Riduzione della clausola penale contenuta in un contratto di cessione di partecipazioni
Validità della clausola penale nella lettera di intenti di cessione di partecipazioni
La clausola penale è intesa a rafforzare il vincolo contrattuale e a stabilire preventivamente la prestazione cui è tenuto uno dei contraenti qualora si renda inadempiente – ciò anche quando la stessa sia inserita in una lettera di intenti relativa alla cessione di partecipazioni – con l’effetto di limitare a tale prestazione il risarcimento, indipendentemente dal danno effettivo, salvo la risarcibilità di un danno ulteriore qualora ciò sia convenuto, sicché la funzione della clausola è di permettere la monetizzazione di tale pregiudizio indipendentemente dalla prova della concreta esistenza del danno effettivamente sofferto, restando, d’altra parte, inteso che la clausola costituisce solo una liquidazione anticipata del danno destinata a rimanere assorbita, nel caso di prova di ulteriori e maggiori danni, nella liquidazione complessiva di questi.
Accordo di separazione degli interessi patrimoniali dei soci ed eccessiva onerosità della penale
Ai fini dell’apprezzamento dell’eccessività dell’importo fissato con clausola penale inserita in un accordo di separazione di interessi patrimoniali di due soci, occorre valutare l’interesse del creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità del danno subito.
In tema di clausola penale, il debitore è tenuto a corrispondere, a decorrere dal momento della domanda, anche gli interessi legali sull’importo convenzionalmente pattuito fra le parti, trattandosi di somma dovuta a titolo di risarcimento del danno per inadempimento contrattuale.
Sui contratti preliminare e definitivo di cessione di partecipazioni societarie
Non equivale a rinuncia di una clausola penale inserita in un contratto preliminare di compravendita di quote di s.r.l. la sua mancata riproduzione nel successivo contratto definitivo che riproduce esclusivamente le clausole strettamente afferenti all’oggetto della compravendita laddove si desuma che le parti abbiano inteso dettare la completa disciplina negoziale dei loro rapporti nel contratto preliminare, assegnando invece al contratto definitivo il ruolo di strumento negoziale per formalizzare la compravendita ai sensi dell’art. 2470 c.c. al fine di renderla opponibile alla società.
Legittimazione della società incorporante ad agire nei confronti dei promittenti venditori della società incorporata in forza del contratto preliminare di cessione di quote di s.r.l. da quest’ultima sottoscritto
Nell’ambito di un contratto preliminare di cessione di quote di s.r.l. da eseguirsi mediante preventiva scissione parziale della società obiettivo (target) e successiva fusione ex art. 2501 bis c.c. della s.r.l. promissaria acquirente di nuova costituzione (newco) in target, spetta ex art. 2504 bis c.c. all’incorporante target la legittimazione attiva sostanziale e processuale ad agire nei confronti dei promittenti venditori per ottenere la rifusione dei costi professionali relativi alle operazioni di scissione e fusione previste dalla struttura dell’operazione di cessione delle partecipazioni e la condanna al risarcimento dei danni in applicazione delle garanzie previste nel contratto preliminare (l’incorporante target non è invece legittimata attiva ex art. 81 c.p.c. alla domanda di condanna dei promittenti venditori convenuti al pagamento della penale a favore dei promissari acquirenti diversi dalla società incorporante – nel caso di specie, i nuovi soci amministratori dell’incorporante e attrice target).
Effetti dell’interdittiva antimafia sui procedimenti in corso
Il provvedimento amministrativo con il quale si applica l’interdittiva antimafia è reso nell’ottica di bilanciamento tra la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica e la libertà di iniziativa economica riconosciuta ex art. 41 Cost. L’interdittiva antimafia ha come effetto quello di determinare un’incapacità giuridica parziale, in quanto limitata ai rapporti giuridici con la Pubblica Amministrazione, e comunque temporanea, potendo venir meno in ragione di un successivo provvedimento dell’autorità amministrativa competente. L’interdittiva antimafia preclude al soggetto colpito di avere con la pubblica amministrazione rapporti riconducibili a quanto disposto dall’art. 67 d.lgs. n. 159/2011 (e cioè “contributi, finanziamenti e mutui agevolati ed altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità Europee, per lo svolgimento di attività imprenditoriali”) così come impedisce al soggetto “interdetto” di ricevere poste risarcitorie sebbene originate da sentenze passate in giudicato. L’adozione di un provvedimento di interdittiva antimafia non genera in alcun modo l’estinzione del soggetto giuridico, né può far venir meno la legittimazione processuale attiva; non determina, pertanto, l’interruzione del giudizio.
