Sulla prova del pagamento nella cessione di partecipazioni
Il pagamento delle obbligazioni per somma di denaro adempiute al domicilio del debitore, ove effettuabile in banca, si perfeziona solo allorché la rimessa entri materialmente nella disponibilità dell’avente diritto e non anche quando (e per il solo fatto che) il debitore abbia inoltrato alla propria banca l’ordine di bonifico e questa abbia dichiarato di avervi dato corso, dovendo soggiungersi che tale disposizione – ove non immediatamente eseguibile – è revocabile o anche suscettibile di storno ove non andata a buon fine. Il pagamento postula il trasferimento, concretantesi in una traditio anche se non necessariamente materiale, della somma dovuta dalla sfera patrimoniale del solvens a quella dello accipiens e quindi il conseguimento effettivo da parte di quest’ultimo della disponibilità della somma, effetto che non può ritenersi conseguito, neppure in via presuntiva, con il mero ordine di bonifico ove non risulti che le somme siano state sicuramente incamerate.
Gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione del contratto e onere probatorio nella responsabilità del debitore
In tema di risoluzione del contratto per inadempimento, il rimedio di cui all’art. 1453 c.c. presuppone che l’inadempimento soddisfi il connotato della non scarsa importanza di cui all’art. 1455 c.c.; in particolare, con specifico riferimento al concetto di non scarsa importanza, il giudice deve tener conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive dalle quali sia possibile desumere l’alterazione dell’equilibrio contrattuale. La valutazione della gravità dell’inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito.
L’art. 1218 c.c. regolamenta la responsabilità da inadempimento e delinea, sotto il profilo soggettivo, un modello di responsabilità presunta, la cui disciplina ha significativi riflessi, in particolare, sul piano del riparto dell’onere della prova, giacché realizza una inversione dell’onus probandi previsto, in generale, dall’art. 2697 c.c. Nello specifico, il creditore, che intende far valere tale responsabilità, è gravato unicamente dall’onere di dimostrare in giudizio il titolo, allegare l’inadempimento e provare il danno; diversamente, anche in applicazione del principio di vicinanza della prova, spetta al debitore costituirsi in giudizio e dimostrare di aver esattamente adempiuto, ovvero di aver posto in essere quello sforzo di diligenza richiesto dalla natura della prestazione e che, per tale ragione, l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile (c.d. prova liberatoria).
Sulla compensazione volontaria
In merito ad ipotesi di compensazione c.d. volontaria è la volontà delle parti a dar luogo all’effetto estintivo, sicché il giudice, qualora accerti che le parti hanno stipulato un accordo compensativo, deve dichiarare estinte le obbligazioni, a prescindere dalla prova della contestuale esistenza di crediti reciproci; la compensazione volontaria, infatti, dà luogo ad un contratto di accertamento delle reciproche ragioni di credito, previo riconoscimento della loro esistenza.
Inadempimento delle obbligazioni nascenti da un contratto di cessione di quote
La prescrizione applicabile alle obbligazioni avente ad oggetto il pagamento di una prestazione negoziale è quella ordinaria decennale. Il dies a quo, dal quale decorre il termine decennale ex art. 2946 c.c., deve essere individuato nella data dalla quale il credito può essere fatto valere secondo i principi racchiusi nell’art. 2935 c.c.
Risoluzione di un contratto preliminare di cessione di partecipazioni
Patto fiduciario e simulazione del prezzo nella cessione di quote
La pattuizione con cui le parti di un contratto abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell’atto scritto soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall’art. 2722 c.c., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto.
Il patto fiduciario è quel negozio per effetto del quale il cessionario di quote sociali conviene con il cedente l’impegno a reintestare le quote a favore del fiduciante e ad osservare un certo comportamento convenuto in precedenza, esercitando i diritti sociali in conformità alle direttive del cedente. La prova del patto fiduciario può essere offerta per mezzo di testimoni, non trovando applicazione le preclusioni di cui agli artt. 2721, 2722, 2725 c.c., in quanto il negozio fiduciario non amplia, né modifica il contenuto di un altro negozio, operando esso solo sul piano della creazione di un obbligo da adempiere a cura del fiduciario, il quale ha rilievo sul piano interno nei rapporti tra le parti.
Principi in tema di responsabilità precontrattuale: il contatto sociale qualificato
Il contatto sociale qualificato che si instaura tra le parti durante la fase delle trattative volte alla stipulazione di un contratto genera reciproco affidamento e costituisce fatto idoneo a produrre obbligazioni (art. 1173 c.c.) dal quale derivano reciprochi obblighi di buona fede, protezione e informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c. Ne discendono una serie di conseguenze, in particolare, sul piano dell’onere della prova e della prescrizione.
