità ad arbitri di alcune, ovvero di tutte, le controversie insorgenti tra soci o tra i soci e la società, che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale. Non è compromettibile in arbitri la delibera concernente la veridicità e la chiarezza del bilancio; tali norme, infatti, non sono solo imperative, ma contengono principi dettati a tutela, oltre che dell’interesse dei singoli soci ad essere informati dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni anno, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto.
Con riferimento specifico alle delibere di approvazione del bilancio, sono annullabili quelle adottate in presenza di violazioni procedimentali nella formazione del bilancio; sono viceversa nulle le deliberazioni di approvazione del bilancio caratterizzate dalla violazione di precetti inderogabili, sia sotto il profilo formale (ad esempio, per l’omessa convocazione del socio alle assemblee e, dunque, in caso di assoluta assenza di informazione), sia sotto il profilo sostanziale (veridicità e correttezza del contenuto del bilancio).
L’art. 2434 bis c.c., applicabile alle s.r.l. in virtù del rinvio compiuto dall’art. 2479 ter c.c., stabilisce poi un ulteriore limite all’impugnabilità delle delibere che attengono all’approvazione del bilancio, per le quali le azioni previste dagli artt. 2377 e 2379 c.c. non possono essere proposte nei confronti delle deliberazioni di approvazione del bilancio dopo che sia avvenuta l’approvazione del bilancio dell’esercizio successivo. L’accertata invalidità di un bilancio non potrebbe ripercuotersi su quello successivo, tenendo conto dell’autonomia di ciascuno di questi e dell’esigenza di assicurare solo la continuità formale dei criteri utilizzati nella rispettiva redazione. In altre parole, la prescrizione in esame finisce per far diventare inutile l’impugnativa del bilancio precedente. Ed infatti, ove quello successivo contenga lo stesso vizio, occorrerà impugnarlo autonomamente; ove invece contenga emenda dei vizi originari, ancor di più potrebbe ritenersi cessato qualunque interesse all’impugnativa del primo bilancio. La ratio della previsione dell’art. 2434 bis c.c. è infatti quella di attuare, esprimendolo nella fattispecie concreta, il generale principio di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.), poiché – secondo la valutazione della fattispecie stessa data dal legislatore, letta alla luce del principio di continuità dei bilanci –, approvato il bilancio successivo, la rappresentazione data, con il bilancio precedente, della situazione economico patrimoniale della società ai soci ed ai terzi ha esaurito le sue potenzialità informative (ed organizzative), e dunque anche le sue potenzialità decettive, dovendo invece i destinatari dell’informazione, per ogni valutazione e decisione organizzativa conseguente, far riferimento all’ultimo bilancio approvato. Tradotta questa visione ordinamentale in termini di interesse ad agire, ne emerge con evidenza il difetto con riguardo all’impugnativa di un bilancio superato dall’approvazione di quello successivo.
Responsabilità dell’amministratori di s.r.l. per il mancato accertamento del verificarsi di una causa di scioglimento
L’onere della prova nell’azione di responsabilità ex art. 2395 c.c.
L’attore – terzo o socio – che proponga azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ai sensi dell’art. 2395 c.c., allegando di essersi determinato ad effettuare l’investimento nella società a ciò indotto da bilanci non veritieri e da altre informazioni fuorvianti veicolate prima della conclusione dell’operazione, è tenuto a provare la specificità di tali circostanze, nonché l’idoneità di esse a trarlo in inganno, lì dove il riferimento all’incidenza diretta del danno sul patrimonio del soggetto danneggiato – quale tratto distintivo della responsabilità ex art 2395 c.c. – importa un esame rigoroso del nesso di causale, secondo un principio di causalità ancorato al criterio del “più probabile che non”. Peraltro, chi si duole dei dati contabili e di bilancio è tenuto ad allegare e poi a dimostrare anche l’idoneità dei medesimi a trarre in inganno la sua fiducia, con la conseguenza che deve fornire la dimostrazione del nesso causale fra l’illecito contabile degli amministratori ed il danno patito in modo diretto e in conseguenza dell’illecito commesso.
Impugnazione di deliberazione di approvazione del bilancio e compromettibilità in arbitri
Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione. Invero, nonostante la previsione di termini di decadenza dall’impugnazione, con la conseguente sanatoria della nullità, le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma, essendo dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente, trascendono l’interesse del singolo ed attengono, pertanto, a diritti indisponibili.
Responsabilità del liquidatore di una società di capitali
L’inadempimento contrattuale di una società di capitali nei confronti di un terzo non implica automaticamente l’esistenza di una responsabilità risarcitoria degli amministratori (o del liquidatore), atteso che tale responsabilità – di natura extracontrattuale – richiede la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso di causalità sussistente fra i due.
L’approdo cui è pervenuto il legislatore nel conformare la responsabilità del liquidatore è frutto di una linea comune di pensiero giurisprudenziale e dottrinale che nel corso degli anni si è sviluppata intorno al tema della responsabilità degli organi liquidatori nei confronti della società, dei creditori sociali e dei soci, sull’assunto che essi sono tenuti al precipuo obbligo di liquidare al meglio – in modo utile – l’attivo patrimoniale, per ripartirlo equamente tra i soci solo una volta effettuato il pagamento dei debiti sociali, secondo l’ordine legale di priorità dei corrispondenti crediti sancito nel piano di liquidazione.
Quanto alla prova della effettiva lesione del credito subita a causa della condotta di mala gestio addebitabile al liquidatore, non rileva tanto la sussistenza o meno di un residuo attivo da ripartire tra i soci nel bilancio finale di liquidazione, né tantomeno l’appostazione o meno nel bilancio finale di liquidazione del corrispondente debito sociale non pagato, quanto piuttosto l’indicazione, da parte del creditore che agisce in responsabilità, del credito sociale non considerato e dello specifico danno subito in rapporto ad altri crediti andati soddisfatti, poiché, tramite il richiamo alla colpa del liquidatore, occorre dedurre e allegare le specifiche condotte del liquidatore che si pongono in violazione degli obblighi connaturati all’incarico ricevuto.
Conseguentemente ex latere creditoris, il creditore rimasto insoddisfatto dall’attività liquidatoria, per far valere la responsabilità del liquidatore, dovrà dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione e il conseguente danno determinato dall’inadempimento.