Sospensione del giudizio civile ex art. 295 c.p.c. e rapporto con il giudizio penale
In base agli artt. 75 e 652 c.p.p. il rapporto tra giudizio penale e giudizio civile è improntato ai principi di autonomia e separazione e la regola generale è che il giudizio civile di danno debba essere sospeso soltanto allorché l’azione civile, ex art. 75 c.p.p., sia stata proposta dopo la costituzione di parte civile in sede penale o dopo la sentenza penale di primo grado, in quanto esclusivamente in tali casi si verifica una concreta interferenza del giudicato penale nel giudizio civile di danno, che pertanto non può pervenire anticipatamente ad un esito potenzialmente difforme da quello penale, in ordine alla sussistenza di uno o più dei comuni presupposti di fatto. Affinché detta regola possa trovare applicazione è, dunque, necessario che vi sia, non solo, una effettiva coincidenza per petitum e causa petendi tra le due azioni, ma, soprattutto, che vi sia identità di soggetti. Solo in siffatta ipotesi può, infatti, trovare applicazione la sospensione necessaria di cui all’art. 295 c.p.c. Sospensione necessaria che viene, altresì, in rilievo, in base a quanto dispongono gli artt. 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p., nell’ipotesi in cui alla commissione del reato oggetto dell’imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile, il che presuppone necessariamente ai sensi dell’art. 2909 c.c. l’identità di soggetti.
Rendita vitalizia come prezzo della cessione di partecipazioni e incompetenza delle sezioni specializzate
Non sussiste la competenza per materia delle sezioni specializzate in materia di impresa a decidere una controversia avente ad oggetto una domanda di pagamento della rendita vitalizia concordata a integrazione del prezzo di cessione di quote sociali a favore di un soggetto terzo rispetto al negozio di cessione. Infatti, la competenza delle sezioni specializzate relative alle partecipazioni sociali o ai diritti inerenti, di cui all’art. 3, co. 2, lett. b), d.lgs. n. 168 del 2003, si determina in relazione all’oggetto della controversia, qualora sussista un legame diretto di questa con i rapporti societari e le partecipazioni sociali, riscontrabile alla stregua del criterio generale del petitum sostanziale, identificabile in funzione soprattutto della causa petendi, per la intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio.
Effetti sul giudizio della morte della parte convenuta dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni
La dichiarazione della morte della parte costituita a mezzo di difensore va ritenuta tempestiva e, quindi, suscettiva di provocare l’interruzione ipso iure della causa, dovendosi interpretare la regola dettata sul punto dal combinato disposto degli artt. 300, co. 5, e 190 c.p.c. nel senso che la chiusura della discussione davanti al collegio va equiparata al momento in cui, dopo l’udienza di precisazione delle conclusioni, viene a scadere il termine per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Diversamente dall’ipotesi in cui il convenuto in giudizio chiami in causa un terzo, indicandolo come il soggetto tenuto a rispondere della pretesa dell’attore (caso, questo, nel quale la domanda attorea si estende automaticamente al terzo, pur in mancanza di apposita istanza, dovendosi individuare il vero responsabile nel quadro di un rapporto oggettivamente unitario), nell’eventualità della chiamata del terzo in garanzia la predetta estensione automatica non si verifica, in ragione dell’autonomia sostanziale dei due rapporti, ancorché confluiti in un unico processo.
Rapporti tra giudizio cautelare e di merito e ratio dell’art. 96, co. 3, c.p.c.
La finalità della tutela cautelare è individuabile nella precisa salvaguardia del medesimo diritto soggettivo già fatto valere con la domanda introduttiva del giudizio di cognizione ordinaria, nonché nell’assicurazione dei medesimi effetti ottenibili a fronte della conclusione del processo già instaurato. Sussiste una relazione di accessorietà tra il giudizio cautelare e il giudizio di merito, dal momento che il requisito della strumentalità è idoneo a porsi come condizione di ammissibilità della tutela cautelare e il contenuto del futuro giudizio di merito è inquadrabile come limite oggettivo e soggettivo del contenuto del provvedimento d’urgenza, non essendo possibile attribuire alle parti beni che le stesse potrebbero conseguire solo per effetto della sentenza.