La responsabilità precontrattuale regolamenta e limita la libertà negoziale: l’interesse tutelato non è quello all’adempimento (presidiato dalla responsabilità contrattuale), ma l’interesse, comune ad entrambe le parti e, quando realizzato, determinante una relazione specifica, al corretto svolgimento di trattative volte a verificare se vi siano o si possano creare le condizioni per la manifestazione di una comune volontà negoziale. Sicché dalla violazione dei canoni di buona fede e correttezza nella conduzione delle trattative discende il diritto della parte adempiente – non già alla conclusione del contratto, bensì – a ottenere il risarcimento dell’eventuale danno subito sub specie di interesse negativo.
Lo svolgimento delle trattative può altresì essere a sua volta oggetto di un contratto, attraverso strumenti normativamente atipici ma socialmente tipici, quali, tra gli altri, le offerte non vincolanti o le lettere di intenti. Nulla vieta dunque, in astratto, che le parti possano regolamentare, quale aspetto o modalità dello svolgimento delle trattative, attività di esame documentale (c.d. due diligence), con l’avvertenza che, perché si crei un vincolo contrattualmente cogente, devono ricorrere i relativi requisiti, tra i quali, ad esempio, la determinatezza o determinabilità dell’oggetto, cioè appunto dell’attività di esame documentale e quindi dei documenti rispetto ai quali essa si deve svolgere.
Il requisito della necessaria indicazione della causa di merito in un giudizio cautelare non va interpretato in termini strettamente formalistici, con conseguente obbligo in capo al ricorrente di indicare in maniera espressa gli estremi della futura domanda di merito, precisandone finanche le relative conclusioni. Ciò che rileva è, piuttosto, che sia possibile dedurre dal tenore complessivo del ricorso il contenuto del possibile giudizio di cognizione, senza necessità di un’indicazione testuale ed analitica delle richieste da proporsi successivamente in detta sede. Ne consegue che l’onere di specificare l’azione di merito può ritenersi pienamente assolto qualora i termini della controversia siano ricavabili dal contesto complessivo dell’atto, dalla ricostruzione dei fatti e dalle violazioni lamentate.
Cessione di quote e autorizzazione a contrarre con sé stesso
È annullabile il contratto concluso dal rappresentate con sé stesso se la procura, che pure un tale contratto autorizzi, non contenga una determinazione degli elementi negoziali sufficienti a tutelare il rappresentato, e in particolare l’indicazione di un prezzo minimo di vendita che impedisca eventuali abusi da parte del rappresentante.
L’oggetto di un contratto è determinato quando, pur se non indicato con assoluta precisione, sia però chiara la volontà delle parti quale risulta dal contratto, mentre è determinabile quando è individuabile in base a criteri oggettivi o quando le parti abbiano previsto il procedimento mediante il quale pervenire alla determinazione.
Responsabilità del notaio e mancata dimostrazione dell’esistenza del danno
Al nostro ordinamento è estranea la configurazione della responsabilità civile con funzione semplicemente sanzionatoria della violazione delle norme che sanciscono specifici doveri diretti ad evitare la lesione della sfera giuridica altrui ed è, di conseguenza, ad esso sconosciuta la categoria dei c.d. danni punitivi.
L’attribuzione alla responsabilità civile dell’imprescindibile funzione di rimedio all’effettiva lesione della sfera del danneggiato impone alla vittima, nella formulazione della sua domanda risarcitoria, di descrivere compiutamente il pregiudizio effettivamente subito a causa della condotta illecita attribuita al convenuto, essendo in mancanza la domanda priva di fondamento giuridico. Sicché, è dirimente, ai fini della decisione della controversia, la questione della mancata prospettazione da parte dell’attore di un danno causalmente connesso al fatto illecito addebitato al convenuto.
La violazione della clausola statutaria di prelazione comporta l’inopponibilità alla società e agli altri soci della cessione delle partecipazioni
Nel trasferimento di quote sociali di S.r.l., la violazione della clausola statutaria di prelazione comporta l’inopponibilità alla società e agli altri soci della cessione di partecipazioni effettuata in sua violazione. In tale evenienza, nessun diritto sociale collegato alle partecipazioni acquistate in spregio alla prelazione è esercitabile dal socio acquirente e, operando detta inefficacia di diritto, quale mera conseguenza della violazione della clausola di prelazione, non soffre eccezioni, prevalendo sul dato pubblicitario dell’intervenuto deposito dell’atto di cessione viziato nel registro delle imprese.
L’omissione della previa denuntiatio al socio titolare del diritto di prelazione, non fa sorgere in capo quest’ultimo l’onere (per impedire il trasferimento a terzi e rendersi intestatario della quota prelazionata) di accettare in vece del terzo la proposta, e tale effetto tipico non può ritenersi prodotto – in difetto di previsione statutaria o legale in tal senso – dalla proposta di ritrasferimento della quota formulata dal terzo acquirente a cessione ormai perfezionata.
La richiesta di nomina di un liquidatore sociale, ricorrendone i presupposti, è domanda da presentare ex art. 2487 co 2 c.c. in ambito di Volontaria Giurisdizione e non in sede contenziosa e d’urgenza, presupponente a sua volta il previo accertamento da parte dell’organo amministrativo dell’intervenuto scioglimento della società ai sensi degli artt. 2484 co. 1 c.c. e 2485 c.c.