Inapplicabilità della clausola compromissoria nel caso di perdita della qualità di socio
L’avvenuta esclusione del socio dalla società cooperativa, pronunziata con delibera non impugnata, facendo venir meno la qualità di socio, rende inapplicabile la clausola compromissoria contenuta nello Statuto sociale che rimette alla decisione arbitrale le controversie tra soci o tra soci e società, rendendo infondata l’eccezione di incompetenza in ragione dell’asserita competenza degli arbitri.
Decreto ingiuntivo emesso in presenza di clausola compromissoria
È nullo, e quindi deve essere revocato, il decreto ingiuntivo emesso dall’Autorità Giudiziaria in presenza di clausola compromissoria contenuta in un contratto preliminare di acquisto di partecipazioni sociali.
Eccezione di compromesso: differenza tra clausola di arbitrato rituale ed irrituale
L’eccezione di compromesso riferita ad una clausola di arbitrato rituale attiene alla competenza, in quanto all’attività degli arbitri rituali deve essere riconosciuta natura giurisdizionale e sostitutiva del giudice ordinario, alla stregua della disciplina introdotta nell’ordinamento dal d. lgs. 2 febbraio 2006 n. 40. Di contro, l’eccezione riferita ad una clausola di arbitrato irrituale attiene al merito, in quanto la pronuncia arbitrale ha natura negoziale ed il compromesso si configura come patto di rinuncia all’azione giudiziaria e alla giurisdizione dello Stato con conseguente inapplicabilità delle norme dettate per l’arbitrato rituale, ivi compreso l’art. 819 ter c.p.c.
Secondo l’orientamento consolidato della suprema corte, infatti, l’eccezione con la quale si deduca l’esistenza (o si discuta dell’ampiezza) di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale non pone una questione di competenza dell’autorità giudiziaria (come nel diverso caso di clausola compromissoria per arbitrato rituale), ma contesta la proponibilità̀ della domanda per avere i contraenti scelto la risoluzione negoziale della controversia rinunziando alla tutela giurisdizionale e la relativa decisione si connota come pronuncia su questione preliminare di merito, in quanto attinente alla validità o all’interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria. Ne consegue che la questione deve essere decisa con sentenza di rigetto nel merito.
Incompetenza del Tribunale a giudicare sull’esclusione del socio di cooperativa in presenza di clausola compromissoria
In difetto di espressa circoscrizione del patto arbitrale ad alcune controversie specificamente predeterminate, clausole compromissorie come quella che ricomprende nel suo perimetro applicativo “qualsiasi controversia dovesse insorgere tra i soci ovvero tra i soci e la cooperativa che abbia ad oggetto diritti disponibili relativi al rapporto sociale e mutualistico” deferiscono alla cognizione arbitrale tutte le controversie che trovino la loro matrice nel contratto. E quindi, tutte quelle relative non solo all’esistenza, alla validità e all’esecuzione, ma anche all’estinzione e alla risoluzione del rapporto sociale, ove pure insorte in un tempo successivo all’esaurimento fra le parti del rapporto stesso; purché relative a situazioni con questo costituite, ivi comprese quelle derivanti dall’intervenuta modificazione dei patti contrattuali.
Il ribaltamento dei ricavi nelle società consortili presuppone una previsione di dettaglio approvata dal consiglio di amministrazione della società
La previsione statutaria di una società consortile che prevede l’obbligo, da parte delle società consorziate, di mettere a disposizione della società consortile stessa le risorse occorrenti per le attività da svolgere è una norma statutaria programmatica, che sancisce il dovere dei soci consorziati di finanziare la società, ma che non consente di enucleare il diritto della società consortile a percepire i ricavi dell’appalto. Dunque, il c.d. ribaltamento dei ricavi, che fa sorgere in capo ai soci l’obbligazione di coprire i costi sopportati dalla società consortile per l’esecuzione dell’appalto, non può operare senza una previsione di dettaglio approvata dal Consiglio di Amministrazione della società.
