(In)validità della cessione di brevetto per vizi del consenso
Nel giudizio sulla validità della cessione di brevetto industriale per vizi del consenso, va rilevato dapprima che l’atto di cessione di un brevetto non richiede la forma scritta ad substantiam, che è prevista solo per la trascrizione presso l’Ufficio centrale dei brevetti. Al riguardo, la giurisprudenza riconosce la possibilità di provare l’avvenuta cessione dei diritti patrimoniali del brevetto anche tramite presunzioni semplici. Pertanto, non ha pregio la tesi per cui il conferimento del brevetto dall’inventore a un terzo avrebbe dovuto richiedere la stipula di un atto pubblico redatto da un notaio.
L’uso della lingua inglese non può in alcun modo integrare un artifizio o un raggiro in quanto chi si appresta a sottoscrivere un contratto ben potrebbe pretendere dal proponente la versione del documento contrattuale in lingua italiana o rivolgersi ad un interprete per la traduzione del testo.
Ai fini della validità della cessione rileva anche l’eventuale manifestazione di intenti sottoscritta tra le parti precedentemente alla cessione, da cui emerga la volontà di trasferire il brevetto, ma ne sia esclusa la vincolatività delle pattuizioni in essa contenute, se il successivo comportamento delle parti abbia confermato la volontà di dare attuazione a tale regolamento negoziale.