Sottrazione fraudolenta per cessione di partecipazioni sociali in presenza di debito
La cessione di partecipazioni sociali preordinata a frustrare il soddisfacimento di un credito del cedente è soggetta a revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c. L’accertamento dell’illegittimità della cessione richiede la prova dell’esistenza dell’atto dispositivo e la valutazione dei presupposti oggettivo e soggettivo, ossia del prodursi dell’evento dannoso e dell’intenzionalità del danno.
L’accertamento del presupposto oggettivo richiede la prova della preesistenza di una posizione debitoria dei convenuti rispetto all’atto dispositivo e il mutamento qualitativo o quantitativo del patrimonio del debitore per effetto di tale atto. Quanto alla “scientia fraudis”, essa può essere ritenuta provata quale conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, da indizi gravi, precisi e concordati ove il primo acquirente, legato da vincolo familiare al venditore-debitore, a breve distanza abbia rivenduto tutte le quote acquistate.
Cessione di debiti e controversie nella l.c.a. delle banche venete
L’art. 3 d.l. 99/2017 (concernente la l.c.a. di Banca Popolare di Vicenza s.p.a. e Veneto Banca s.p.a.) vieta la cessione dei debiti nei confronti dei propri azionisti derivanti dalle operazioni di commercializzazione di azioni, e delle controversie derivanti da vendite distorte (“malcollocamento”) di azioni relative a passati aumenti di capitale. La norma va letta alla luce del principio bancario della condivisione degli oneri (secondo il quale alcune categorie di soggetti sono tenute in via principale a sostenere la crisi, e fra di essi, in ogni caso, gli azionisti) e dunque estensivamente non possono coloro che siano azionisti, anche se si dolgono di avere subito operazioni di malcollocamento di azioni, avere come controparte sostanziale, oltre che processuale, altri che la liquidatela, alla quale i rapporti afferenti la vendita di azioni (e anche la “cattiva vendita”) debbono rimanere. Diversamente si riconoscerebbe all’azionista la possibilità di fare valere doglianze verso soggetti diversi dalla liquidatela, e segnatamente l’acquirente che beneficia di aiuti di Stato. Tale principio vale per tutti i rapporti che siano collegati alla vendita, inclusi i finanziamenti finalizzati al collocamento.
Fra le esclusioni dalla cessione campeggiano i contenziosi civili e i conseguenti effetti negativi, relativi a controversie con azionisti, e comunque le passività (nel senso ampio anche di “minor attivo”) costituite da debiti, responsabilità e passività derivanti o comunque connessi con le operazioni di commercializzazione di azioni delle Banche. L’esclusione dalla cessione non può tuttavia limitarsi alle “passività” ma, alla luce dei principi comunitari, deve estendersi ad ogni aspetto, anche attivo, riconducibile al collocamento azionario.
Cessione d’azienda e conoscenza del debito da parte della cessionaria
L’iscrizione nei libri contabili obbligatori è elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell’acquirente dell’azienda e l’omessa dimostrazione di tale iscrizione determina il mancato adempimento dell’onus probandi in capo alla parte creditrice circa un requisito necessario ai fini della responsabilità solidale del cessionario e, quindi, del titolo a fondamento della relativa pretesa. Ne consegue che la domanda svolta dall’ingiungente nei confronti del cessionario d’azienda ai sensi dell’art. 2560 c.c. deve essere rigettata per mancanza di prova sia in ordine ad un elemento costitutivo “essenziale” consistente nell’iscrizione dei debiti de quibus nei libri contabili obbligatori dell’azienda ceduta, sia, secondo il più recente principio della Corte di legittimità, per mancata allegazione nonché per omessa dimostrazione della circostanza che la cessione d’azienda sia stata utilizzata dai contraenti come strumento fraudolento per spogliare la società debitrice di ogni attivo, precludendo in tal modo il recupero del credito.