La clausola compromissoria contenuta in una pattuizione a favore di terzo è opponibile a quest’ultimo qualora questi abbia manifestato la volontà di profittare della stipulazione.
Impugnazione della delibera di approvazione del bilancio e clausola compromissoria
Non è compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione di approvazione del bilancio di società per difetto dei requisiti di verità, chiarezza e precisione. Invero, nonostante la previsione di termini di decadenza dall’impugnazione, con la conseguente sanatoria della nullità, le norme dirette a garantire tali principi non solo sono imperative, ma, essendo dettate, oltre che a tutela dell’interesse di ciascun socio ad essere informato dell’andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell’affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente, trascendono l’interesse del singolo ed attengono, pertanto, a diritti indisponibili.
Deve ritenersi invece compromettibile in arbitri la controversia avente ad oggetto l’impugnazione – anche per vizi di nullità – di una delibera di nomina di membri del collegio sindacale.
Una volta dichiarata invalida la delibera di approvazione di un bilancio scatta l’obbligo per gli amministratori, ai sensi dell’art. 2377 c.c., sia di redigere un nuovo bilancio del relativo esercizio e di procedere alla nuova approvazione, sia di adottare tutte le correzioni necessarie con riguardo ai bilanci successivi, se e nella misura in cui le rettifiche al bilancio originariamente impugnato producono conseguenze riflesse sui bilanci intervenuti in seguito. Di conseguenza, in pendenza del primo giudizio di impugnazione, coloro che hanno agito per sentir pronunciare l’invalidità di una delibera di approvazione di un bilancio non hanno l’onere, nè il diritto, di impugnare tutti i bilanci successivi per ottenere che gli effetti dell’invalidità si riflettano sugli stessi. Infatti tali soggetti difettano dell’interesse ad agire, in quanto potrebbero conseguire il medesimo risultato senza il ricorso al giudice, in virtù dell’anzidetta applicazione dell’art. 2377 c.c.
Operatività della clausola compromissoria in relazione a delibere aventi ad oggetto diritti disponibili
In presenza di una clausola compromissoria nello statuto sociale, la controversia avente ad oggetto la richiesta di annullamento della delibera di nomina del Consiglio di Amministrazione, non riguardando diritti indisponibili, comporta l’applicazione della clausola compromissoria e la competenza arbitrale a decidere sulla controversia. [ LEGGI TUTTO ]
Responsabilità concorsuale nella violazione di diritti d’autore su forme del design industriale: il caso Moon Boot
Non potendo il giudice arrogarsi il compito di stabilire l’esistenza o meno in una determinata opera di un valore artistico – occorre rilevare nella maniera più oggettiva possibile la percezione che di una determinata opera del design possa essersi consolidata nella collettività ed in particolare negli ambienti culturali in senso lato, estranei cioè ai soggetti più immediatamente coinvolti nella produzione e commercializzazione per un verso e nell’acquisto di un bene economico dall’altro. In tale prospettiva può darsi rilievo – al fine di riconoscere una positiva significatività della qualità artistica di un’opera del design – al diffuso riconoscimento che più istituzioni culturali abbiano espresso in favore dell’appartenenza di essa ad un ambito di espressività che trae fondamento e che costituisce espressione di tendenze ed influenze di movimenti artistici o comunque della capacità dell’autore di interpretare lo spirito dell’epoca, anche al di là delle sue intenzioni e della sua stessa consapevolezza, posto che l’opera a contenuto artistico assume valore di per sé e per effetto delle capacità rappresentative e comunicative che essa possiede e che ad essa vengono riconosciute da un ambito di soggetti più ampio del solo consumatore di quello specifico oggetto. In tale contesto il giudice dunque non attribuisce all’opera del design un “valore artistico” ex post in quanto acquisito a distanza di tempo, bensì ne valuta la sussistenza con un procedimento che in qualche modo richiede un apprezzamento che contestualizzi l’opera nel momento storico e culturale in cui è stata creata, di cui assurge in qualche modo a valore iconico, che può richiedere (come per tutti i fenomeni artistici) una qualche sedimentazione critica e culturale (l’applicazione di tali criteri ha determinato il Tribunale a riconoscere nel modelli dei Moon Boots la qualità di opera del design industriale ai sensi del n. 10 del comma 1 dell’art. 2 l.d.a., evidenziando a tale fine tutti gli elementi e le circostanze che testimoniavano già all’epoca la considerazione che tale prodotto e le sue peculiari forme avevano assunto da parte di ambienti culturali ed artistici nonché del mondo del design).