Con la previsione dell’art. 96, co. 3, c.p.c. è stata introdotta una fattispecie a carattere sanzionatorio che prende le distanze dalla struttura tipica dell’illecito civile per confluire nelle cc.dd. condanne punitive e con la quale il giudice deve responsabilizzare la parte a una giustizia sana e funzionale, scoraggiando il contenzioso fine a sé stesso che, aggravando il ruolo del magistrato e concorrendo a rallentare i tempi di definizione dei processi, crea nocumento alle altre cause in trattazione mosse da ragioni serie e, spesso, necessità impellenti o urgenti nonché agli interessi pubblici primari dello Stato. La norma configura una sanzione di ordine pubblico dettata, con finalità di deflazione del contenzioso, nell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso del processo e di quelle condotte processuali che determinano una violazione delle regole del giusto processo e della sua ragionevole durata. Il terzo comma dell’art. 96 c.p.c. è diretto quindi a sanzionare l’abuso del processo che si invera nei casi in cui lo strumento processuale viene piegato a finalità devianti rispetto alla tutela dei diritti e degli interessi legittimi per il quale l’art. 24 Cost. garantisce il ricorso alla tutela giurisdizionale. La previsione di tale responsabilità processuale ha natura non tanto risarcitoria del danno cagionato alla controparte dalla proposizione di una lite temeraria, quanto più propriamente sanzionatoria delle condotte di quanti, abusando del diritto di azione e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori, aggravando il volume del contenzioso; ciò è confermato, sul piano testuale, dal riferimento al “pagamento di una somma”, che segna una netta differenza terminologica rispetto al “risarcimento dei danni” di cui ai precedenti due commi dell’art. 96 e dall’adottabilità della condanna “anche d’ufficio”, che la sottrae all’impulso di parte e ne attesta la finalizzazione alla tutela di un interesse trascendente quello della parte stessa e colorato di connotati pubblicistici.
Accordo transattivo e liti pregresse relativi ai rapporti sociali
In un giudizio avente ad oggetto l’azione di responsabilità per condotte distrattive nei confronti dell’ex socio-amministratore di società agricola semplice, il perimetro dell’accordo transattivo – intervenuto precedentemente tra le parti – non si estende per tabulas alla facoltà delle parti di agire o proseguire eventuali liti già intraprese sorrette da altre causae petendi diverse, relative ai rapporti sociali intercorsi nell’ambito dell’omonima società di famiglia.
Costituzione di parte civile nei confronti dell’amministratore infedele partecipante all’attività di direzione e coordinamento e azione civile di responsabilità ex art. 2497, secondo comma, c.c.
La costituzione di parte civile nel processo penale avente ad oggetto la contestazione di una condotta distrattiva da parte di un amministratore della società concerne, sotto il profilo civilistico, sia gli inadempimenti ai doveri di amministratore della società considerata “uti singula” sia gli inadempimenti di quei medesimi doveri eventualmente commessi quale partecipe all’attività di direzione e coordinamento svolta dalla holding, essendo la condotta inadempiente sempre la stessa, così come i doveri violati e i soggetti danneggiati. Conseguentemente, poiché la coincidenza di petitum, causa petendi e parti delle azioni promosse in sede civile e penale determina l’applicazione dell’effetto estintivo previsto implicitamente dall’art. 75, primo comma, c.p.p., l’azione di responsabilità ex art. 2497, secondo comma, c.c. proposta in sede civile nei confronti del medesimo amministratore in ragione della sua partecipazione all’attività di direzione e coordinamento abusivamente svolta dalla holding dovrà essere dichiarata estinta d’ufficio.
Contratto di licenza, nullità del brevetto ed equo compenso
Nell’ipotesi in cui il contratto di licenza avente ad oggetto l’invenzione non sia più in corso di esecuzione, può essere immediatamente proposta la domanda di equo compenso ex art. 77 c.p.i. unitamente alla domanda di dichiarazione di nullità del brevetto, potendo semmai l’eventuale riconoscimento giudiziale dell’equo compenso essere condizionato nella sua efficacia al passaggio in giudicato della sentenza sulla nullità del brevetto.
Qualificazione della domanda ai fini della competenza delle Sezioni Specializzate e sfruttamento di beni immateriali
Le questioni di competenza devono essere delibate e decise sulla base della domanda, ovverosia della prospettazione in fatto e in diritto formulata dalla parte attrice, al di là della fondatezza di essa (cfr. sul punto, per tutte, Cass. Sez. Lav. 6319/1987, Cass. 1916/1993, e Cass. 5594/1996). Gli elementi a cui occorre fare riferimento nel determinare la sussistenza o meno della competenza funzionale sono il petitum e la causa petendi della domanda oggetto di causa così come formulata [ LEGGI TUTTO ]
nullità e validità parziale dell’atto di citazione
Considerato che per evitare la moltiplicazione delle iniziative processuali la pronuncia del giudice deve investire l’intera questione a lui sottoposta e che manca una norma che ammetta la validità parziale dell’atto di citazione, deve ritenersi [ LEGGI TUTTO ]