Se la clausola penale svolge prima di tutto una funzione di risarcimento forfettario di un danno presunto, allora è intesa a rafforzare il vincolo contrattuale e a stabilire preventivamente la prestazione cui è tenuto uno dei contraenti qualora si renda inadempiente, così limitando il risarcimento a tale prestazione, indipendentemente dalla prova dell’esistenza e dell’entità del pregiudizio subito (come espressamente statuito ex art. 1382, co. 2, c.c.), salvo che sia convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. Non è revocabile in dubbio che la clausola penale si atteggia a patto accessorio al contratto costitutivo delle obbligazioni e che l’oggetto della penale possa consistere tanto in una somma di danaro quanto in altra prestazione determinata in base all’autonomia negoziale delle parti, non potendo invece consistere nel trasferimento della titolarità di un determinato bene, ricorrendo in tal caso un patto commissorio affetto da nullità ex art. 2744 c.c. La clausola penale non rientra tra le clausole vessatorie e pertanto non va in nessun caso approvata specificatamente per iscritto.
La violazione del patto di non concorrenza
Costituiscono violazione del patto di non concorrenza: i) la partecipazione, anche in forma riservata, alla gestione dell’impresa concorrente; ii) l’utilizzazione del database dei clienti; iii) l’assunzione di numerosi dipendenti dell’impresa concorrente. Tutte queste attività sono rilevanti nel caso di attività svolta nello stesso campo dell’impresa concorrente.
La funzione della penale per la violazione del patto di non concorrenza è quella di indicare preventivamente l’ammontare presumibile del danno. Perciò può essere riqualificata dal giudice in base al danno effettivamente subìto per la violazione del patto, in modo da evitare un indebito arricchimento del creditore.
Violazione dell’obbligo contrattuale di non concorrenza
Laddove il contratto sia sottoscritto tra due società non è applicabile la disposizione dell’art. 2125 c.c. dettato per il rapporto di lavoro subordinato.
Risoluzione per inadempimento di un contratto preliminare di cessione di quote e riduzione della penale secondo equità
Risulta del tutto irrilevante che un socio, che abbia perso la titolarità di una partecipazione in una società, non possa più assolvere all’impegno traslativo delle proprie quote, assunto mediante antecedente contratto preliminare, qualora il promittente alienante abbia precedentemente inviato formale diffida ad adempiere (rimasta senza esito), risultando per l’effetto preclusa al promissario acquirente la successiva domanda di adempimento (ex art. 1453 co. 2° e 3° c.c.). È dunque alla data della domanda giudiziaria che va valutata la sussistenza dell’inadempimento dedotto, e sarà facoltà del Tribunale rilevare una causa estintiva delle obbligazioni dedotte in causa, ove ciò emerga inequivocabilmente dagli atti e costituisca passaggio ineludibile per verificare i presupposti della fondatezza delle domande ed eccezioni di parte.
La lettera dell’art. 1384 c.c. comporta, oltre alla valutazione di eventuali esecuzioni parziali della prestazione, la valutazione dell’interesse che il creditore aveva all’adempimento. Pertanto, se il primario interesse del socio cedente è quello di liberarsi della sua partecipazione nella società, la mancata percezione del controvalore a tale partecipazione, lo terrebbe vincolato al contratto sociale contro la sua volontà, e per tali motivi, non deve ritenersi integrata la manifesta eccessività richiesta dalla norma, che giustificherebbe una diminuzione secondo equità dell’ammontare della penale.