La sostanziale identità delle forme non risulta in alcun modo compromessa dal fatto che i prodotti contestati presentino una colorazione particolare o marchi differenti.
In tema di diritto d’autore, l’elaborazione creativa si differenzia dalla contraffazione, in quanto mentre quest’ultima consiste nella sostanziale riproduzione dell’opera originale, con differenze di mero dettaglio che sono frutto non di un apporto creativo ma del mascheramento della contraffazione, la prima si caratterizza per un’elaborazione dell’opera originale con un riconoscibile apporto creativo. Ciò che rileva, pertanto, non è la possibilità di confusione tra due opere, alla stregua del giudizio d’impressione utilizzato in tema di segni distintivi dell’impresa, ma la riproduzione illecita di un’opera da parte dell’altra, ancorché camuffata in modo tale da non rendere immediatamente riconoscibile l’opera originaria
La fattispecie di plagio di un’opera altrui non è data soltanto dal “plagio semplice o mero plagio” o dalla “contraffazione” dell’opera tutelata, ma anche dal cosiddetto “plagio evolutivo”, il quale costituisce un’ipotesi più complessa di tale fenomeno, in quanto integra una distinzione solo formale delle opere comparate, sicché la nuova, per quanto non sia pedissequamente imitativa o riproduttiva dell’originaria, in conseguenza del tratto sostanzialmente rielaborativo dell’intervento su di essa eseguito, si traduce non già in un’opera originale ed individuale, per quanto ispirata da quella preesistente, ma nell’abusiva, e non autorizzata, rielaborazione di quest’ultima, compiuta in violazione degli artt. 4 e 18 l.a. (nel caso di specie, ha ritenuto il Collegio che l’uso del glitter sia del tutto inessenziale a conferire l’autonomia ed originalità creativa necessaria per conferire al modello “glitterato” dignità di opera autonoma).
La ripresa pedissequa dei medesimi modelli per i quali era operativo l’impegno di astensione assunto in occasione di previo accordo transattivo consente di individuare la specifica violazione degli impegni medesimi, non aggirabili mediante la mera attribuzione ai modelli da ultimo contestati di un codice identificativo diverso da quelli indicati nell’accordo stesso anche in considerazione degli obblighi di buona fede connaturati all’ambito contrattuale di riferimento.
L’obbligo di non contestazione della tutela autorale spettante all’opera dell’ingegno assunto dalle parti contrattualmente è del tutto legittimo, risultando detta rinuncia pertinente a diritti disponibili delle parti.
Per dichiarare anche la sussistenza dell’ipotesi di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c. a titolo di concorrenza sleale dipendente dalla violazione di diritti di proprietà intellettuale occorre che sussistano spazi di effettiva autonomia rispetto alle condotte di plagio/contraffazione che ne consentono un’autonoma individuazione. Diversamente essa deve ritenersi assorbita.
Ogni soggetto che abbia partecipato alla filiera produttiva e distributiva del prodotto contraffatto deve risponderne in via solidale con gli altri appartenenti a tale filiera, avendo essi posto in essere un contributo causale comunque rilevante ai fini della consumazione dell’illecito (nel caso di specie – e fatte salve le domande di manleva interne svolte dalle convenute tra loro – sono state ritenute responsabili in concorso tra loro la società gerente il sito e-commerce e le attività di promozione, commercializzazione e logistica afferenti alla vendita dei prodotti in contraffazione; la società produttrice dei prodotti contestati e licenziataria del marchio su di essi apposti; la società licenziante dei marchi stessi e corresponsabile dell’ideazione, scelta ed approvazione dei prodotti contestati; la società venditrice dei prodotti)
L’esaurimento del diritto di distribuzione non si verifica ove il primo atto di trasferimento dell’opera originale o di sue copie sia avvenuto senza il consenso del titolare del diritto.
