La modalità di contabilizzazione del finanziamento soci non è decisiva per la sua qualificazione
Un finanziamento operato dai soci in favore della società può avere una duplice finalità: (i) quella di capitale di credito, ossia apporto temporaneo di finanza, utile a sopperire a determinate esigenze e soggetto alla disciplina del mutuo e che attribuisce al socio che ha eseguito il versamento il diritto al rimborso, mentre in capo alla società sorge l’obbligo di restituirlo; (ii) quella di capitale di rischio, destinato a confluire nel capitale, quindi irripetibile se non al termine della liquidazione della società o tramite formale riduzione del capitale.
Per comprendere quale tipo di apporto abbiano inteso effettuare i soci occorre indagare la loro reale volontà; a tal proposito, la modalità di contabilizzazione del finanziamento può rappresentare un indice, ma non è di per sé prova della natura del conferimento. Se un finanziamento è registrato “in conto aumento di capitale”, esso è da imputare senz’altro a capitale laddove un aumento di capitale sia stato deliberato, e di questo rappresenti dunque una anticipazione; ma se nessun aumento è mai stato deliberato, o sia decorso il termine entro il quale doveva avvenire, tale fatto rende presumibile che il versamento sia in realtà stato fatto a titolo di mutuo, con conseguente obbligo di restituzione a carico della società.
Inadempimento agli obblighi di garanzia contenuti in un preliminare di cessione di partecipazioni
Modello di amministrazione disgiuntiva di srl e convocazione dell’assemblea di bilancio
La censura circa l’estromissione del coamministratore dalla predisposizione del bilancio e l’illegittima convocazione dell’assemblea di s.r.l. devono essere vagliate tenendo conto dei principi che possono essere tratti dal sistema, per cui, da un lato, va evidenziato che con la riforma societaria vi è il generale principio per cui le delibere possono essere invalidate solo per difetti che incidono sostanzialmente ed effettivamente sugli interessi potenzialmente suscettibili di lesione, dall’altro lato si deve verificare il modello gestorio adottato dalla società e l’ambito specifico in cui il potere si esplica.
Sostituzione della delibera assembleare invalida di s.r.l.
È applicabile anche alle deliberazioni della s.r.l. la disposizione di cui all’art. 2377, co. 8, c.c., richiamata dall’art 2479 ter, co. 4, c.c.; la norma dispone che l’annullamento della prima deliberazione adottata non può essere pronunciato se la stessa sia stata sostituita da altra, presa in conformità della legge e dell’atto costitutivo. La sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge sussiste se la nuova deliberazione ha un identico contenuto, cioè provvede sui medesimi argomenti della deliberazione impugnata, ferma soltanto l’avvenuta rimozione dell’iniziale causa di invalidità.
Appostazione in bilancio e qualificazione dell’erogazione di somme da parte del socio
L’erogazione di somme che, a vario titolo, i soci effettuano alle società da loro partecipate, può avvenire a titolo di mutuo oppure di apporto del socio al patrimonio della società. La qualificazione, nell’uno o nell’altro senso, dipende dall’esame della volontà negoziale delle parti, e la relativa prova, di cui è onerato il socio attore in restituzione, deve trarsi dal modo in cui il rapporto è stato attuato in concreto, dalle finalità pratiche cui esso appare essere diretto e dagli interessi che vi sono sottesi, dovendosi, inoltre, avere riguardo, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà, alla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto nel bilancio, da reputarsi determinante per stabilire se si tratti di finanziamento o di conferimento, in considerazione della soggezione del bilancio all’approvazione dei soci.
In tema di valutazione della qualificazione della natura di una erogazione di denaro dal socio alla società, occorre applicare i criteri generali valevoli per il diritto societario. E’ quindi necessario considerare che il criterio principale di qualificazione di una destinazione da parte della società di una somma di denaro, comunque ricevuta nel corso dell’esercizio, è dato dall’esame delle risultanze del relativo bilancio. Invero, il bilancio di esercizio è proprio il documento contabile fondamentale che la società è obbligata a redigere per dar conto dell’attività svolta nel relativo esercizio sociale e gli amministratori, nel redigere il bilancio, si assumono la responsabilità della qualificazione che attribuiscono alle relative poste. Dunque, può affermarsi che il bilancio, stante il rilievo anche pubblicistico che assume con la pubblicazione nel registro delle imprese, è il documento principale da cui dover partire per qualificare la natura di un’entrata patrimoniale per la società.
Non compromettibilità in arbitri delle controversie sulla violazione dei principi di redazione di bilancio
Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della delibera di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione, in quanto le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma essendo dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti con cui la società entra in contatto, trascendono l’interesse del singolo ed attengono a diritti indisponibili, sicché devono essere decise dal giudice.
Nel caso di impugnazione del bilancio ad opera del socio per nullità derivante dalla violazione del precetto di cui all’art. 2423, co. 2, c.c. è sempre necessario che lo stesso indichi quale sia il suo interesse ad agire ovvero quale diritto si assume leso, posto che detta condizione dell’azione non può essere integrata dal generico interesse alla legalità della delibera.
Quantificazione del danno risarcibile dagli amministratori ex art. 2486 c.c.