Quanto alla sussistenza di un pregiudizio in danno del titolare dell’opera oggetto di plagio/contraffazione, l’esistenza in sé di tale pregiudizio è connessa alla natura assoluta dei diritti spettanti all’autore ed ai suoi aventi causa sul piano delle facoltà di utilizzazione economica di essa.
Se è vero che il criterio della reversione degli utili non è stato esteso dal legislatore alla disciplina del diritto d’autore nei termini in cui esso è stato trasfuso nel terzo comma dell’art. 125 c.p.i., tuttavia il secondo comma dell’art. 158 l.d.a. prevede espressamente che il lucro cessante deve essere valutato dal giudice anche tenuto conto degli utili realizzati in violazione dei diritti. Tale parametro, fondato sul beneficio tratto dall’attività vietata, nell’apprezzamento delle circostanze del caso concreto assurge infatti ad utile criterio di riferimento del lucro cessante, segnatamente quando il danno sia correlato al profitto del danneggiante, nel senso che questi abbia sfruttato a proprio favore occasioni di guadagno di pertinenza del danneggiato, sottraendole al medesimo.
Per la natura contrattuale dell’arbitrato irrituale, l’eccezione di compromesso non dà luogo a una questione di competenza bensì di proponibilità della domanda, risultando la relativa eccezione di natura sostanziale, attinente al merito. Anche in esito alla novella del 2006, che ha inserito e disciplinato l’istituto dell’arbitrato irrituale all’interno del codice di rito all’art. 808 ter c.p.c., l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato ritiene che la clausola di arbitrato irrituale non comporti l’incompetenza del giudice ordinario a conoscere della domanda, ma soltanto, qualora la controparte sollevi ritualmente la relativa eccezione, l’improponibilità della medesima.
Esclusione della compensazione delle spese di lite in caso di adesione della parte opposta all’eccezione di compromesso della parte opponente
Ai fini della regolamentazione delle spese processuali, posto che il principio cardine che regola la materia è il criterio della soccombenza, al quale si può derogare solo nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 92 c.p.c., la condotta processuale della ingiungente opposta, che aderisce all’eccezione di compromesso di controparte, non rileva ai fini della compensazione delle spese del giudizio, non potendo integrare un’ipotesi di reciproca soccombenza o una delle altre ipotesi previste dall’art. 92 c.p.c. [nella specie, il Tribunale di Bologna, dopo aver accolto l’eccezione di compromesso e conseguentemente dichiarato nullo il decreto ingiuntivo ottenuto da un socio di una cooperativa per la restituzione di un finanziamento soci infruttifero, ha condannato il socio al pagamento delle spese di lite anche se nel corso del giudizio aveva aderito all’eccezione di compromesso della cooperativa controparte].
Clausola compromissoria e competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo
Costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello per cui l’esistenza della clausola compromissoria non è rilevabile d’ufficio, ma solo su tempestiva eccezione di parte, con la conseguenza che non può escludersi la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, salvo i casi in cui la clausola contempli anche l’emissione dei provvedimenti inaudita altera parte. Tuttavia, qualora nel successivo giudizio di opposizione, la parte opponente eccepisca l’incompetenza del giudice adito in ragione della sussistenza della clausola compromissoria, il giudice deve dichiarare la nullità del decreto opposto e contestualmente rimettere la controversia al giudizio degli arbitri [nella specie, il Tribunale di Bologna ha accolto l’eccezione di compromesso e conseguentemente ha dichiarato nullo il decreto ingiuntivo ottenuto da un socio di una cooperativa per la restituzione di un finanziamento soci infruttifero].