Ai fini del calcolo del danno risarcibile ex art. 2486 c.c., non è sufficiente rettificare le voci del bilancio inattendibili e scorrette, ma è necessario altresì procedere, all’esito delle rettifiche, con la riclassificazione del bilancio in ottica liquidatoria, ovvero espungere per ogni esercizio successivo al verificarsi della causa di scioglimento della società tutti i costi che in ogni caso avrebbe dovuto sostenere ove fosse stata posta tempestivamente in liquidazione – quali, ad esempio, i costi relativi al personale indispensabile in fase di liquidazione, i costi relativi ai compensi per i liquidatori, i costi relativi ai professionisti consulenti, i costi necessari per utenze, i costi inerenti alla conduzione di immobili non produttivi ma destinati alle attività meramente gestorie, eccetera –, nonché espungere dalla differenza dei netti tutte le disutilità economiche derivanti dalla liquidazione, ivi compresa le svalutazioni delle poste attive di bilancio valutate in continuità e che invece si sarebbero dovute rideterminare ai fini liquidatori, perdendo, ad esempio, i cespiti ed il magazzino la loro destinazione produttiva. Detta operazione risponde alla necessaria esigenza imposta dal principio di causalità, dovendo rispondere gli amministratori unicamente dei danni imputabili e non dei costi e delle disutilità che si sarebbero verificate comunque, anche ove la società fosse stata posta in liquidazione tempestivamente.
Impugnazione di deliberazione di approvazione del bilancio e compromettibilità in arbitri
Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione. Invero, nonostante la previsione di termini di decadenza dall’impugnazione, con la conseguente sanatoria della nullità, le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma, essendo dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente, trascendono l’interesse del singolo ed attengono, pertanto, a diritti indisponibili.
Responsabilità del liquidatore di una società di capitali
L’inadempimento contrattuale di una società di capitali nei confronti di un terzo non implica automaticamente l’esistenza di una responsabilità risarcitoria degli amministratori (o del liquidatore), atteso che tale responsabilità – di natura extracontrattuale – richiede la prova di una condotta dolosa o colposa degli amministratori medesimi, del danno e del nesso di causalità sussistente fra i due.
L’approdo cui è pervenuto il legislatore nel conformare la responsabilità del liquidatore è frutto di una linea comune di pensiero giurisprudenziale e dottrinale che nel corso degli anni si è sviluppata intorno al tema della responsabilità degli organi liquidatori nei confronti della società, dei creditori sociali e dei soci, sull’assunto che essi sono tenuti al precipuo obbligo di liquidare al meglio – in modo utile – l’attivo patrimoniale, per ripartirlo equamente tra i soci solo una volta effettuato il pagamento dei debiti sociali, secondo l’ordine legale di priorità dei corrispondenti crediti sancito nel piano di liquidazione.
Quanto alla prova della effettiva lesione del credito subita a causa della condotta di mala gestio addebitabile al liquidatore, non rileva tanto la sussistenza o meno di un residuo attivo da ripartire tra i soci nel bilancio finale di liquidazione, né tantomeno l’appostazione o meno nel bilancio finale di liquidazione del corrispondente debito sociale non pagato, quanto piuttosto l’indicazione, da parte del creditore che agisce in responsabilità, del credito sociale non considerato e dello specifico danno subito in rapporto ad altri crediti andati soddisfatti, poiché, tramite il richiamo alla colpa del liquidatore, occorre dedurre e allegare le specifiche condotte del liquidatore che si pongono in violazione degli obblighi connaturati all’incarico ricevuto.
Conseguentemente ex latere creditoris, il creditore rimasto insoddisfatto dall’attività liquidatoria, per far valere la responsabilità del liquidatore, dovrà dedurre il mancato soddisfacimento di un diritto di credito provato come esistente, liquido ed esigibile al tempo dell’apertura della fase di liquidazione e il conseguente danno determinato dall’inadempimento.
Responsabilità per danno da investimento
Il bilancio e le relazioni periodiche contengono le informazioni contabili costituenti lo strumento principale utilizzato dai terzi, dai soci e dagli investitori per compiere consapevolmente le proprie scelte di investimento e disinvestimento. Secondo un criterio di regolarità causale, ex art. 1223 c.c., si deve ritenere che gli investitori compiono scelte di acquisto o disinvestimento di strumenti finanziari in base a tali informazioni contabili ovvero dai prospetti informativi in caso di sollecitazione all’investimento. Cosicché se le informazioni sono state fuorvianti e dall’investimento o mancato disinvestimento ne è conseguito un pregiudizio patrimoniale, il pregiudizio si presume causalmente ricollegabile, secondo un alto grado di probabilità logica e di razionalità, alle false informazioni contenute nei documenti informativi diffusi dalla società e del danno deve ritenersi responsabile la società. Sussiste, quindi, una presunzione di nesso di causalità tra la scelta di investimento/disinvestimento e l’informazione data al pubblico dall’emittente; la presunzione è suscettibile però di prova contraria se si dimostra e risulta dagli atti del processo, anche alla luce delle condotte tenute dall’investitore successivamente al disvelamento della informazione decettiva, l’irrilevanza delle informazioni date al mercato in rapporto alla scelta concreta dell’investitore specifico.